Maxiprocesso Nebrodi: 65 condanne, 18 assoluzioni e l'ombra della prescrizione
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È giunta l’a tanto l’attesa sentenza d’appello nel maxiprocesso Nebrodi, incentrato sulla mafia dei pascoli, che ha visto protagonisti i clan tortoriciani Batanesi e Bontempo Scavo.

Maxiprocesso Nebrodi: 65 condanne, 18 assoluzioni e l’ombra della prescrizione. Per anni, queste organizzazioni criminali hanno orchestrato una serie di truffe ai danni dell’Unione Europea e dell’Agea, sottraendo milioni di euro di fondi agricoli.

I giudici della sezione penale di secondo grado, presieduti da Francesco Tripodi, si erano ritirati in camera di consiglio intorno alle 9.30 del mattino. Il verdetto è stato chiaro: 65 condanne, una sola conferma integrale della prima sentenza per Gino Calcò Labruzzo, e una riduzione di pena per 64 imputati, molte delle quali consistenti. Si registrano, inoltre, 18 assoluzioni totali e 6 casi di prescrizione. Per 6 imputati è stato respinto l’appello del pubblico ministero, confermando così le assoluzioni in primo grado.

L’inchiesta sulla Mafia dei Pascoli in Abruzzo

Uno degli elementi centrali della sentenza è stato l’impatto della prescrizione, che ha ridotto molte delle condanne, soprattutto per i reati commessi prima del novembre 2014. Questo ha fatto sì che parte delle imputazioni sia stata annullata.

Mafiosità del gruppo Faranda-Crascì respinta

Come già stabilito in primo grado, i giudici d’appello non hanno riconosciuto la mafiosità del gruppo Faranda-Crascì, che la DDA riteneva affiliato ai Bontempo Scavo. Questo punto rappresentava uno dei cardini del ricorso del pubblico ministero, ma la Corte ha confermato l’esistenza solo di un’associazione a delinquere semplice. Invece, per i Batanesi, è stata riconfermata la natura mafiosa della loro organizzazione.

Le condanne più rilevanti

La pena più pesante è stata inflitta a Sebastiano Bontempo, con 20 anni e 6 mesi. Salvatore Aurelio Faranda, inizialmente condannato a 30 anni in primo grado, ha visto la sua pena ridotta a 20 anni. Anche l’ex sindaco di Tortorici, Emanuele Galati Sardo, ha beneficiato di una riduzione della pena, da 6 anni e 2 mesi a 3 anni e un mese, grazie alla prescrizione di alcune accuse.

Le richieste della pubblica accusa

Ad aprile, durante la requisitoria finale, il sostituto procuratore generale Giuseppe Lombardo, insieme ai colleghi della DDA Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti, aveva chiesto 88 condanne. Tuttavia, i giudici hanno accolto solo in parte queste richieste, emettendo un verdetto più mite.

Risarcimenti alle parti civili

I giudici hanno riconosciuto il risarcimento delle parti civili, tra cui la Regione Siciliana, il Parco dei Nebrodi e il Comune di Tortorici. Tuttavia, il risarcimento sarà limitato ai soli imputati condannati per i reati associativi.

Il maxiprocesso in primo grado

La sentenza di primo grado, pronunciata il 31 ottobre 2022, aveva condannato 91 imputati su 101, con pene complessive che superavano i 600 anni di carcere. Fu una sentenza storica che confermò gran parte dell’impianto accusatorio presentato dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e dalla DDA di Messina.

L’operazione antimafia e il Protocollo Antoci

L’inchiesta che ha portato al maxiprocesso Nebrodi culminò nel gennaio 2020 con una serie di arresti e sequestri di aziende agricole. Le indagini, condotte dai Carabinieri del Ros e dalla Guardia di Finanza, hanno rivelato un sofisticato sistema di truffe agricole che ha permesso di ottenere oltre 10 milioni di euro in fondi pubblici. Fondamentale per l’operazione è stato il Protocollo Antoci, diventato poi legge, che ha rappresentato un baluardo contro le frodi nel settore agricolo.

Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi, ha commentato con soddisfazione la sentenza, sottolineando l’importanza delle misure antimafia adottate e la necessità di proseguire su questa strada per garantire giustizia e trasparenza nel settore.

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