Dopo Alviero Martini e Armani Operations, anche Manufactures Dior è finita sotto amministrazione giudiziaria per decisione del Tribunale di Milano, su richiesta della procura.
Manufactures Dior sotto amministrazione giudiziaria: nuovo scandalo nel mondo della moda. La vicenda segue un copione simile agli altri casi: sfruttamento lavorativo e mancata adozione di misure adeguate per verificare le condizioni lavorative nelle aziende appaltatrici. Il pubblico ministero Paolo Storari ha coordinato l’inchiesta e richiesto l’applicazione della misura cautelare. L’accusa sostiene che non siano state prese sufficienti precauzioni per impedire il caporalato. E tra le ipotesi di reato figurano anche frode fiscale con fatture false e abusi edilizi.
Le accuse
Secondo i pm, c’è una catena produttiva in cui il vero business consiste nella riduzione dei costi di produzione rispetto a quelli che si avrebbero applicando correttamente la normativa contrattuale collettiva e in materia di sicurezza sul lavoro. Questo margine di profitto si crea attraverso l’uso di manodopera irregolare e clandestina, mancata formazione sui rischi lavorativi, omesse visite mediche, macchinari non a norma e ambienti abitativi abusivi per avere forza lavoro disponibile 24 ore su 24.
Gli accertamenti
Manufactures Dior, una srl del gruppo Christian Dior con sede a Milano, si occupa della fabbricazione di articoli di pelletteria e borse di lusso. Oltre agli hub produttivi di Scandicci (Firenze) e Fosso (Venezia), si avvale di terzisti, principalmente opifici cinesi che riducono i costi utilizzando manodopera irregolare. Negli ultimi tre mesi, i carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro di Milano hanno identificato quattro opifici nelle province di Milano, Monza e Brianza con 32 lavoratori irregolari, di cui sette in nero e due clandestini.
Le condizioni di lavoro
Le condizioni di lavoro in questi opifici sono state descritte come sfruttamento, con salari sotto la soglia minima, orari di lavoro non conformi e ambienti di lavoro insalubri, oltre a gravi violazioni in materia di sicurezza. In una società appaltatrice di Opera, la Pelletteria Elisabetta Yang, sono stati trovati 23 lavoratori, alcuni irregolari, che vivevano in camere da letto ricavate sopra i laboratori produttivi. È stata riscontrata la rimozione dei dispositivi di sicurezza sui macchinari per aumentare la capacità produttiva a discapito della sicurezza dei lavoratori.
Le reazioni e le dichiarazioni
Le borse Dior venivano prodotte a costi compresi tra 35 e 70 euro, per poi essere rivendute nelle boutique a oltre 2000 euro. Gli operai, in caso di controlli, erano preparati a dichiarare di non lavorare in azienda, fornendo spiegazioni inverosimili per la loro presenza nei locali. Le dichiarazioni degli operai, principalmente cinesi o asiatici, non risultavano plausibili e spesso erano in contrasto con quelle di altri dipendenti.
Le operazioni fiscali
Le verifiche presso la New Leather Italy, dove lavoravano operai della AZ Operations sotto contratto della Davide Albertario srl, hanno rivelato che AZ Operations era solo un “bacino di lavoratori”, con i costi del lavoro trasferiti alla società committente per abbattere i costi. Le fatture emesse erano per operazioni inesistenti, simulando una produzione che in realtà non svolgevano.
Le conclusioni dei pm
Secondo i pm, Manufactures Dior effettuava controlli “più formali che sostanziali” e la sua condotta agevolatoria era strutturale alla massimizzazione dei profitti. Anche a costo di instaurare rapporti stabili con soggetti dediti allo sfruttamento dei lavoratori. L’amministratore giudiziario nominato dal tribunale dovrà presentare entro un mese una relazione sui rapporti con le società fornitrici e analizzare le iniziative intraprese da Dior riguardo alla composizione degli organi amministrativi e di vigilanza interna, nonché alla politica contrattuale verso i fornitori.