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Magistrati e giornalisti, si sa da tempo ormai, sono le due fortissime caste che hanno resisistito all’ondata d’indignazione che, più o meno, ha toccato, nel corso degli anni, tutte le altre super caste politiche ed economiche.

di Antonio Del Furbo

 

Sono i giudici e i giornalisti, senza ombra di dubbio, quelli che tengono in mano le fila di questa italietta, ormai ridotta a Stato “semi venezuelano”. Una piccola Italia che si preoccupa solo di distruggere quel poco che è rimasto di buono (anche in politica c’è qualcosa di buono, eh!) perché “l’ordine”, probabilmente partito qualche decennio fa, è quello del “Divide et impera”.

Abbiamo avuto, e abbiamo ancora oggi, chi ci dice quali sono i problemi suddividendoli in priorità (divide); c’è chi, fintamente, risolve i problemi (impera); c’è chi, in ultima analisi, ricombina “l’output” ottenuto al fine di avere tutto per lui un utile risultato finale. Ed ecco, quindi, servito il piatto ben caldo dell’odio, della menzogna, che passa attraverso tv e giornali, portavoci d’interessi e di poteri forti. Non passa giorno che non vengano fatte tintinnare manette (leggi il Fatto, ascolta Davigo) e che non venga umiliato il giornalismo e la persona umana (rileggi il Fatto, riascolta Davigo).

Perché? Perché al popolino bisogna dare, come ai tempi di Barabba, qualcuno da “uccidere”. E, stranamente, questo qualcuno è sempre un politico, una banca, ma mai un giudice o un giornalista. Chissà perché. E chissà perché gli stessi giudici e gli stessi giornalisti dimenticano (diciamo così) di dirci, in piena polemica bancaria, che fine ha fatto il “poco famoso” dossier “BpVi leaks”, ovvero l’inchiesta che ha fatto emergere tutti quei documenti fuoriusciti da Banca Popolare di Vicenza in cui i servizi segreti italiani avevano domiciliati alcuni dei propri conti correnti.

I documenti riguardano operazioni bancarie condotte fra il 2009 e il 2015 per un totale di 1600 movimenti, per un controvalore di 642 milioniMovimentazioni che per la maggior parte riguardano alti dirigenti di Aisi e Aise (i servizi segreti, rispettivamente, interni ed esterni), importanti funzionari del ministero degli Interni e uomini della Polizia di Stato. Nomi che, tra l’altro, fanno riferimento a funzionari della Protezione Civile, dei Vigili del Fuoco e della magistratura. Non solo. Tra gli “stipendiati” dei Servizi segreti anche autori e registi  di programmi di infotainment di tv nazionali private, conduttori di trasmissioni di successo sulla radio pubblica, e perfino fumettisti “vicini al mondo dei centri sociali. Collaborazioni che hanno dato vita a movimentazioni bancarie con beneficiari che rispetto agli 007 nostrani dovrebbero essere molto distanti. 

I movimenti

Il Sole24Ore ha ricostruito quasi 1.600 operazioni bancarie, per un controvalore di oltre 642 milioni, effettuate tra il 17 giugno 2009 (governo Berlusconi) e il 25 gennaio 2013 (governo Monti). Di queste transazioni, 425, per 43 milioni, sono riferibili all’Aisi, l’Agenzia informazioni e sicurezza interna; altre 20, per 6 milioni, all’Aise, l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna. Date, identificativi, numeri di conto e causali permettono di ricostruire noleggi di auto e moto, saldi di fatture a fornitori, versamenti a società e persone, quietanze di affitti, in molti casi effettuati tramite home-banking. E ovviamente di risalire ai nomi dei beneficiari: contabili del ministero dell’Interno, personale della Protezione civile e del Dipartimento Vigili del fuoco, funzionari del Csm, avvocati, medici, perfino autori e registi di programmi tv, conduttori radiofonici, fumettisti vicini ai centri sociali. Ma soprattutto, scrive il Sole, “i vertici dell’intelligence italiana, dotati di poteri di firma sui conti, e alti funzionari territoriali dei Servizi e delle forze dell’ordine: ufficiali dei carabinieri con ruoli in sedi estere, ispettori della polizia coinvolti nel processo Dell’Utri del 2001, dirigenti dell’ex centro Sisde di Palermo già noti alle cronache per vicende seguite all’arresto di Totò Riina. C’è pure un anziano parente del “capo dei capi” di Cosa Nostra (o qualcuno con lo stesso nome)”.

Come, quando e, soprattutto, chi?
 

Il centro nevralgico di questo delicato scambio di dati che coinvolge Palazzo Chigi è la padovana Sec Servizi, società consortile partecipata da Popolare Vicenza (col 47,9%) e Veneto Banca (26%) prima dell’intervento di Atlante e della cessione a Intesa Sanpaolo, che prestava i suoi servizi informatici a 35 banche diverse, 1.500 filiali, 15 mila computer e 6,7 milioni di clienti, utilizzando 2.300 server in grado di gestire 53 milioni di transazioni al giorno. 

Le perquisizioni ai danni di chi denuncia i fatti

Nicola Borzi, giornalista che per primo ha denunciato i fatti, ovviamente ha subito una perquisizione semplicemente per aver svelato alcuni collegamenti esplosivi tra il mondo dei servizi segreti e il gruppo Banca Popolare di Vicenza-Banca Nuova.  

Borzi, sulla sua bacheca Facebook, ha denunciato quattro fatti gravissimi:

  1. il sequestro abnorme e spropositato del suo intero archivio elettronico, con dentro quindici anni di lavoro, senza che sia neppure indagato;
  2. il blocco temporaneo della sua carta di credito.
  3. il filtro da parte di qualche soggetto dei suoi post su Facebook;
  4. il fatto che ignoti abbiano visitato la sua abitazione all’oscuro di chi ci vive.

La magistratura romana sta indagando non si sa chi per rivelazione di documentazione coperta dal segreto di Stato. 

Insomma, una magistratura senza vergogna che al posto di spiegarci perché David Rossi è volato dalla finestra del suo ufficio o perché il capo della vigilanza di Bankitalia tifava per Zonin nonostante la ventennale gestione fallimentare della Popolare, preferisce intimidire qualche giornalista onesto.

Vabbè, ma noi attendiamo ancora che qualche giudice ci spieghi il mistero del Dc9-Itavia, della Strage di Bologna e di chi ha ucciso Aldo Moro.

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