Al netto della polemica politica e delle dichiarazioni più o meno convincenti della parti in causa, ci sarebbe da capire cosa sta accadendo sotto il Gran Sasso.
di Antonio Del Furbo
Certo è che se le risposte le attendiamo dal governo regionale o, peggio ancora, da quello nazionale credo che le risposte mai arriveranno. Ci sono le dure proteste delle amministrazioni locali, delle associazioni di categoria e delle imprese. È stato fatto un consiglio regionale straordinario con un nulla di fatto e domani (giovedì) il problema verrà affrontato dall’assemblea comunale dell’Aquila. Insomma, tutti contro contro la decisione di Strada dei Parchi di chiudere al traffico, a partire dal 19 maggio, entrambe le gallerie del traforo del Gran Sasso (Teramo-Roma).
La questione, rimasta sul tavolo del ministero dei Trasporti per qualche ora, pare aver visto la risoluzione. Il sottosegretario del M5s Gianluca Vacca aveva parlato di “procurata interruzione di pubblico servizio” che avrebbe significato “un inadempimento grave” da parte della società concessionaria delle autostrada A24 e A25. Decisione, dunque, che avrebbe portato alla “revoca immediata della concessione”. Ma, dopo un “primo, costruttivo tavolo con il concessionario della A24-A25 Strada dei Parchi” ha spiegato il Ministero c’è stata la “consapevolezza della complessità della questione” che ha coinvolto “tutti i soggetti interessati e tutti i livelli istituzionali, in modo da raggiungere sia l’obiettivo di breve termine, ossia il mantenimento in esercizio delle gallerie autostradali, sia quello di lungo termine, quindi la messa in sicurezza definita degli acquedotti”.
E, infatti, l’obiettivo è stato raggiunto. “L’adozione congiunta e coordinata di una serie di azioni inter-istituzionali” dimostra “che il Traforo non necessita di essere chiuso e che la tutela della salute dei cittadini e della salubrità dell’acquifero del Gran Sasso è comunque garantita, nel breve e nel lungo termine, senza compromettere la circolazione delle persone e delle merci” spiega ancora il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti evidenziando che gli obiettivi raggiunti.
All’incontro al Mit hanno preso parte i rappresentanti del Dipartimento della Protezione civile, del Ministero dell’Ambiente, del Ministero dell’Istruzione, del Provveditorato alle Opere pubbliche di Lazio, Abruzzo e Sardegna, il presidente e il vicepresidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio ed Emanuele Imprudente, nonché esponenti delle due società degli acquedotti coinvolte nella vicenda, di Ispra, Arera, Iss, Ersi Abruzzo, Infn e dell’Autorità Distretto Appennino Centrale.
“Nell’immediato – si legge nella nota del Mit – l’azione di risposta si articolerà su tre direttrici, in attesa che il Commissario straordinario, previsto da un emendamento governativo allo Sblocca cantieri, possa prendere in mano la situazione, con le dovute risorse e prerogative, per la definitiva messa in sicurezza del sistema idrico: un protocollo rafforzato di monitoraggio ambientale e della risorsa idrica facente capo al Ministero dell’Ambiente, una pianificazione dell’emergenza demandata alla Protezione civile di concerto con la Regione e un piano di limitazione della circolazione sulla tratta autostradale, operato dal concessionario Strada dei Parchi di concerto col concedente, ossia il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti”.
Per la Strada dei Parchi (Sdp), società di gestione dell’autostrada A24 Roma-L’Aquila-Teramo, si è parlato di chiusura per via di un’inchiesta giudiziaria sull’inquinamento delle falde acquifere che la vede coinvolta assieme all’Istituto nazionale di fisica nucleare e al gestore della rete idrica locale (Ruzzo Reti). Il processo si aprirà il 13 settembre e Sdp chiuderebbe per evitare la reiterazione del reato. A Sdp è stata contestata la presenza di toluene, sostanza finita nelle falde a seguito di lavori di manutenzione del 2017. Secondo i pm, in cantiere si sarebbero dovute prendere precauzioni per evitare la contaminazione.
Per l’associazione ambientalista Forum H2O, si tratterebbe di un problema di ridotte dimensioni se paragonato alle 2.300 tonnellate di sostanze chimiche pericolose prodotte dal laboratorio di fisica nucleare. L’Infn precisa che nel laboratorio non si producono sostanze pericolose, ma ci sono “apparati per ricerche nell’ambito della fisica astroparticellare, cioè delle particelle che arrivano dallo spazio: si tratta di osservatori dedicati a captare fenomeni naturali molto rari. Non viene, dunque, prodotta alcuna sostanza pericolosa, ma alcuni di questi osservatori utilizzano idrocarburi come componente essenziale, totalmente isolata dall’ambiente circostante”.
È chiaro, dunque, che oltre al rischio di una condanna per il toluene, Sdp potrebbe essere condannata a pagare di tasca propria interventi in grado di garantire la sicurezza delle falde.
Il punto centrale, però, non pare essere collegato al processo e ai costi per le falde. Sdp sta subendo un attacco mediatico da mesi per via della sicurezza in caso di terremoto che renderà necessario rivedere in profondità buona parte della rete Sdp. Per farlo ci sarebbero a disposizione molti soldi pubblici. Tanti. E il progetto presentato in passato da Toto (ma bocciato) costava 7 miliardi a fronte dei 3 miliardi per il solo adeguamento del percorso esistente.
Potrebbe essere che Toto stia alzando la posta in gioco mettendo in difficoltà il ministero di Toninelli?
Sicuramente. Da un lato il ministero è convinto che per fare i lavori le coperture ci sono, dall’altro Sdp dichiara esattamente il contrario. Intanto 250 milioni di soldi pubblici sono già stati messi a disposizione per i primi lavori indispensabili: risistemazione dei giunti tra un impalcato e l’altro dei viadotti. I lavori che andrebbero fatti sono quelli legati al rischio statico che, con l’eventuale ammaloramento dei ferri arrugginiti non più coperti dal calcestruzzo, avrebbe potuto ossidare e distaccare il calcestruzzo.
In sostanza, dietro la vicenda del Gran Sasso c’è una partita che vale miliardi.
Come rileva il Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua “la società invece di annunciare la chiusura totalmente immotivata del traforo, dovrebbe dare qualche spiegazione in più sulle motivazioni dell’annunciata chiusura di Tornimparte e di Bussi che, a settembre 2018, epoca di nostri sopralluoghi ed esposti, erano in condizioni incredibili di degrado”. Il Forum, tra l’altro, evidenzia che dai documenti si evince il fatto “che nessuno ha chiesto soldi a Strada dei Parchi per gli interventi strutturali; le accuse riguardano deficit di precauzioni in un fatto specifico di manutenzione: se prese, nessuna reiterazione del reato; i rischi maggiori derivano dalla presenza di 2.300 tonnellate di sostanze chimiche pericolose in due esperimenti nei Laboratori, materiali che vanno allontanati”. “Quanto agli investimenti infrastrutturali per la sicurezza”, sottolinea l’associazione “nessuno ha chiesto i 172 milioni necessari a Strada dei Parchi. Basta leggere la Delibera di Giunta regionale 33/2019 per evidenziare che i fondi sono stati chiesti ai ministeri”. La Procura di Teramo, prosegue “ha sequestrato la rete acquedottistica sotto i Laboratori, ma non quella sotto l’autostrada. In caso di pericolo di reiterazione del reato avrebbe dovuto prendere misure cautelari nei confronti di cose o persone attinenti i tunnel, cosa che non ha neanche richiesto. Infine, la Procura ha inviato a tutti gli enti le carte sulle criticità emerse dal punto di vista strutturale (dalla mancata impermeabilizzazione delle sale dei laboratori e delle condotte idriche nei tunnel allo stoccaggio irregolare delle sostanze) affinché si metta in sicurezza il sistema. Su quest’ultimo punto servono risposte concrete e non certo prove di forza autoreferenziali”.
Dunque, perché Toto ha minaccia chiusura dell’autostrada?