Come abbiamo riportato i combattimenti proseguono nel Donbass, in Ucraina orientale. La finalità dei ribelli è l’indipendenza e l’unione con la “madrepatria” russa.
In Ucraina il 17,3% della popolazione appartiene al gruppo etnico russo e il 24% parla il russo come prima lingua. La popolazione russofona si trova per la maggior parte nell’Est del paese, al confine con la Russia. In particolare in Crimea e nelle regioni di Donetsk e Luhansk il 74% degli abitanti parla russo.
Il referendum
I risultati dei referendum per l’indipendenza in queste regioni, tenutisi lo scorso Maggio, avrebbero avuto per gli organizzatori percentuali altissime di affluenza e di consensi per l’opzione di annessione alla Russia. I veri risultati del referendum crimeano sono quelli pubblicati per errore sul sito del Consiglio per i Diritti Umani del Presidente della Federazione Russa. Al voto si è recato il 30% degli aventi diritto, di cui solo la metà ha votato a favore dell’unione con Mosca. È probabile che percentuali ancora più sfavorevoli alla ribellione si siano registrate nelle regioni di Donetsk e Luhansk.
I primi ad abbandonare le aree sono stati i cittadini che si erano spesi per la diffusione della lingua e della cultura ucraina sul territorio. Una volontaria italiana impegnata a Donetsk, racconta che nel mese di maggio c’era una tensione tale da avere timore di camminare per le strade. Oggi gli attivisti pro Kiev rimasti a Donetsk potrebbero contarsi sulle dita di una mano.
Con l’intensificarsi del conflitto le famiglie più benestanti hanno abbandonato la città.
Col contrattacco ucraino di giugno, seguito all’elezione di Poroshenko, anche le persone con meno disponibilità economiche hanno cominciato a lasciare la città. Durante i bombardamenti di Agosto la popolazione si è ridotta al di sotto del 50%. A Donetsk, una città che contava più di un milione di abitanti, restano i ribelli e chi gli fornisce un supporto attivo, le famiglie senza possibilità di fuga per difficoltà economiche (20%) e i cittadini che restano per senso civico come dottori, autisti di bus, commessi .
I combattenti della DNR, la Repubblica popolare di Donetsk, vanno dai 15 agli oltre 70 anni.
Andrej, il più giovane soldato della Repubblica, racconta a The Zeppelin com’è finito nel battaglione Vostok:
“Quando è iniziata la guerra, mio padre ha deciso di unirsi al battaglione Vostok e gli ho subito detto che sarei andato con lui. Mia mamma era contraria, ma è lui che comanda in casa. Il giorno stesso dell’ultimo esame, uscito da scuola sono venuto in caserma”. “Qui ci sono altri ragazzi di sedici e diciassette anni, persone anziane e molte donne: noi ragazzi veniamo mandati in prima linea, forniamo assistenza e servizi nelle retrovie. Gli anziani ad esempio fanno da guardia ai campi profughi o gli autisti, perché dove ci sono loro è meno probabile uno scontro a fuoco. Le donne qualche volta combattono, ma più spesso stanno in caserma come infermiere e cuoche”.
Anatoly, un ragazzo ventitreenne che lavora come commesso notturno in un alimentari del centro, si è appena arruolato coi ribelli.
“Parlo russo ma mi sento ucraino. A 19 anni sono entrato in Marina, era un lavoro che mi faceva sentire orgoglioso. Passavo lunghi mesi nel Mar d’Azov, dove c’è la flotta, ma ogni volta che ottenevo un permesso tornavo a Donetsk perché qui c’era la donna che amo, Katia. Quando è iniziata la guerra io sono tornato a Donetsk per proteggere la mia famiglia, ma lei è dovuta fuggire con nostro figlio Denis e adesso è a 80 kilometri da qui. Pochi giorni fa mi ha chiesto di raggiungerli, perché ha finito i soldi e non sa di che vivere: Denis ha solo un anno. Vorrei farlo, ma come posso essere così egoista nei confronti della mia città e di tutti i miei concittadini?”
Le storie sono quelle di normali cittadini unitisi alla ribellione contro il regime di Kiev.
Ma nel conflitto ci sono anche persone con esperienza. Ad esempio, si è discusso molto in merito alla presenza di stranieri tra le file dei ribelli. Ad esempio il comandante dell’unità Yuk, il gruppo proveniente dall’Ossezia del Sud, si chiama Zaur e gestiva una piccola azienda di parquet. Prima di venire nel Donbass aveva già partecipato al conflitto del 2008 nella sua regione.
Con lo stringersi dell’assedio il corpo a corpo diventa inevitabile e in questo frangente diventa ancora più importante il ruolo dei medici in prima linea. Uno di essi si chiama Lys e di professione è un medico di prima linea, ha 30 anni e fa anche il DJ:
“Prima di venire in Donbass avevo servito in Somalia e nel Caucaso, poi è scoppiata la guerra qui e sono tornato subito. Sapevo di doverci essere, ma avevo bisogno anche di decidere da quale parte del conflitto prestare soccorso. Ci stavo ancora riflettendo, quando dei miei amici ribelli mi hanno detto che i medici vengono regolarmente presi di mira dall’esercito ucraino. Gli sparano, a volte li uccidono. Allora ho capito da che parte stare: il mio aiuto è prezioso per i ribelli perché ho il vantaggio di non sembrare un medico, per questo riesco a passare inosservato quando mi muovo al fronte”.
La struttura gerarchica
Aleksander Hodakovskiy, precedentemente comandante ufficiale dei servizi segreti ucraini, attualmente comandante in capo del Battaglione Vostok nonché Ministro della Sicurezza della Repubblica Popolare di Donetsk:
“Ho dovuto imparare un nuovo lavoro: essere nei servizi segreti in tempo di pace è ben diverso dal fare il comandante militare in tempo di guerra. Prima coordinavo operazioni anti-terroristiche, occupandomi in particolar modo delle trattative per la liberazione degli ostaggi, oggi invece mi occupo di operazioni militari terra, tattica e strategia. Tuttavia quando nella vita sei stato capace di specializzarti in una data funzione e non hai perso la capacità di apprendere, allora la tua intelligenza è in grado di occuparsi allo stesso livello di qualcosa di differente”.