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Il potente d’Abruzzo, l’ultimo democristiano rimasto dopo Rotondi, ha organizzato la fuga a Roma da un bel po’, diciamo dai tempi in cui sfrecciava a mille all’ora sull’autostrada dell’amico Toto.

di Antonio Del Furbo

Lucianone da Lettomanoppello, gasato dal fatto di diventare sicuramente senatore, ha accresciuto così tanto il suo ego al punto da arrivare agli eventi che presenzia un’ora dopo, appunto, il suo ego. C’è da dire, inoltre, che il presidente della Regione Abruzzo si sente forte del fatto che (udite, udite) diventerà persino ministro.

Ma de che? Al momento le sfere di cristallo delle fattucchiere interpellate dal suo “team” non sono in grado di andare oltre.

Il punto centrale della questione, comunque, è che il “Dio calato in terra per salvare noi peccatori”, pur promettendo di “portare l’Abruzzo in Parlamento”, non si capisce se con il Luciacamion o con l’Ape cross, con le istanze del territorio non ha un buon rapporto.

Come fa a portare l’intera regione a Roma se quando i cittadini lo chiamano lui scappa? O si polverizza? O, grazie ai suoi super poteri, si trasforma in un raggio missile con il circuito di mille valvole? Mistero.

L’ultimo caso accaduto in cui big da Lettomanoppello ha dato il meglio (o il peggio) è stato quello in cui i familiari delle vittime di Rigopiano lo hanno atteso, invano, ad Atri nella chiesa sconsacrata di Sant’Agostino. Lucianone bello (già ministro) doveva partecipare per cantare la sua solita messa ai suoi soliti fedeli creduloni del mistero di Dio. Peccato che ad aspettarlo nella chiesa c’erano anche i chierichetti o, come direbbe lui, i ministranti che avrebbero voluto celebrare la messa insieme a lui.

Luciano D’Alfonso, però, non si è presentato all’evento. Eppure i familiari di quelle povere vittime dell’hotel Rigopiano avrebbero voluto solo qualche risposta alle loro domande. Risposte che dalle istituzioni tardano ad arrivare. Risposte che, probabilmente, era giusto dare visto che “il già ministro” aveva scelto quella chiesa in cui erano stati celebrati i funerali di tre delle 29 vittime di Rigopiano. 

“Si permettono di fare il comizio del Pd dove un anno fa hanno fatto i funerali” ha detto Giampaolo Matrone, uno dei parenti e salvo per miracolo.

“Mi deve guardare negli occhi. A 35 anni quello che è successo non lo accetto: rovinato io, mia figlia, rovinate le famiglie qui attorno. D’Alfonso se ne vuole andare al Senato? Piuttosto ci dia spiegazioni: perché quel 18 gennaio non ci sono venuti a salvare, a tirare fuori; perché ci hanno lasciato morire come topi, io e tutti gli altri.”

Questa sarebbe un’istanza che Lucianone avrebbe dovuto registrare e magari portare a Roma. Ma, a quanto pare, non l’ha presa nemmeno in carico.

Dici, vabbè ma il presidente (già ministro) ha tanti problemi da affrontare che non riesce a seguire tutto. Dici, vabbè allora avrà fatte sue le istanze delle comunità che chiedono di non chiudere gli ospedali? Manco a pensarci.

“Al presidente D’Alfonso così come all’assessore Silvio Paolucci abbiamo chiesto più volte di salvare pronto soccorso, reparti e servizi” tuonano i rappresentanti durante un sit in di protesta davanti alla sede della Regione.

“Abbiamo più volte incontrato i vertici della Regione e della Asl di Pescara per spiegare le nostre posizioni ma non c’è stato confronto o dialogo.”  

 Insomma, un presidente (già ministro) che porterà sicuramente le istanze degli abruzzesi a Roma. 

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