L'ombra di Trump sulla Groenlandia: una nuova corsa all’oro bianco
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Donald Trump sa chi era Erik il Rosso? Forse no, ma di sicuro avrebbe apprezzato la sua strategia di marketing.

L’ombra di Trump sulla Groenlandia: una nuova corsa all’oro bianco. Il leggendario vichingo, nell’anno 1000, decise di chiamare “terra verde” (Grønland) un’isola interamente ricoperta di ghiaccio per renderla più attraente ai coloni. Un bluff? Certamente, ma efficace. E oggi, mille anni dopo, un altro personaggio noto per le sue operazioni commerciali e i colpi di scena, Donald “il biondo” (o meglio, l’arancione), sta puntando proprio a quella terra ricca di risorse.

L’ex presidente USA, già durante il suo primo mandato, manifestò apertamente il desiderio di acquistare la Groenlandia, vedendola non solo come un avamposto strategico per la sicurezza nazionale, ma soprattutto come un’enorme miniera di materie prime preziose: uranio, petrolio, zinco, oro e terre rare, fondamentali per il settore digitale ed energetico. Il problema? La Groenlandia appartiene alla Danimarca, che non ha nessuna intenzione di cederla. Ma Trump, come sempre, ha alzato la posta.

Il Nord che si scioglie: una miniera a cielo aperto

L’Artico sta cambiando volto. Il riscaldamento globale sta sciogliendo i ghiacci e, con essi, sta rendendo accessibili enormi giacimenti di risorse naturali. Fino a pochi anni fa, estrarre minerali e idrocarburi dalla Groenlandia e dal Mar Glaciale Artico era impensabile: ora, con temperature in aumento e nuove tecnologie, le grandi potenze mondiali guardano al Nord come alla prossima frontiera dell’energia e della tecnologia.

Trump lo sa bene, e con lui anche la Cina e la Russia. Pechino, senza clamore, sta già investendo miliardi in progetti infrastrutturali in Groenlandia, cercando di garantirsi l’accesso alle sue ricchezze minerarie. Mosca, dal canto suo, controlla la Northern Sea Route, la nuova rotta commerciale che, grazie allo scioglimento dei ghiacci, potrebbe sostituire il Canale di Suez, riducendo i tempi di trasporto tra Europa e Asia. Gli Stati Uniti, invece, non vogliono restare indietro.

Le mafie nell’Artico: un business da miliardi

Mentre le superpotenze si sfidano per il controllo dell’Artico, anche la criminalità organizzata ha fiutato l’affare. Secondo gli esperti, le mafie internazionali stanno già cercando di infiltrarsi nelle nuove economie polari, sfruttando le debolezze dei governi locali e la crescente domanda di lavoratori nei cantieri estrattivi.

La ‘ndrangheta, che ha già radici profonde in Canada, potrebbe usare il Nord per riciclare denaro e controllare i flussi di materie prime. Le Triadi cinesi gestiscono il traffico di terre rare, mentre i cartelli messicani stanno entrando nel mercato del narcotraffico anche in Alaska e nella British Columbia. Un vero e proprio Far North, con traffici illeciti che seguono (e spesso anticipano) quelli legali.

Il ruolo della Groenlandia nella corsa globale alle terre rare

La Groenlandia custodisce il più grande giacimento di terre rare al mondo, minerali strategici per la produzione di smartphone, batterie per auto elettriche e impianti di energia rinnovabile. Oggi la Cina domina il mercato, controllando oltre il 90% della filiera globale. Gli Stati Uniti vogliono rompere questo monopolio, e la Groenlandia potrebbe essere la chiave per farlo.

Nel 2021, il partito ambientalista Inuit Ataqatigiit ha bloccato i progetti di estrazione nella miniera di Kvanefjeld, impedendo alle aziende cinesi di prendere il controllo delle risorse. Ma Pechino non si arrende: la Shenghe Resources, colosso cinese delle terre rare, possiede già una quota del progetto minerario groenlandese e sta cercando di aggirare i divieti attraverso investimenti indiretti. Trump, invece, ha un approccio più diretto: vuole comprare l’intera isola.

La nuova Guerra Fredda nell’Artico

La lotta per il controllo della Groenlandia e dell’Artico si inserisce in uno scontro geopolitico più ampio tra USA, Cina e Russia. Il Consiglio Artico, che per decenni ha cercato di mantenere la cooperazione internazionale nella regione, è ormai paralizzato dalla guerra in Ucraina e dalle tensioni globali. Gli Stati Uniti rafforzano le loro basi militari in Alaska e in Groenlandia, la Russia sviluppa nuovi porti e infrastrutture lungo la Northern Sea Route, mentre la Cina, con la sua strategia silenziosa, continua a investire nel Nord.

E nel frattempo, la criminalità organizzata osserva e si prepara. L’Artico non è più solo un territorio remoto e inospitale: è la nuova frontiera della geopolitica mondiale, un gigantesco campo di battaglia dove si incrociano interessi economici, ambientali e criminali.

L’Italia e l’Artico: un ruolo da giocare?

L’Italia, membro osservatore del Consiglio Artico, potrebbe avere un ruolo nella partita. Con la sua esperienza nella lotta alle mafie e nella gestione delle crisi geopolitiche, potrebbe contribuire a creare una governance più efficace contro le infiltrazioni criminali e le speculazioni selvagge. Ma per farlo serve una visione strategica, un impegno concreto e la volontà di anticipare le mosse delle grandi potenze.

Mentre Trump sogna di comprare la Groenlandia, la Cina lavora sottotraccia e la Russia militarizza il Polo Nord, una cosa è certa: l’Artico non è più solo ghiaccio e orsi polari. È il nuovo eldorado del XXI secolo, e chi riuscirà a metterci le mani sopra controllerà le risorse chiave del futuro.

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