Piercamillo Davigo, verso la fine del primo lockdown, decise di informare il vice presidente del Consiglio superiore della magistratura David Ermini dell’esistenza della loggia segreta Ungheria.
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Piercamillo Davigo, all’epoca consigliere del Csm, era stato messo a conoscenza del sodalizio paramassonico, finalizzato a pilotare le nomine dei magistrati e dei vertici dello Stato, dal pm milanese Paolo Storari. Quest’ultimo aveva appreso della loggia Ungheria dall’ex avvocato esterno dell’Eni Piero Amara, interrogato in Procura a Milano alla fine del 2019.
Storari aveva l’intenzione di scavare a fondo sulla vicenda procedendo con le iscrizioni nel registro degli indagati o con l’acquisizione dei tabulati telefonici per riscontrare le parole di Amara. L’ex avvocato dell’Eni aveva fatto oltre quaranta nomi fra magistrati, professionisti, avvocati. Il suo capo, Francesco Greco, era stato di diverso avviso. Storari cercò una sponda a Roma con Davigo a cui aveva consegnato i verbali con le dichiarazioni di Amara. Davigo suggerì ad Ermini di avvisare il capo dello Stato. Il colloquio fra i due avvenne nel cortile di Palazzo dei Marescialli. Davigo temeva di essere intercettato e lasciò il proprio cellulare in ufficio. Dopo aver parlato con Davigo, Ermini si recò quindi al Quirinale, scavalcando il consigliere giuridico del presidente della Repubblica, il magistrato Stefano Erbani.
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Ermini, senza testimoni, raccontò a Mattarella ciò che aveva appreso da Davigo sulla loggia Ungheria. Il capo dello Stato ascoltò in silenzio le parole di Ermini, senza fare alcun commento. Il giorno dopo l’incontro con Mattarella, il ricordo di Ermini sul punto è poco preciso, Davigo tornò alla carica con Ermini recandosi personalmente nel suo ufficio. Davigo aveva in mano una cartellina con i verbali delle dichiarazioni di Amara di cui aveva parlato nel cortile del Csm. Prima di uscire dall’ufficio di Ermini, Davigo decise di lasciargli l’incartamento sulla scrivania affinché lo leggesse. Andato via Davigo, Ermini, senza nemmeno aprire l’incarto, decise però di gettare tutto nel cestino dei rifiuti. I verbali con le dichiarazioni di Amara verranno nei mesi successivi fatti recapitare alle redazioni del Fatto Quotidiano e di Repubblica. Una copia arriverà anche al pm antimafia Nino Di Matteo.
L’incontro Davigo-Ermini ed Ermini-Mattarella
L’artefice è stato lo stesso Ermini, sentito dai pm di Brescia nell’ambito del procedimento per rivelazione del segreto d’ufficio aperto nei mesi scorsi a carico di Davigo e Storari. Anche il presidente della Commissione parlamentare Nicola Morra era stato informato da Davigo dell’esistenza del sodalizio paramassonico con modalità simili: telefoni lasciati in ufficio e incontro in luoghi aperti per evitare di essere intercettati da trojan o microspie assortite. Morra era stato ricevuto da Davigo non nel cortile ma sulle scale del Csm. Nei verbali di Amara si faceva riferimento a due componenti del Csm: il pm antimafia Sebastiano Ardita ed il giudice romano Marco Mancinetti.
Quest’ultimo si era poi dimesso per via delle chat con Luca Palamara in cui, fra l’altro, chiedeva lumi per l’iscrizione del figlio alla facoltà di medicina. Il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi ai pm di Brescia, ha dichiarato di aver chiesto al procuratore di Milano di “accelerare” sulle indagini.
Indagato Verdini
Nei vari fascicoli che riguardano la “Loggia” entra un altro nome eccellente: quello di Denis Verdini indagato dalla Procura di Perugia. Violazione della legge Anselmi l’accusa che gli è stata contestata. Verdini sarà sentito nei prossimi giorni dai magistrati del capoluogo umbro. Secondo quanto risulta nell’indagine nata in seguito alle dichiarazioni dell’avvocato Piero Amara ci sarebbero anche altri iscritti nel registro degli indagati. Sempre per la violazione della legge Anselmi. Su quante siano le iscrizioni e chi riguardino la procura di Perugia guidata da Raffaele Cantone mantiene un riserbo assoluto.