L’autunno italiano rischia di essere tragico. L’attuale crisi economica ha tutte le caratteristiche per confermarsi più lunga e profonda di quanto stimato inizialmente. Anche se secondo il ministro dell’Economia e delle finanze Gualtieri ”non si perderanno posti di lavoro” perché ”si tratta di pochi punti di Pil” persi.
Gualtieri, evidentemente, ignora o fa finta di ignorare che l’Italia ha dei problemi gravi. Tra questi il crollo della domanda. E per un Paese che conta molto sull’export, e con l’America che ha contratto la richiesta del 15%, non è poca cosa. È bene ricordare al ministro Gualtieri, che queste queste cifre dovrebbe conoscerle, che il 50% del giro d’affari collegato a uffici e fabbriche rischia di sparire se le persone continueranno a lavorare da remoto. Una svegliata a Gualtieri, e all’ottimista e sempre sorridente premier Conte, ha tentato di darla Confindustria. Le aziende devono decidere se licenziare oggi o chiudere l’impresa domani.
Nella questione s’inserisce, ovviamente senza un’idea valida, il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo che si limita a prorogare il divieto di licenziamento fino al 31 dicembre. Ma per farlo il governo deve garantire una cassa integrazione di durata simile, cosa impossibile per come sono messe ora le casse pubbliche.
Nei prossimi mesi dovrà essere presentata la Finanziaria tenendo presente che ci vorrà un anno per vedere i fondi del Recovery Fund. Gualtieri ha pure fatto capire che il tema della seniority dei bond emessi dal Recovery Fund è identico a quello del Mes.vL’alternativa al Mes è quella di finanziarsi sul mercato.
Intanto i prefetti ogni settimana inviano i loro rapporti alla Lamorgese sul rischio di disordini sociali in caso di perdurare della crisi. Comunque l’Italia potrà avere tutti i fondi che vuole, ma senza dei piani per investirli, non andrà da nessuna parte e continuerà a inventarsi mance e mancette. Ci sono decine e decine di cantieri fermi e opere che darebbero lavoro a decine di migliaia di persone, paralizzate da una folle burocrazia.
L’euforia per il Recovery Fund è aria fritta se non viene investito nell’unica cosa che può far ripartire il paese, cioè il lavoro.