Per l’ottavo anno consecutivo, la Fondazione Finanza Etica e la Rete italiana Pace e Disarmo hanno partecipato come azionisti critici all’assemblea di Leonardo Spa.
Leonardo Spa: l’assemblea a porte chiuse e le domande senza risposte. Anche quest’anno, l’incontro del produttore italiano di armi, controllato al 30,2% dal Ministero del Tesoro, si è svolto a porte chiuse, lasciando agli azionisti la sola possibilità di inviare domande scritte.
Un Fiume di Domande, un Mare di Silenzi
«Abbiamo inviato circa quaranta domande a Leonardo Finmeccanica, in particolare per capire quanto sia rilevante la produzione per l’economia nazionale, anche in termini di occupazione», spiega Simone Siliani, direttore di Fondazione Finanza Etica. Ma le risposte ricevute sono state deludenti. «Leonardo partecipa a un programma francese per la produzione di un missile con testata nucleare, ma afferma di non poter accedere ad alcuna informazione a causa delle rigide normative francesi sulla sicurezza strategica. Insomma, partecipano ma non sanno a cosa, una situazione che potrebbe inquietare più di un cittadino italiano», conclude Siliani con una punta di sarcasmo.
Opacità su tutti i fronti
Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne della Rete italiana Pace e Disarmo, rincara la dose. «Leonardo non ha aumentato per nulla la trasparenza. Continuano a non darci informazioni sulla suddivisione del fatturato e sugli occupati per singolo stabilimento. I dati sull’export militare sono esposti in maniera poco chiara». Un bel guazzabuglio, insomma, ma almeno ci dicono che l’export militare vale “solo” 1,2 miliardi di euro, su 15,3 miliardi di ricavi totali. Una cifra che fa sembrare l’industria delle armi una piccola bottega, nonostante le ambizioni da colosso globale.
Occupazione e dividendi: promesse da marinaio
Il settore militare di Leonardo, che da solo controlla oltre il 70% della produzione e il 75% delle esportazioni italiane, ha visto una trasformazione radicale negli ultimi 15 anni. La componente militare è passata dal 56% all’83%, ma nel frattempo il numero degli occupati in Italia è diminuito del 24%. Un risultato paradossale se si pensa che il governo aveva promesso 10.000 nuovi posti di lavoro grazie alla produzione dei caccia F-35. Invece, mentre Leonardo accumula contratti, i dipendenti diminuiscono.
E i dividendi? Lo Stato italiano, come azionista, incasserà appena 49 milioni di euro per il 2023, mentre gli altri azionisti, quelli che giocano in Borsa, hanno fatto affari d’oro. Chi ha acquistato azioni di Leonardo nel gennaio del 2023 e le ha rivendute a fine dicembre, ha guadagnato circa il 70%. La guerra in Ucraina e il conflitto in Israele hanno spinto il titolo verso l’alto, grazie alla corsa al riarmo di Europa e NATO.
Questione etica e governance
«Ci sembra sproporzionato l’impegno dello Stato in un’impresa che produce armi impiegate in conflitti internazionali, con il rischio di violazione dei diritti umani fondamentali, rispetto agli effettivi, minimi vantaggi economici per il Paese», conclude Vignarca.
Inoltre, la Fondazione Finanza Etica ha sollevato dubbi sulla nomina dell’ex ministro Roberto Cingolani come amministratore delegato di Leonardo. «A nostro parere non è stato rispettato il periodo di sospensione di un anno dalla cessazione della carica governativa di Cingolani, ai sensi della legge 60 del 1953», spiega Siliani. Leonardo ha risposto che la legge non si applica alla società, senza però spiegare il perché. Una spiegazione che suona tanto convincente quanto un bambino che dice “non sono stato io” con le mani nella marmellata.
La lotta continua
Nonostante la mancanza di risposte chiare e la trasparenza che sembra un miraggio, l’impegno della Fondazione Finanza Etica non si ferma qui. L’obiettivo rimane quello di spingere Leonardo a una maggiore responsabilità e chiarezza, per evitare che il gigante delle armi resti avvolto in un alone di mistero, più adatto a un film di spionaggio che a una società pubblica. E se Leonardo continuerà a fare orecchie da mercante, gli azionisti critici saranno lì, pronti a sollevare nuove domande e a richiedere, ironicamente, che almeno su questo fronte la compagnia migliori la propria mira.