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Le Task force sulle Fake news: il caso Facta che accusa Zone d’Ombra Tv

Le Task force sulle Fake news: il caso Facta che accusa Zone d'Ombra Tv

Qualche giorno fa abbiamo scoperto di essere stati citati in un articolo riguardo una nostra notizia che, secondo il sito Facta, non è vera

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Tra le tante Task force messe su dal Governo, c’è anche quella sul “controllo” dell’informazione. Diciamo che l’esecutivo -quindi la politica- in qualche modo vuole garantirsi un occhio attento su ciò che viaggia su internet. Vi raccontiamo il caso Facta-Zonedombratv.

“Il nostro obiettivo non è in nessun modo quello di esercitare censure o limitare la libertà di espressione o il diritto dei cittadini di informarsi. E quindi non è nostra intenzione assegnare patenti di veridicità alle notizie”. Con queste parole il gruppo di esperti nominato dal sottosegretario all’Editoria, Andrea Martella, si esprimeva all’indomani dell’insediamento. L’obiettivo dei nominati era -ed è- quello di monitorare e identificare le fake news relative all’emergenza Coronavirus.

Riccardo Luna, Francesco Piccinini, David Puente, Ruben Razzante, Luisa Verdoliva, Giovanni Zagni, Fabiana Zollo, Roberta Villa, sono gli di esperti della task force. Dicono che il loro obiettivo è quello di “offrire alcuni strumenti per imparare a riconoscere le notizie delle fonti ufficiali, come l’Oms o l’Istituto superiore di sanità, dalle notizie di dubbia autenticità”. 

Il tema è: perché è il Governo a istituire una task-force sull’informazione e non, ad esempio, un soggetto terzo magari eletto dal popolo?

Andiamo avanti. La Task-force si riunisce e ai primi i giugno produce un documento di 12 pagine che enfatizza il ruolo della conoscenza come principale arma di difesa contro il dilagare della disinformazione sui social. Dunque, gli esperti propongono tre ambiti d’intervento.

 Sono tre gli ambiti di intervento suggeriti dalla task force.

Il governo – si legge nel documento- dovrebbe creare un hub di riferimento facilmente consultabile, con tutte le informazioni scientificamente attendibili, includendo una banca dati con le domande e risposte più frequenti”. “Chiediamo poi di realizzare campagne di 30 secondi contro i rischi della disinformazione, con immagini efficaci, non solo in tv ma anche con video sui social network, per spiegare perché è bene diffidare delle fake news. Infine, suggeriamo corsi di formazione a distanza per i comunicatori pubblici, per aiutarli a riconoscere per primi le fake news e a lanciare messaggi istituzionali credibili”. Il documento, poi, propone “sulla base delle informazioni così raccolte si potrebbe creare un profilo Whatsapp/Messenger/Telegram che, tramite un bot, risponda a domande standard con risposte prestabilite. Su alcune di queste domande più frequenti si potrebbero realizzare brevi video con le risposte da caricare sul profilo YouTube del Ministero.

Una strategia che mette tutto in mano al Governo insomma.

Tant’è che all’iniziativa palude anche il presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Angelo Marcello Cardani, che addirittura rilancia con una Commissione d’inchiesta sulle fake-news.

È evidente che con questo tipo di approccio chiunque potrebbe finire nella rete dei “divulgatori di bufale”. Se vengono mosse critiche al governo e pubblicate notizie in esclusiva, come riesce la task-force a decidere se quelle informazioni sono vere o false? Non sempre la pubblicazione dei documenti che attestano la veridicità delle informazioni sono disponibili o possono essere pubblicate. Buon senso vorrebbe che -ad esempio- i “giustizieri della libera informazione” si accertassero coinvolgendo gli autori di quelle informazioni. 

A Zone d’Ombra Tv è capitato di finire vittima di una “commissione” dedicata alle fake.

Sì perché a quanto pare non esiste una sola task-force ma ce ne sono varie. Il sito Facta, di cui siamo finiti vittime, è un progetto che si occupa di bufale, notizie false e disinformazione ideato e realizzato da Pagella Politica, una Srls (società a responsabilità limitata semplificata) nata a fine 2013 dall’idea di dieci soci con l’obbiettivo di monitorare le dichiarazioni dei principali esponenti politici italiani, al fine di valutarne la veridicità attraverso numeri e fatti”. Ma, precisano,La disinformazione non è però solo politica. Facta, che ha una squadra dedicata all’interno di Pagella Politica, allarga il suo campo di indagine a tutte le forme di disinformazione, qualsiasi sia il loro argomento. Per l’analisi e il contrasto della disinformazione sono infatti necessarie competenze e strumenti autonomi e non sovrapponibili al tipo di ricerca connesso all’analisi delle dichiarazioni politiche.

Anche qui gli esperti si assumono il compito di “segnalare ai lettori quali notizie, tra quelle che circolano sui media o sui social network, sono false, decontestualizzate o imprecise”.

L’8 giugno scorso Facta pubblica un articolo (senza firma) dal titolo: No, il governo Conte II non ha intenzione di attuare un ‘prelievo forzoso’ sui conti correnti degli italiani”. Gli ‘esperti’ antibufale spiegano che “Lunedì 8 giugno la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via WhatsApp che chiedeva di verificare le informazioni contenute in un messaggio, circolato sull’app di messaggistica istantanea, secondo cui ‘il governo potrebbe attuare la famosa tassa come nel 92’, ovvero il ‘prelievo forzoso dai conti correnti del 8×1000’ dei cittadini italiani”. Dunque, la redazione si mette alla ricerca e scopre che è tutto falso. Lo scopre semplicemente andando sul sito di Tgcom24 scoprendo che l’articolo non c’è. Un metodo d’inchiesta all’avanguardia.

Nello stesso articolo viene citato Zone d’Ombra Tv per un’altra vicenda.

Leggiamo che “A partire dallo scorso 6 giugno, inoltre, è tornato circolare un articolo del blog zonedombratv, che nel titolo annunciava ‘Arriva anche il prelievo forzoso dai conti correnti’. Si tratta di un articolo pubblicato il 14 ottobre 2019, rivelatosi in ogni caso falso”.

Dunque, ricapitolando: a Facta arriva la segnalazione di un articolo (non il nostro) l’8 giugno. Ipotizzando che il messaggio sia arrivato la mattina, Facta ha analizzato la notizia, l’ha verificata, ha scritto l’articolo e, siccome avanzava un po’ di tempo, ha anche parlato del nostro articolo. Evidentemente gli esperti di Facta hanno poteri straordinari visto che noi, ad esempio, quando conduciamo delle inchieste impieghiamo anche quattro mesi per portarla a termine.  

Appena abbiamo saputo della citazione di Facta abbiamo provveduto a scrivere una mail. Questo il testo: 

“Buongiorno, ci è stato segnalato un vostro articolo dell’8 giugno 2020 “NO, IL GOVERNO CONTE II NON HA INTENZIONE DI ATTUARE UN «PRELIEVO FORZOSO» SUI CONTI CORRENTI DEGLI ITALIANI” in cui si fa menzione del nostro articolo “Carcere a chi è in difficoltà per pagare le tasse. Arriva anche il prelievo forzoso sui Conti correnti”. Nel dettaglio viene spiegato ai vostri lettori che “Si tratta di un articolo pubblicato il 14 ottobre 2019, rivelatosi in ogni caso falso”. Per ciò che ci riguarda non sembra che la vostra testata abbia contattato Zone d’Ombra Tv per avere delucidazioni in merito alle nostre fonti. Appare quantomeno strano il vostro approccio all’analisi che taccia di superficialità il lavoro di professionisti che lavorano quotidianamente alla ricerca della verità. Il nostro blog procede a un’attenta analisi e verifica delle notizie e delle fonti fin dal 2012, anno della nostra nascita. Abbiamo condotto battaglie civiche e abbiamo riferito fatti puntualmente verificati. La nostra storia è limpida anche dal punto di vista penale e civile visto che i giudici ci hanno sempre dato ragione. Dunque, essere tacciati per ‘bufalari’ -ci permetterete- non possiamo accettarlo. Ed è per questo che difenderemo -come abbiamo sempre fatto- il nostro buon nome in ogni sede. Cordialità“.

Facta, in sintesi, ci ha tacciato di essere bufalari senza averci contattato e aver ascoltato la nostra versione.

Sull’articolo in questione abbiamo lavorato un mese e sembra strano come Facta, in brevissimo tempo, abbia appurato che è tutto falso. 

Non ricevendo risposta tentiamo di avere un contatto telefonico con la redazione. Il numero è staccato. Mercoledì alle 19.19 inviamo un messaggio Whatsapp con questo testo: 

Zone d’Ombra Tv: “Salve, abbiamo inviato una mail per chiarimenti circa un vostro articolo in cui si cita un nostro approfondimento.” 

Giovedì mattina alle 9.44 arriva la risposta:

Facta: “Buongiorno Antonio, a quale indirizzo?”

Zone d’Ombra Tv: “contatti@facta.news”

Facta: Ok grazie controlliamo subito”

Zone d’Ombra Tv: Gradiremmo un contatto telefonico visto che siamo stati accusati di essere bufalari. Non ci sembra un comportamento professionale questo da parte vostra.”

Facta: Capisco la difficoltà infatti ho scritto al nostro responsabile”

Zone d’Ombra Tv: Ecco, e ricordate anche che prima di ergervi a ‘giustizieri’ è bene che contattiate tutte le fonti.”

Inutile dire che, ad oggi, non abbiamo ancora ricevuto risposte.

In fondo gradiremmo sapere il metodo utilizzato da Facta per definirci bufalari, quali sono state le fonti che hanno utilizzato e chi ha realizzato l’articolo. In un’inchiesta giornalistica la prima cosa da considerare è la fonte. La seconda è cercare un riscontro. È evidente che prima di sparare una notizia del genere Facta avrebbe dovuto contattarci per sapere se noi, nel caso, avremmo avuto in mano documenti esclusivi. Perché questa verifica non è stata fatta? Magari ci verrà spiegato.

Nel nostro articolo avevamo riportato l’intenzione del governo di “ammanettare” gli evasori e quello di “vedersi prelevare forzosamente gli eventuali risparmi sul Conto corrente”. Entrambe le ipotesi rientranti in una dura lotta politica (e di comunicazione) verso chi evade. Nell’articolo riportammo le bozze ma dopo alcune ore -forse per il clamore mediatico- il governo virò verso altri lidi. Tanto che nel dibattito intervenne anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che dichiarò l’abbassamento “delle attuali soglie di punibilità del precedente governo Renzi da 150mila a 50mila euro.”

Inutile dire che l’articolo riportò anche una serie di altri articoli in cui venivano seguiti gli ulteriori sviluppi della vicenda. Ma quelli di Facta, evidentemente, non se ne sono accorti.

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