La morte del Generale Guido Conti ha riportato alla ribalta alcuni strani fatti accaduti intorno al territorio lucano e abruzzese.
Antonio Del Furbo
Regioni che sono vicine sia geograficamente e sia dal punto di vista dei fatti accaduti. Da un lato l’ingegner Gianluca Griffa, ex responsabile dello stabilimento dell’Eni di Viggiano, scomparso e poi trovato impiccato nell’agosto del 2013. Dall’altra Guido Conti, punta di diamante del Corpo forestale e, poi, per soli quindici giorni, Direttore Esecutivo Ambiente e Sostenibilità del gruppo Total E&p Italia spa.
Due nomi e due vicende che, forse, sono indipendenti l’una dall’altra ma che inquieta non poco chi, dalle parti lucane, osserva con attenzione cosa accade intorno al mondo del petrolio.
Il primo fatto che balza agli occhi è quello che racconta un attivista lucano, Giorgio Santoriello, il quale riferisce che Conti era solo l’ultimo dei carabinieri avvicinatosi all’ambiente del petrolio. Conti, secondo il blogger, non era a conoscenza delle “logiche lucane”. Santoriello, in un’intervista rilasciata a Primadanoi, riferisce di aver avuto uno scambio di battute su Facebook direttamente con l’ex pubblico ufficiale. Nel merito Santoriello avvertì Conti di stare in guardia e di dare un’occhiata ad alcuni articoli scritti da lui su Total e Tempa Rossa.
Da quel giorno nulla più, la comunicazione tra i due si interruppe.
Un popolo intero attendeva l’arrivo di Conti, quello di Corleto Perticara in provincia di Potenza perché proprio la Total estrarrà petrolio dal giacimento di Tempa Rossa. Un piano, quello messo a punto dalla multinazionale francese, che partirà nei primi mesi del 2018 per arrivare a produrre fino a 2,5 milioni di tonnellate di greggio diretto verso il mercato interno e internazionale. Il giacimento avrà una capacità di produzione di ben 50mila barili al giorno, 230mila mc di gas naturale, 240 tonnellate di Gpl e 80 tonnellate di zolfo.
Probabilmente, in Conti qualcosa cambiò visto che a soli quindici giorni dall’inizio del servizio lasciò l’incarico. Perché? Conti aveva maturato nuove idee o aveva scoperto qualcosa?
Certo è che l’ingegner Griffa era a conoscenza che nel 2012 sarebbero avvenute fuoriuscite di greggio dai serbatoi del Cova e che “per ordini superiori” – si legge in una lettera testamento in mano alla Procura di Potenza – sarebbero state nascoste “per non fermare la produzione” fino a gennaio di quest’anno. Quindi, secondo la lettera, i vertici Eni sapevano dei pericolosi sversamentidi greggio già cinque anni fa.
Come ha raccontato Il Fatto, nel 2017 si è verificata una fuoriuscita di greggio che ha portato Eni ad ammettere uno sversamento di 400 tonnellate tra agosto e novembre dello scorso anno. Ad aprile poi la Regione Basilicata ha deciso di chiudere il Cova per il mancato rispetto di alcune prescrizioni ambientali. Dopo tre mesi, il 18 luglio scorso, lo stabilimento è tornato a funzionare.
La lettera dell’ingegnere Griffa era indirizzata ai carabinieri di Viggiano e agli ispettori di polizia mineraria (Unmig) del ministero dello Sviluppo economico. Lettere, tra l’altro, che sarebbe stata scritta poco prima del suicidio. In quella lettera Griffa descrive un incontro che sarebbe avvenuto nel febbraio del 2013 con altri dirigenti locali della compagnia petrolifera durante il quale gli sarebbe stato impedito di portare allo scoperto la situazione. Poi però aggiunge di essere riuscito in qualche occasione ad imporre ai tecnici di ridurre la portata dell impianto.
Le sue preoccupazioni gli sarebbero costate ferie forzate, rimozione dall’incarico e una convocazione nella sede di Milano il 22 luglio 2013. Quattro giorni dopo il giovane ingegnere fece perdere le sue tracce e fu trovato impiccato in circostanze non del tutto chiare in un bosco di Montà d’Alba in provincia di Cuneo.
A questo si aggiunge un altro fatto inquietante sulla morte di Griffa: sul corpo non sarebbe stato effettuato né l’esame autoptico né quello tossicologico.