Il piatto del Governo piange e, dunque, bisogna non guardare in faccia a nessuno. Mentre oltre 300mila imprese hanno chiuso i battenti nel primo trimestre di quest’anno – e altrettanti sono a rischio entro settembre – l’esecutivo dice no al rinvio del pagamento delle tasse. E, anzi, ne prepara altre.
Niente rinvio
Poco importa, insomma, se le piccole imprese – almeno quelle rimaste – chiedono aiuto: lo Stato non ascolta e procede per la sua via. Una linea dettata dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e contro la quale all’interno del governo giallorosso nessuno, al momento, si è opposto. Il ministero del Tesoro ha numeri tutt’altro che positivi: nei primi cinque mesi del 2020 sono entrati 22,2 miliardi di euro in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, facendo segnare un -8,4%.
Arriva la stangata fiscale di luglio. Alla Camera si discute la proposta di condono e pace fiscale
La guerra con le partite Iva
Proprio per la mancanza di segnali di apertura da parte del governo il clima con le partite Iva non è dei migliori. Lunedì 20 luglio resta l’ultimo giorno utile per una valanga di versamenti. Confcommercio è tornata alla carica chiedendo un rinvio “almeno fino al 30 settembre”: “Una richiesta obbligata a causa della grave crisi di liquidità in cui versano imprese e lavoratori autonomi per l’emergenza Covid-19 ma anche per le difficoltà organizzative che stanno affrontando gli intermediari”.
Il Governo dice no. E precisa che le prossime scadenze interessano adempimenti per i quali erano stati già disposti rinvii durante il periodo del lockdown. “Non si può spostare ancora in avanti” insomma. Anche perché le cifre in ballo non sono di poco conto. Partite Iva e commercialisti hanno invece deciso di andare avanti nella speranza che una deroga possa arrivare anche a ridosso della scadenza, sul proverbiale filo di lana.
Il governo sta preparando un’ulteriore mazzata.
Tra le ultime idee nell’ambito della riforma del Fisco c’è quella, proposta dal Pd, di un aumento delle imposte di successione per patrimoni superiori ai 500 mila euro e sulle rendite immobiliari. L’obiettivo sarebbe quello di introdurre criteri di maggiore progressività sulle rendite.