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Le mani sull’informazione: Report e l’intimidazione politica

Le mani sull'informazione: Report e l'intimidazione politica

La battaglia politica pare voluta per mettere le mani sull'informazione. O meglio su quell'informazione non addomesticabile e svincolata dalle pressioni

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Quello che sta accadendo intorno alla vicenda Report è a dir poco nauseante. E direi anche molto imbarazzante per chi la alimenta.

Specialmente quando vedo la politica dichiarare guerra all’informazione. In questi giorni un personaggio di cui non se ne sentiva la mancanza, tale Luciano Nobili, che abbiamo scoperto essere deputato di Italia Viva, è molto irritato nei confronti della trasmissione Rai. Il Nobili, da quando Report ha mandato in onda le immagini dell’incontro tra il suo capo, Matteo Renzi e la spia Marco Mancini, ha perso le staffe. Prima presenta un’interrogazione parlamentare su un dossier falso per una presunta fattura che la Rai avrebbe pagato a una società lussemburghese per confezionare un servizio contro Renzi, e poi procede con una crociata contro la presunta faziosità della trasmissione d’inchiesta.

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In questi giorni, poi, arriva la sentenza del Tar del Lazio che obbliga la Rai a dare all’avvocato Andrea Mascetti gli atti relativi al servizio giornalistico che lo riguarda nell’ambito della puntata ‘Vassalli, valvassori e valvassini’ del 26 ottobre 2020. Una sentenza che secondo Ranucci “viola la Costituzione e la libertà di stampa. Una sentenza miope che paragona il lavoro giornalistico a degli atti amministrativi” che “crea di fatto giornalisti di serie A e di serie B: quelli che lavorano nel servizio pubblico non possono tutelare le proprie fonti, gli altri sì”. Un “attacco senza precedenti, dovuto alla debolezza delle Istituzioni in generale e alla delegittimazione della politica nei confronti del giornalismo di inchiesta”.

Qualche anno fa in America è accaduto qualcosa di molto più pesante. 

Jeffrey Wigand è un dirigente presso una delle principali aziende di tabacco statunitensi. Quando viene licenziato decide di testimoniare contro i suoi ex datori di lavoro, colpevoli di mentire sulla composizione chimica delle sigarette in commercio. Sulla sua strada Wigand incontra Lowell Bergman, un cronista d’assalto che prepara servizi per il programma 60 Minutes della CBS. Wigand decide di rilasciare l’intervista contro le multinazionali del tabacco: e lì inizia un vero calvario: fra trappole giudiziarie, minacce e ingiustizie, l’impresa fa infatti di tutto per screditare l’immagine del testimone e rendergli la vita impossibile.

Bergman e Wigand, nonostante tutti gli ostacoli tanto nella loro denuncia quanto nella vita privata del supertestimone, non si scoraggiano. Riescono a trasmettere l’intervista chiave che tempo prima era stata registrata presso gli studi televisivi e mai mandata in onda, se non in versione ridotta e rivista, per paura di ripercussioni legali.

Il punto è che alla fine l’autore del programma si dimette perché, dice, che in futuro non saprà più se offrire copertura alle sue fonti. 

E’ questo che si vuole anche per il giornalismo in Italia? Quali interessi ci sono dietro le battaglie politiche di personaggi più o meno imbarazzanti?

di Antonio Del Furbo

antonio.delfurbo@zonedombratv.it

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