Due le vicende che, in qualche modo, sporcano un po’ l’immagine del premier Giuseppe Conte. Della prima abbiamo già parlato: riguarda Cesare Paladino, padre dell’attuale compagna del premier, Olivia.
L’imprenditore, titolare del Grand Hotel Plaza di Roma, avrebbe intascato per anni la tassa di soggiorno versata dai turisti ospitati nella sua sontuosa struttura. Risultato: un ammanco di 2 milioni per il Comune e una contestazione per peculato. Vicenda quasi chiusa con il patteggiamento di 1 anno e 2 mesi. Olivia non è mai stata indagata, in ogni caso il padre ha concordato la condanna.
La seconda vicenda riguarda proprio Conte in prima persona e ‘cozza’ un po’ con l’atteggiamento del governo che ha annunciato una crociata contro chi sbaglia a denunciare redditi. La vicenda riguarda due cartelle, una del 2009 e l’altra del 2011, per imposte e multe non versate. Il totale? Oltre 50mila euro.
Il premier all’epoca era un semplice professore sconosciuto che si era dimenticato di saldare una serie di versamenti ad Equitalia. L’ente, dunque, mise un’ipoteca sulla sua casa romana.
L’anno scorso, quando Conte era a un passo da Palazzo Chigi, il commercialista aveva cercato di ridimensionare il fatto alla voce contrattempo: “Il professore nel 2009 ha avuto una richiesta di documentazione inerente la sua dichiarazione dei redditi. L’agenzia ha mandato le comunicazioni via posta, ma il portiere non c’è. La cartolina è stata smarrita. Quando il contribuente non si presenta e non porta i giustificativi della dichiarazione, si iscrive al ruolo tutta l’Irpef sulla dichiarazione non presentata”.
Colpa delle Poste, insomma. Colpa anche di quella burocrazia tutta italiana che ha distrutto, appunto, il ceto medio. Capita. Alla fine, Conte ha pagato e ha chiuso il contenzioso.
Dunque, per una volta, anche Conte ha provato sulla propria pelle quanto è difficile la vita reale rispetto a quella del Palazzo. Anzi, Palazzaccio.