In audizione alla Camera, il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha aggiornato il conto delle domande di finanziamento con garanzia pubblica tra il 100 e l’80% che, mediante dalle banche, sono arrivate al Fondo centrale. L’Abi al 4 maggio ha riferito che le domande arrivate sono complessivamente 82.159, per quasi 5,2 miliardi di finanziamenti. Intanto, le banche rallentano i finanziamenti.
Insomma, ancora pochi. Un sistema che va a rilento soprattutto per la burocrazia: 21 sono i moduli da presentare prima di arrivare a conquistare l’atteso denaro in prestito.
Piccoli imprenditori e Partite Iva si vedono richiedere, per l’accesso ai finanziamenti garantiti, da 4 a 21 documenti a seconda del tipo di finanziamento e garanzia.
I documenti
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Le pratiche più snelle sono quelle per i prestiti fino a 25 mila euro garantiti al 100%, per i quali la legge limita le richieste compilative al modulo di finanziamento della banca. “Solo alcune banche hanno implementato procedure ‘quasi automatiche’ che permettano di velocizzare l’iter di approvazione delle pratiche/richieste di finanziamento con garanzia statale – scrive la Fabi nel suo dossier -. Al primo contatto, al cliente viene richiesto un riscontro diretto per le sole informazioni essenziali e obbligatorie. Poi ne segue una seconda fase che assomiglia ad una vera e propria istruttoria approfondita”.
“In alcuni casi viene proposto alle filiali, da parte delle direzioni crediti, di raccogliere una lista corposa di documenti sia contabili e fiscali. Documenti che sono invece previsti per la valutazione del merito creditizio di nuova clientela e per finanziamento che non hanno la garanzia statale”, spiega ancora il dossier. “La sensazione è che, ai fini della lavorazione delle pratiche di fido con garanzia statale, vi siano due procedure interne ‘parallele’, l’una con i requisiti minimi obbligatori, l’altra con requisiti aggiuntivi o soggettivi che richiedono tempi e modalità non semplificate”.
Ogni banca decide le regole proprie
“La politica ha fatto l’annuncio dei prestiti senza considerare tempi e modalità operativi delle banche, di Sace e del Fondo di garanzia delle Pmi”, ha incalzato il segretario generale, Lando Maria Sileoni. “Alcuni grandi gruppi bancari si sono dimostrati tali; altri, con la sola prosopopea dei grandi, in tema di disponibilità e sensibilità sociale si sono dimostrati minuscoli. Il decreto è stato applicato dai grandi gruppi bancari, altri lo hanno sottoposto giuridicamente ai raggi X. L’obiettivo è quello di trovare il modo di introdurre una valutazione del ‘merito creditizio’ anche per i prestiti fino a 25.000 euro”.
Lo scudo penale
La stessa Abi ha sollevato il problema dello scudo penale. Si tratta della responsabilità penale di chi eroga denaro e si potrebbe un domani trovare coinvolto in casi problematici, qualora le imprese affidate dovessero saltare. “Lo scudo penale, chiesto da alcune banche, è diventato un ricatto che né l’Abi né il governo hanno saputo e voluto gestire”, ha detto Sileoni. “Qualche Banca ha rallentato perché sta pretendendo dal governo uno scudo penale su argomenti specifici. Corrono il rischio di essere accusati di reati, in concorso, come la bancarotta preferenziale o la bancarotta semplice delle imprese a cui concedono i prestiti garantiti dallo stato. L’aiuto a imprese di cui già si conosce la difficoltà economica può essere interpretato come il tentativo di posticipare il dissesto e poi il fallimento”.