L’Anm ancora una volta entra a gamba tesa in un terreno non di competenza: la politica. Questa volta l’Associazione dei magistrati è tornata ad attaccare il senatore Matteo Renzi.
“Secondo un ripetuto schema, il senatore Matteo Renzi ha mosso ieri, dal palco della Leopolda, ai magistrati fiorentini che hanno concluso le indagini relative alla fondazione Open, accuse gravissime e inaccettabili, come quella di voler imbastire un processo politico alla politica”.
Così il comunicato dell’Anm.
Parole, quelle del senatore, che per l’Associazione “gettano discredito non solo e non tanto sui magistrati impegnati in quel procedimento ma sull’intero ordine giudiziario. E che, provenendo da un autorevole esponente politico, che ha rivestito anche in passato alte cariche istituzionali, sono capaci di ingenerare disorientamento nell’opinione pubblica e di minare la fiducia dei cittadini nell’Istituzione giudiziaria”.
Dunque, “si avverte forte l’esigenza di ribadire la necessità che, fermo il diritto di critica delle azioni della Magistratura e l’inviolabile diritto di difesa di qualunque imputato, il loro esercizio, specie ad opera di rappresentanti della Politica, sia sempre ispirato al rispetto dell’autonomia e della indipendenza della giurisdizione, capisaldi di democrazia”.
E, non contenti, quelli dell’Anm hanno anche ‘cinguettato’ su Twitter:
“Fondazione #Open, da #Renzi accuse inaccettabili che gettano discredito sull’intero ordine giudiziario e che, provenendo da un autorevole esponente politico, ingenerano disorientamento e minano la fiducia dei cittadini nella #giustizia…”. In allegato al tweet è stata postata anche una fotografia che immortala la folla che ha partecipato all’undicesima edizione della kermesse renziana.
Di quale grave atto di accusa si è macchiato Renzi?
Il leader d’Italia Viva Matteo Renzi, dal palco della manifestazione fiorentina, ha parlato, tra i vari punti toccati in materia di Giustizia, di “un processo politico alla politica”. Un ragionamento che per l’Anm non va.
Di “processo politico” in relazione al caso Open ha parlato anche un ex magistrato come Carlo Nordio, ma non è la natura del processo, presunta o meno che sia, ad aver sollevato una vera e propria bufera social: il fronte garantista si è soffermato proprio sul tweet dell’Anm. Guido Crosetto, fondatore di Fratelli d’Italia ha voluto prendere posizione attraverso il suo di profilo Twitter: “L’Anm attacca direttamente Renzi, pubblicando anche le fotografie del pubblico, senza capire che sono stati loro, i loro metodi, la faziosità di alcuni loro esponenti, a minare la fiducia ad ingenerare disorientamento e ad aver distrutto la vita di migliaia di innocenti”, ha tuonato l’ex di Fdi.
Sulla stessa scia è arrivata la dichiarazione dell’onorevole Enrico Costa, che è un esponente di Azione di Carlo Calenda: “Effettivamente, quanto a fiducia, la categoria è ai vertici in tutti i sondaggi”, ha twittato, non senza ironica, l’onorevole. E ancora l’economista Michele Boldrin, con un suo: “Dai, un grande successo questo tweet. Mi ricorda tante inchieste esplicative…”. Qualcuno, in risposta all’uscita dell’Anm, posta il video di un intervento dell’ex giudice costituzionale ed accademico di fama internazionale Sabino Cassese, che è stato intervistato di recente dal Giornale e che si è espresso con parole chiare anche sul diritto alla riservatezza.
Le parole alla Leopolda
“Chiederò di parlare a ogni udienza”. E darà battaglia “in sede penale e in sede civile, chiedendo i danni a chi mi sta diffamando perché i miei figli devono sapere che tutto quello che sta accadendo semplicemente non è vero, mentre la verità è che si vuole processarci perché abbiamo fatto politica”. Questi alcuni dei passaggi che Renzi ha tenuto alla Leopolda. Aveva promesso toni pacati. Ma poi ha attaccato tutti i suoi principali avversari politici, dal Movimento 5 stelle a D’Alema e Bersani. “D’Alema ha distrutto Mps che nemmeno la peste c’è riuscita. Io sono pronto al confronto con lui, con Bersani, con i 5 stelle e i rapporti con il Venezuela”, tuona dal palco. Non risparmia durissime critiche a tutto il Pd per il “silenzio vigliacco”.
“Open è una vicenda molto più piccola ma con grande impatto mediatico e politico”, sottolinea l’ex premier. Che entra nello specifico. “Quale reato si contesta? il finanziamento illecito alla politica – spiega – Fa venire in mente che ci siano soldi presi di nascosto, violando le regole, poi scopri che quei soldi non solo sono tracciati, ma tutti bonificati. Il tema del contendere non è il finanziamento illecito, ma la seconda parte della frase, ‘alla politica'”. Renzi definisce la vicenda giudiziaria che lo riguarda “kafkiana” e aggiunge: “Il pm dice alla Leopolda si svolgeva un’attività di un partito odi una corrente di un partito. Incredibile, ho sempre detto che non farò mai una corrente dentro un partito, piuttosto faccio un partito e restituisco la tessera: fatto. E ora mi accusano di voler fare una corrente”.
“I magistrati pensano che in politica le correnti funzionino come in magistratura dove il Csm fa grandi accrocchi- attacca – Se agissimo in quel modo prenderemmo avvisi di garanzia per influenze illecite”. Il leader di Italia Viva rivendica il diritto della politica “di organizzarsi come meglio crede” e ribadisce che “nessuna fondazione aveva le regole di trasparenza in entrata e in uscita che aveva la fondazione Open”.
Sbagliato Matteo
Per Renzi, i magistrati “hanno sbagliato Matteo. Per cercare Matteo Messina Denaro hanno usato meno uomini”, e “in questo processo è impressionante il fatto che le 92 pagine che sono arrivate sono il frutto di un lavoro che ha portato centinaia di uomini delle forze dell’ordine e tante persone sottratte al loro lavoro sui grandi temi della criminalità e portate sul reato di finanziamento illecito alla politica”. Secondo il leader di Italia Viva “la verità è che si vuole processarci perché abbiamo fatto politica”. Infine, Renzi lancia l’allarme: “Chi decide che cos’è politica e che cosa non è? Nei Paesi democratici lo decide il Parlamento. Dove lo decidono i magistrati non si definisce correttamente il sistema democratico. Se è un giudice a decidere, la libertà democratica è a rischio”.
L’inchiesta
La Procura di Firenze ha chiuso le indagini sulla fondazione Open, la cassaforte renziana finita al centro di un’inchiesta per i movimenti di fondi sospetti per oltre 7 milioni di euro. Undici gli indagati tra cui il senatore e leader di Italia Viva, Matteo Renzi e gli onorevoli Maria Elena Boschi e Luca Lotti, e quattro società. Tra i reati contestati a vario titolo nell’inchiesta compaiono il finanziamento illecito ai partiti, corruzione e riciclaggio.
L’ex premier Renzi è indagato per finanziamento illecito assieme all’avvocato Alberto Bianchi, ex presidente di Open, agli imprenditore Marco Carrai e Patrizio Donnini, e per l’appunto agli ex ministri Boschi e Lotti. Gli episodi contestati sono due: presunta corruzione per l’esercizio della funzione che vengono contestati entrambi all’onorevole Lotti.
La Fondazione Open nacque nel 2012 per sostenere le iniziative politiche come la Leopolda di Renzi e la corsa dello stesso Renzi alle primarie del Pd fino all’approdo a Palazzo Chigi e alla campagna per il Sì al referendum costituzionale.