La lenta agonia di una città con grandi risorse ma ammazzata da una politica inetta
Passeggiando per le strade lancianesi si avverte, almeno in questo periodo, un leggero e sobrio clima natalizio dovuto, forse, al particolare periodo economico che stiamo attraversando. Tempi duri per i cittadini, per le imprese ma anche per i politici che, permettetemi questa frase delirante, soffrono più degli altri. In effetti andare con le tasche piene di finanziamenti pubblici e cullarsi tra le agiatezze del ruolo che ricoprono e sentirsi attaccati a destra e a manca da chi non arriva a fine mese è davvero dura. Addirittura arrivano al punto di non dire più, in certi contesti, «Lei non sa chi sono io» perché potrebbero sentirsi rispondere:«Sì che lo so, un ladro». A dirla tutta penso che “l’immondizia” di parole di cui vengono ricoperti questi inetti, non eletti da nessuno, ne è sempre poca. Senza nasconderci dietro un dito possiamo affermare tranquillamente che anche nel nostro Abruzzo verde, la bandiera della politica conserva il suo bel color letame. In genere quando si vincono le elezioni i “mercenari” del voto acquistano sembianze umane per poi ritrasformarsi in esperti(?) dello stupro mediatico.
Ricordo quella sera del 30 Maggio 2011 quando, dopo lo scrutinio del ballottaggio, la sinistra lancianese riconquistò il governo della città. Appena giunto sulla piazza della città frentana trovai il popolo delirante, con sorrisi e applausi rivolti verso la terrazza della casa comunale. Rivolsi lo sguardo verso su e vidi tre uomini che saltellavano con sorrisi plastificati e slogan tipo:«Noi lo diciamo e lo facciamo». Un super slogan pensato dal vice sindaco Giuseppe Valente con delega alla Cultura, Turismo e Commercio. Giuseppe Valente e Donato Di Fonzo, che raccolsero in totale il 25.40 % dei consensi, annunciarono la costituzione di un unico soggetto politico con il Polo Civico Frentano. «Su mandato della base, abbiamo sottoscritto un protocollo d’intesa per aprire una nuova fase politica in città, dove ci ha votati un lancianese su quattro», dichiararono all’indomani delle elezioni politiche prima del ballottaggio. Sempre Di Fonzo e Valente aggiunsero nei giorni successivi:«Per il ballottaggio tra Mario Pupillo, centrosinistra, ed Ermando Bozza, centrodestra, apriremo le consultazione per stabilire eventuali apparentamenti se saranno sottoscritti i nostri punti programmatici irrinunciabili, quali moralità e rinnovamento, rilancio dell’economia e qualità della vita, ridare un ruolo centrale e propulsivo sul territorio a Lanciano; diversamente daremo indicazioni di voto. Non vogliamo poltrone, saremo la sentinelle della città attraverso il Polo Civico Frentano che andrà avanti negli anni». Evidentemente gli elettori credettero a tali promesse specie a quelle di Di Fonzo che si ritrovò capo dell’opposizione dell’ex sindaco Paolini dopo che quest’ultimo lo sfiduciò, da Presidente dell’Ente Fiera, il 9 Dicembre 2010. Certo è che la situazione all’epoca fu strana: il maligno che è in me potrebbe pensare che il buon Di Fonzo dopo quella battaglia persa tentò, per vendetta personale, di rifarsi con la battaglia politica. Oggi è Presidente del Consiglio comunale. Nulla valse il ricorso al Tar di Pescara per riottenere il posto al Consorzio Fiera di Lanciano, infatti il 9 Febbraio 2011 arrivò la notizia che il tibunale Amministrativo rigettò la richiesta di Di Fonzo dando ragione a Filippo Paolini. Guarda caso, il buon imprenditore delle linee di autobus, il 5 Marzo 2011, in una conferenza stampa, annunciò in pompa magna la sua candidatura:«è stata una scelta di cuore, programmata e che vuole rompere gli schemi. Mi impegnerò con passione, anche se il percorso è difficile e ambizioso. Credo, che vengano prima i cittadini e poi i legittimi partiti di appartenenza. Lanciano ha bisogno di cambiamenti e, inoltre, è giusto che sia il nuovo sindaco a fare le scelte future, gli altri si mettano da parte». Molti cittadini ad oggi attendono ancora questo cambiamento, ma forse per la giunta comunale è ancora presto. A Giuseppe Valente, che a forza di strapparsi camicie per l’ospedale ne è rimasto senza, vorrei chiedere come mai la città, che era in uno stato comatoso durante l’amministrazione Paolini, oggi è un cadavere putrefatto? Super Pino mi piacerebbe che spiegasse ai suoi elettori, specie quelli giovani, quali politiche la sua amministrazione abbia fatto fino ad oggi. «Non mi aspetto nulla nemmeno da questi, tanto sono tutti uguali», ci dice uno dei tanti ragazzi che frequenta il “Metropolis”, una caffetteria del corso principale della città. «Qui non succede nulla, è tutto uguale, anzi sempre più triste. Non c’è uno spazio per noi. Pensa che qui non si riesce a sentire un pò di musica che subito chiamano i vigili e arrivano pattuglie» prosegue un altro ragazzo. Insomma, come dire, c’è aria di repressione a Lanciano. Non si capisce come mai non si autorizzi a fare spettacoli per strada o animazione. Certo la questione è sempre la stessa: non disturbare il dolce torpore dei residenti. E se qualche avanguardista assessore tipo l’assessore Valente cominciasse a pensare veramente in maniera differente non sarebbe utile per la città? Magari potrebbe rispondere ai residenti del centro che abitare sul corso principale di una città porta ad accettare pro e contro. Figuriamoci se qualcuno si espone ed imponga un’idea, troppa grazia per noi poveri mortali e sudditi. Lanciano è morta dal lunedì alla domenica e anche a capodanno visto che la piazza sarà vuota. Non ci sarà nemmeno la libreria che da un pò ha abbandonato il corso lasciando un locale vuoto. Accordi di poltrone o vera svolta politica per una città morta? Chissà. Ammazza che cultura. Ammazza che turismo. Ammazza che commercio.
di Antonio Del Furbo