Una casetta, una moglie, un marito. Lo scenario è semplice. Molto semplice. I due anziani si amano ancora, vivono una vita legata alle atmosfere di una volta. Peppino, classe 1946, è persino geloso delle lettere che l’Inps invia alla moglie Maria.
Due precisamente e con una richiesta di rimborso. La signora ha ricevuto due missive con altrettante richieste di recuperare somme “non dovute” pari a qualche centesimo in più di 154 euro annui. “Pochi per qualcuno, ma tanti su una pensione mensile di circa 480 euro“ commenta Peppino.“Pensavamo che lettere di questo genere da allora fossero finite, ma non è così. È uno choc per tutti, ma immaginate cosa possa essere per un anziano che vive dell’assegno mensile“.
“L’Inps ci ha scritto il 18 marzo del 2015 – racconta all’Adnkronos il marito di Maria, mentre lei gli sta accanto e annuisce – dicendoci che ‘dal calcolo effettuato’ sulla base della dichiarazione dei redditi per l’anno 2012 ‘le è stato pagato un importo non dovuto pari a 154,53 euro‘ e che sarà ‘trattenuta presso la sua pensione per 12 rate mensili a partire dal mese di aprile 2015′”. La donna paga visto che, sottolinea il marito, “non arriva a 500 euro di pensione al mese”.
Dopo un po’ di tempo arriva un’altra lettera. La mattina del 29 marzo del 2017 l’Inps le scrive di nuovo, precisando che “in seguito alle necessarie verifiche reddituali”, relativi all’anno 2013, “è risultato che le è stata corrisposta la somma di 154, 88 euro non dovuta“. “Siamo pertanto costretti a provvedere al recupero di questo importo – scrive l’Istituto di Previdenza – mediante trattenute mensili sulla sua pensione, a partire da aprile 2017 per complessive 12 rate”.
50&Più Enasco, Istituto di Patronato e di Assistenza Sociale, che fornisce assistenza gratuita per risolvere nel modo più favorevole tutte le pratiche previdenziali, spiega che “si tratta di un importo aggiuntivo corrisposto agli interessati, in base alla legge numero 388 del 23 dicembre 2000 (Legge Finanziaria 2001, ndr.)”, destinato ai titolari di una pensione inferiore o pari al trattamento minimo Inps. La somma viene, però, “data in via provvisoria in attesa della verifica reddituale, che viene fatta dopo qualche anno, così come sta accadendo al momento per gli anni 2013 e 2014″.
Dall’Inps spiegano che “non si tratta di un errore”, ma di un “ricalcolo a conguaglio”. “Ci sono delle prestazioni, che vengono erogate sulla base del reddito attribuite in maniera presuntiva in base al reddito presunto. Sennò dovremmo aspettare troppo per darle”.
Sulla questione si è però espressa la Corte di Cassazione nel gennaio scorso stabilendo che “il rimborso non può essere richiesto“. L’ente erogatore, ha chiarito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 482/2017, può rettificare le pensioni per via di errori di qualsiasi natura, commessi in sede di attribuzione o di erogazione, a meno che l’indebita prestazione sia dovuta a dolo dell’interessato, ma non per le somme già versate.