Dopo gli allarmi (fondati) su manette e Fisco, il governo tende a rassicurare i contribuenti italiani riguardo il ‘’salvo intese’ della Manovra, che resta una bozza in lavorazione.
Oggi, a scendere in campo, è il capo del Movimento 5 stelle e ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che rilancia: “Non esiste una legge di Bilancio che fa la lotta all’evasione fiscale senza il carcere con pene severe ai grandi evasori, per noi è imprescindibile”. E, aggiunge, “Sono giorni in cui si sta scrivendo la legge di Bilancio, che probabilmente verrà approvata nel Consiglio dei ministri di lunedì”.
Annuncio che, come al solito, avviene in diretta Facebook e senza un minimo di contraddittorio. Il punto su cui la maggioranza governativa ha deciso di puntare è quello della rassicurazione dei piccoli imprenditori: “In Italia bisogna combattere contro la grande evasione, non contro il commerciante. Io non accetto che si criminalizzino certe categorie. Prima della multa sul Pos, bisogna abbassare le commissioni delle banche”, ha aggiunto Di Maio. E ancora: “Per me va benissimo tutto nella lotta all’evasione. Una cosa non posso accettare, che lo Stato faccia il debole con i forti e il forte con i deboli”. “Non possiamo pensare che il simbolo dell’evasione sia, come si sta dicendo in questi giorni da alcuni media, l’elettricista, l’idraulico o il tassista”, ha rimarcato Di Maio. “Io non ci sto a scatenare la guerra tra poveri. L’Italia ha decine di miliardi di euro di evasione perché ci sono stati soggetti che hanno portato anche milioni di euro fuori dai nostri confini e li hanno fatti rientrare con scudi fiscali al 5%. Dobbiamo introdurre strumenti che blocchino la grande evasione”.
Probabilmente il ministro Di Maio, essendo troppo impegnato nelle sue missioni all’estero, non ha tempo di leggere i provvedimenti che il suo stesso governo scrive e vota. I cosiddetti poveri a cui il ministro degli Esteri fa riferimento, vedranno un aumento delle bevande per il via libera alla “sugar tax”. Sempre quei poveri, al momento, saranno costretti a pagare con carte di credito e contestualmente pagare le commissioni bancarie.
Ancora. Il Documento programmatico di bilancio, varato dal governo Conte-bis nella notte di mercoledì scorso, prosegue comunque sulla strada di un inasprimento del prelievo.
Tutto è riportato nelle tabelle dello stesso rapporto che mostrano come la sterilizzazione degli aumenti Iva, da sola, non sia sufficiente a evitare la solita stangata. La pressione fiscale in rapporto al Pil a politiche invariate sarebbe salita dal 41,9% atteso quest’anno al 42,7 per cento. In legge di Bilancio, però, l’incremento non si arresta ma prosegue: si passerà dal 41,9 al 42%, dunque un aumento di un decimo di punto percentuale, pari all’incirca a 1,8 miliardi di euro.
Ciò vuol dire che di quei 23,1 miliardi che sarebbero dovuti entrare in cassa solo 12,6 miliardi ci vengono effettivamente “condonati”. A fronte di una sostanziale invarianza delle imposte sulla produzione e sull’import al 14,3% del Pil, aumentano dello 0,3% del Pil le entrate correnti su reddito e patrimonio, equivalenti a 5,4 miliardi. Insomma, si tassano meno i consumi per battere sul tasto delle patrimoniali.
I soldi prelevati sono destinati per uno 0,2% di Pil (3,6 miliardi) a un aumento delle prestazioni sociali che passano dal 23,1 atteso al 23,3% del Pil.
“Le azioni di revisione e rimodulazione della spesa pubblica a livello centrale consentiranno di reperire risorse per circa 2,7 miliardi” si legge nel documento. Dunque, restano 12,3 miliardi (0,7% del Pil) da coprire con attraverso gabelle e balzelli. L’elenco va dalla rimodulazione selettiva delle agevolazioni fiscali e dei sussidi dannosi per l’ambiente alla “plastic tax” per oltre 2 miliardi di euro. La stretta anti-evasione contro partite Iva e negozianti vale altri 3,2. A questi si aggiungono 4,3 miliardi recuperati dai maggiori controlli sugli autonomi e dal solito accanimento sulla deducibilità degli oneri sui crediti all’aceto delle banche e sui giochi e videolotterie. Cosa manca per arrivare a quei 12,3 miliardi? Solo 3 miliardi che vengono dal rinvio al prossimo anno di maggior entrate derivanti dagli Isa, i nuovi studi di settore che si stanno rivelando letali come i precedenti.
Diciamoci la verità, dietro la Manovra (e questa non è l’unica) si nasconde un progetto molto più ampio, si vuole, dietro la retorica della lotta all’evasione, il ridimensionamento della classe media composta da piccoli imprenditori, lavoratori autonomi, professionisti. L’idea è sempre quella di dire che i lavoratori dipendenti e i pensionati pagano tutte le imposte, mentre i lavoratori autonomi e gli imprenditori no. Peccato che le imposte dirette pagate dalla maggior parte dei dipendenti e dei pensionati sono relativamente poche: i redditi fino a 20 mila euro versano meno di 16 miliardi di Irpef, su un totale di 165, meno del 10% del totale (solo per le cure sanitarie ne ricevono indietro più di 50). Mentre la pressione fiscale su imprese e lavoratori autonomi è così alta che se tutti dovessero pagare fino all’ultimo euro, la maggior parte, soprattutto al Sud, chiuderebbe l’attività.
Di quei 7 miliardi dalla lotta all’evasione messi a bilancio dal governo persino Cnel, Banca d’Italia e Ufficio parlamentare di bilancio hanno detto che è una cifra eccessiva. Ovviamente, per renderla attuabile si introdurranno la confisca obbligatoria dei beni e l’accesso generalizzato all’anagrafe tributaria, la stretta sulle compensazioni tra crediti e debiti d’imposta, l’utilizzo senza limiti dei dati della fatturazione elettronica, che diventerà obbligatoria per platee sempre più vaste di contribuenti, i vincoli all’utilizzo del contante.
Ecco, ora qualcuno lo dica a Di Maio. Tra una lezione d’inglese e l’altra.