Una crisi irreversibile ormai al Consiglio superiore della magistratura. Tutto appare come una guerra di bande che, i più sprovveduti, credevano appartenere solo alla politica. E, invece, di bande ce ne sono, e tante, anche in magistratura. Il fatto, però, acquista notevole importanza, e più della politica, perché a macchiarsi di certi fatti è un organo indipendente che dovrebbe garantire giustizia ed equità per tutti i cittadini italiani.
Così accade che quattro componenti autosospesisi dal Consiglio superiore della magistratura ricevano l’ordine a tornare al proprio posto da Magistratura indipendente, una delle tanta correnti della giustizia italiana. La corrente, moderata, è quella a cui appartengono tre dei quattro giudici che si sono sospesi. L’Anm, guidato da Pasquale Grasso per conto di Mi nella rotazione annuale, nel frattempo dimessosi, ha chiesto mercoledì scorso che proprio quei consiglieri, coinvolti negli incontri notturni per pianificare il futuro assetto della Procura di Roma con due deputati del Pd, abbandonassero “l’incarico istituzionale del quale, evidentemente, non appaiono degni“. Un verdetto dal quale Magistratura indipendente si è dissociata ufficialmente, determinando le altre tre correnti ad estrometterla dalla Giunta che guida l’Anm.
Area, il gruppo di Piercamillo Davigo nato da una scissione da Mi, invita anch’essa i consiglieri a riprendere pienamente le loro funzioni perché, diversamente, ciò creerebbe “un incidente istituzionale senza precedenti e potrebbe condurre all’adozione di riforme dell’organo di autogoverno dal carattere ’emergenziale’, con il rischio di alterarne il delicato assetto voluto dalla Costituzione a garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, senza risolvere i problemi posti dalle gravi recenti vicende”. In parole povere la politica avrebbe la scusa di modificare il Csm secondo le volontà contingenti dei partiti, a danno delle toghe e della loro indipendenza.
Per l’elezione di un nuovo governo, intanto, è stata chiesta la convocazione urgente di un comitato direttivo che il presidente Grasso aveva già in mente di riunire al più presto.
Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli e Antonio Lepre, che si sono astenuti da ogni attività dopo la scoperta della loro partecipazione alle riunioni con Luca Palamara, Ferri e l’imputato Lotti, dovrebbero tornare al lavoro forti del “mandato” ricevuto dalla corrente. Per Gianluigi Morlini di Unicost, le cose vanno diversamente in quanto è rimasto senza l’appoggio del gruppo.
Al momento al palo rimangono il vicepresidente Ermini e il presidente della Repubblica Mattarella, entrambi d’accordo sul “senso di responsabilità istituzionale” rivolto ai quattro.
Gli altri componenti del Csm hanno le mani legate dal vincolo di segretezza imposto dai pm sulle trascrizioni delle intercettazioni degli incontri con magistrati e politici registrati con il telefonino di Palamara.