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Dunque, il padre del ministro non è titolare di alcuna azienda. Lo confermano i documenti ufficiali consultati da L’Espresso. All’epoca delle presunte irregolarità, riferite ai dipendenti in nero, la ditta di famiglia era intestata alla mamma del vicepremier, Paolina Esposito. L’insegnante e dipendente pubblica, però per legge non può ricoprire incarichi aziendali.

Non è Antonio Di Maio che avrebbe fatto lavorare in nero alcuni operai ma la madre di Di Maio. Un fatto ancor più grave perché la donna, che è preside in una scuola pubblica napoletana, in qualità di pubblico ufficiale, oltre ad aver violato la legge facendo lavorare in nero delle persone, avrebbe omesso una delle regole fondamentali del dipendente pubblico, cioè l’esclusività. Solo in una dergoa speciale, “i dipendenti della pubblica amministrazione non possono svolgere alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro”, dice l’articolo 58 del Decreto legislativo 29 del 1993.

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