Il ‘tecnicamente ebreo’, ha superato da tempo il concetto di destra e sinistra definendoli “obsoleti, vecchi di due secoli di trasformazioni sociali e culturali”.
In un recente articolo su Il Fatto Quotidiano ha interrogato i lettori sulle strategie adottate dal governo americano sulla questione dell’Isis:”siamo davvero sicuri di rappresentare il Progresso e la Civiltà? Oppure, con l’ottuso e pericoloso ottimismo di Candide, nel tentativo di creare ‘il migliore dei mondi possibili’, abbiamo finito per partorirne uno dei più disumani?”
Riflessioni di un uomo con la testa e lo sguardo girati verso “i perdenti, gli oscuri, i presunti cattivi” come lo definisce Bruno Giurato introducendo l’intervista a Fini su Il Giornale. Un anti-modernista mai diventato reazionario.
L’intervista inizia con un Nerone definito “un principe rinascimentale calato nella storia romana” che insieme a Caligola “si interessò alla plebe per riequilibrarne le forze” al punto da diventare “amatissimo dal popolo che continuò a portare fiori a lungo sulla sua tomba”. Un uomo con uno scarsissimo interesse a voler fare l’imperatore “che abolì le imposte indirette ma senza aumentare quelle dirette attraverso una politica keinesiana di grandi lavori pubblici”.
Un Fini che diffida di ‘buone fame’ di personaggi come Matteo Renzi “basata tutta sul virtuale” e di Barack Obama che “quando è venuto in Italia l’unica cosa che ha saputo dire era che il Colosseo è più grande di un campo da baseball”. Il giornalista e scrittore li definisce senza mezzi termini “due poveretti che non contano più nulla di fronte a Cina, Russia e altre potenze emergenti mondiali”.
Un grande statista (non riconosciuto) per l’Italia è stato Giulio Andreotti l’unico a fare “una politica di avvicinamento al mondo mediterraneo, anche molto abile e molto coraggiosa. Nel nostro è stato a metà un grande statista e a metà un delinquente. Perché purtroppo in Italia non può non andare cosi. Il giornale per il quale scrivo insiste sul parallelo Andreotti-belzebù, i contatti con la mafia…”. E, come spesso accade nel Bel Paese, sulle grandi questioni si è sempre data una lettura parziale con la complicità di certa stampa:”I contatti con la mafia ce li avevano tutti. Anche l’integerrimo Ugo La Malfa aveva il suo uomo in Sicilia, Aristide Gunnella, che era un mafioso. E la mafia assume il potere che assume perché gli americani l’hanno usata come appoggio per lo sbarco in Sicilia. L’unico regime che l’ha davvero combattuta è stato il fascismo. Un regime forte non può accettare che ci sia all’interno un altro regime forte. Che poi è il motivo perché Saddam Hussein detestava Bin Laden, e quest’ultimo in Iraq non c’è mai stato”.
ZdO