Dietro le quinte del Museo del Cinema, la dura realtà del lavoro precario e sottopagato
Il 13 dicembre esce nelle sale italiane “La parte degli angeli”, ultima fatica cinematografica di Ken Loach, che ha ricevuto il Premio della Giuria all’ultimo festival di Cannes. Ambientata a Glasgow, la pellicola racconta di alcuni ragazzi che scontano dei piccoli reati commessi con dei lavori socialmente utili e che trovano una originale via di riscatto grazie al whisky, in quella che i critici specializzati hanno definito una graziosa commedia umana che sa unire commozione e sorriso.
Qui però non ci interessa tanto il Loach regista, quanto il Loach uomo, da sempre impegnato nella difesa e nel sostegno delle classi più umili e di un socialismo dal volto umano. Un Loach che, invitato al Torino Festival per ritirare un riconoscimento prestigioso, ha detto “no grazie, non vengo” in segno di solidarietà nei confronti dei lavoratori degli addetti alle pulizie del Museo del Cinema.
Tutto è nato dall’iniziativa di Federico Altieri, un 38enne precario, che prestava servizio al Museo del Cinema alla Mole Antonelliana per 5,16 euro l’ora ed è stato poi licenziato dalla cooperativa Rear (presieduta da un consigliere regionale del Pd, Mauro Laus) per aver indossato una maglietta con scritto “Adesso sospendeteci tutti”, dopo aver assistito alla cacciata di una collega che aveva protestato per le condizioni di lavoro. Federico ha scritto al regista, il quale si è informato e ha deciso di chiedere alla cooperativa di reintegrare i lavoratori con stipendi adeguati. Sono seguite solo generiche rassicurazioni, ma nulla è stato fatto, così il buon Ken alla fine ha deciso di dire no al Festival. Non solo, ma lo scorso 6 dicembre si è recato personalmente nel capoluogo piemontese al cinema Ambrosio all’incontro con l’Usb dove, seduto accanto allo stesso Federico, ha dichiarato: “E’ bello ricevere un premio. C’è un premio che condividiamo tutti: essere parte di questa lotta”. Alcuni (presunti?) intellettuali di sinistra hanno criticato il suo gesto giudicandolo inutilmente snob. Lui non ha avuto problemi bel rispondere: “Facciano loro qualcosa di utile allora, per esempio un documentario sull’outsourcing”, mostrando una coerenza che in Italia, in una palude politica e sociale che assume i contorni del grottesco, dovrebbe far riflettere e forse vergognare più di qualcuno.
Ignazio Urtubia