Doveva essere un campo nomadi temporaneo, è diventato un quartiere residenziale illegale. Una vicenda tra abusi, omissioni, minacce, sentenze ignorate e un Comune che chiude gli occhi. E manda l’IMU al proprietario.
Ivrea, il quartiere abusivo: 5mila metri quadri occupati e spariti nel nuovo piano regolatore. Strada vicinale Cascine Forneris, Ivrea. Poco distante da via Bollengo, proprio accanto alla pista di atletica. Un terreno privato di oltre 5.000 metri quadri, classificato inizialmente come agricolo, un tempo destinato alla sosta temporanea di alcuni nuclei sinti.
Era l’inizio degli anni 2000. E da allora quel campo è cresciuto. Non più roulotte di passaggio, ma costruzioni stabili. Villette unifamiliari e bifamiliari, caravan fissi, allacci non autorizzati. Un vero e proprio “quartiere” sorto senza permessi, privo di autorizzazioni, in piena violazione delle normative edilizie e urbanistiche. Eppure nessuno, in oltre vent’anni, è riuscito a fermarlo.
Anzi, nel nuovo Piano Regolatore della città, firmato dall’architetto Giancarlo Paglia, quel “quartiere” sparisce. Non esiste. Invisibile sulla carta, ma ben visibile a chiunque passi di lì.
Tutto documentato: relazione ARPA, sentenze, atti
I documenti esistono. Parlano chiaro. A partire dalla relazione del maggio 2000 redatta da due tecnici dell’ARPA, da due dirigenti dell’area tecnica comunale e dal maresciallo Rebesco. Una vera e propria cronaca dell’illegalità urbanistica, con tanto di rilevazioni, fotografie e abusi edilizi elencati uno per uno.
Non solo: il 30 dicembre 2003 arriva anche una sentenza civile che condanna il comportamento del Comune di Ivrea, accusato di “condotta colposa” per aver consentito “una sostanziale espropriazione dei fondi” ai danni del legittimo proprietario.
Nel 2005 è invece il TAR del Piemonte a pronunciarsi: viene ordinata la demolizione degli abusi edilizi. Ma da allora, non è cambiato nulla. O meglio: le costruzioni abusive sono aumentate, mentre il Comune resta fermo.
Il paradosso: demolire gli abusi? Ci pensi il proprietario
Nel 2005, quando arriva la sentenza del TAR, il Comune di Ivrea, invece di intervenire direttamente come da prassi, avrebbe chiesto al proprietario di procedere da solo con la demolizione. Con pala e piccone. A tu per tu con gli occupanti.
Una richiesta surreale, tanto più che quel proprietario era già stato aggredito fisicamente in passato da alcuni sinti insediati sul terreno. Lo stesso Comune che doveva garantire la legalità, si tirava indietro, scaricando le responsabilità su un privato cittadino minacciato.
Un cortocircuito istituzionale in piena regola.
L’IMU al proprietario, non agli abusivi
E mentre l’Amministrazione comunale ignorava le sentenze e rinunciava ad agire, faceva però attenzione a un’altra cosa: inviare accertamenti ICI e IMU al proprietario del terreno.
Fabbricati abusivi, costruiti senza permesso? Poco importa. Per il Comune, la tassa andava comunque pagata. Non dai sinti, veri autori degli abusi, ma dalla famiglia Lesca, legittima proprietaria dell’area.
Un cortocircuito fiscale che diventa beffa.
La variante urbanistica del 2002: il colpo finale
Nel 2002, in piena espansione dell’insediamento abusivo, il Comune approva una variante urbanistica che cambia la destinazione dell’area: da agricola diventa “area a servizi”, ufficialmente per un ampliamento del Campo Nomadi.
Un atto che di fatto rende invendibile il terreno, congelandone qualsiasi possibilità di valorizzazione sul mercato. La famiglia Lesca si trova così prigioniera di un terreno che non può più usare, che non può vendere, ma per cui deve continuare a pagare tasse e gestire contenziosi.
Nel frattempo, l’insediamento continua a crescere. Nessun controllo, nessun abbattimento.
Promesse politiche e rinvii infiniti
In questi vent’anni si sono alternati sindaci, assessori, giunte di sinistra e di destra. Tutti, a parole, hanno promesso di risolvere la questione. Nessuno, nei fatti, ha mosso un dito.
Ogni anno una nuova scusa: mancano i fondi, serve tempo, stiamo valutando. La realtà è che nessuno ha voluto prendersi la responsabilità di intervenire.
E intanto, un’occupazione abusiva si è consolidata. Oggi quel “campo nomadi” è un quartiere consolidato. Abusivo, ma stabile. Invisibile nei documenti, visibilissimo nella realtà.
La giunta Sertoli si arrende: “non ci sono i presupposti”
Nel 2018, la famiglia Lesca riceve una lettera che sembrava aprire uno spiraglio: il Comune valuta la possibilità di acquisire l’area. Ma con la nuova giunta di centrodestra guidata da Stefano Sertoli, tutto si blocca.
Una comunicazione ufficiale informa la famiglia che l’iter avviato non può essere completato: la precedente amministrazione non avrebbe definito tutti i passaggi, e quindi mancano “i presupposti per dimostrare un’espropriazione di pubblica utilità”.
Tradotto: il Comune non intende più acquisire il terreno. E non intende nemmeno intervenire sugli abusi. La resa è ufficiale.
Il nuovo Piano Regolatore “cancella” il quartiere
L’ultima beffa arriva con il nuovo Piano Regolatore, firmato dall’architetto Giancarlo Paglia. In quel documento, l’intero insediamento abusivo non esiste. Nessuna costruzione, nessun allaccio, nessuna presenza.
Un quartiere fantasma, legalmente inesistente. Ma fisicamente presente, abitato, utilizzato. Una rimozione urbanisticache fa comodo a molti.
O l’Amministrazione ha approvato un falso, o ha scelto consapevolmente di ignorare la realtà. In entrambi i casi, siamo davanti a una violazione della trasparenza amministrativa.
Una storia italiana (anzi, eporediese)
La vicenda di strada Cascine Forneris è il simbolo di un’Italia dove gli abusi edilizi diventano normalità, e dove le istituzioni chiudono gli occhi, magari per convenienza politica o per timore di scontri sociali.
Un terreno agricolo trasformato in quartiere residenziale illegale, un Comune che ha favorito di fatto una “espropriazione”, una giustizia che ha parlato invano, e una famiglia che subisce da oltre vent’anni.
Tutto sotto gli occhi di chi dovrebbe controllare. Tutto scritto nero su bianco. Ma nessuno ha mai pagato.
L’aggressione alla troupe giornalistica

A Ivrea, la troupe di Fuori dal Coro è stata aggredita mentre realizzava un servizio sul campo sinti abusivo in strada Cascine Forneris. La giornalista Delia Mauro e il suo team sono stati accerchiati, minacciati e inseguiti da Giovanni Lagaren (in foto), la moglie e i figli. Costretti alla fuga e salvati solo dall’intervento dei carabinieri, hanno sporto denuncia. Il sindaco Chiantore ha espresso solidarietà, ma ha dichiarato di “non conoscere” i Lagaren, scatenando polemiche. Da oltre 22 anni il campo è diventato un quartiere abusivo, mai demolito nonostante sentenze del TAR e della magistratura. Il Comune, invece di intervenire, ha inviato IMU e sanzioni al proprietario legittimo, Giovanni Gaida, morto senza giustizia. Tutto è documentato, ma nel nuovo Piano Regolatore l’insediamento “sparisce”. Un caso emblematico di abusi tollerati e istituzioni immobili.
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