Dieci anni fa, una tragica serie di eventi ebbe inizio con il suicidio di una dottoressa. Ciò portò alla destituzione dal servizio di Alberto Bonvicini, un ispettore di polizia.
Ispettore di Polizia coinvolto in suicidio di una dottoressa da cui ricevette 70mila euro. Un provvedimento che è stato recentemente confermato dai giudici del Tar. I togati hanno respinto il ricorso presentato da Bonvicini per ottenere l’annullamento della destituzione e il suo reintegro.
La vicenda
La storia prende il via il 19 settembre 2014, quando Luisa Bonello, medico molto stimato e attivo nel volontariato cattolico, decide di togliersi la vita con una pistola, una delle tante armi che custodiva in casa. Bonello era nota per aver denunciato casi di pedofilia nella chiesa di Savona e nel 2012 aveva inviato un dossier direttamente a Papa Francesco. Un dossier basato sulle confidenze raccolte da due suoi pazienti.
Le indagini avviate dalla procura si concentrano inizialmente sulla condizione di Bonello, che da tempo soffriva di una grave depressione. Emerse che alcuni individui, compreso il marito e l’ispettore Bonvicini, avrebbero dovuto impedire che la dottoressa avesse accesso alle armi e che alcuni avrebbero persino approfittato di lei economicamente.
L’accusa
Bonvicini fu accusato e condannato in primo grado per circonvenzione di incapace, avendo ricevuto dalla dottoressa una somma di 70 mila euro, e per truffa ai danni dello Stato, relativa a straordinari non svolti. Tuttavia, fu assolto dall’accusa di omicidio colposo. In Appello, i reati contestati caddero in prescrizione, ma le evidenze emerse durante il processo furono sufficienti a convincere la Questura a destituirlo.
Il provvedimento disciplinare emesso dalla Polizia evidenziava come Bonvicini avesse abusato della condizione psichica di Bonello, affetta da gravi disturbi, inducendola a prestargli denaro e non intervenendo per impedire il suo suicidio, nonostante fosse consapevole del suo stato mentale e del possesso di armi. Questo comportamento venne ritenuto inaccettabile per un ufficiale di polizia, il cui ruolo richiede di mantenere una condotta irreprensibile sia in servizio che fuori.
La destituzione di Bonvicini si basò quindi sulla gravità delle sue azioni, che dimostravano un abuso di autorità e fiducia nei confronti di una persona vulnerabile. Una mancanza di senso morale nel ricevere indebitamente compensi non dovuti e la consapevolezza del danno arrecato all’Amministrazione della Pubblica Sicurezza. Questi elementi hanno portato alla conferma della sua inadeguatezza a ricoprire un ruolo così delicato e importante all’interno della Polizia di Stato.