Io non capisco. Giuro. Ma vorrei. In piena bufera “toghe sporche” in cui l’inchiesta di Perugia ha evidenziato, tra l’altro, una esagerata presenza politica in un organo che dovrebbe essere indipendente, accade che l’associazione rappresentativa dei magistrati italiani si comporta come se nulla fosse accaduto. L’elezione di Luca Poniz alla guida dell’Anm, infatti, è frutto di accordi trasversali tra correnti politiche all’interno della stessa Associazione. In un Paese normale qualcuno avrebbe levato una voce per esprimere sdegno verso una pratica diffusa da decenni. Ma l’Italia, si sa, ha abdicato da tempo il ruolo di Paese democratico a quello manetto-ghigliottinaro in salsa “davighiana”. Il motivo e fin troppo semplice: la politica ha paura dei giudici che, ormai da trent’anni, li ha portati alla sbarra relegandoli a venditori di fumo. Null’altro. In un Paese normale qualche onorevole o senatore avrebbe sollevato un dubbio di opportunità e buon senso nel veder salire alla presidenza del sindacato delle toghe uno come Poniz che è già stato vicepresidente della stessa Anm. Un magistrato, un pm, uno che manda in galera persone e appartenente a una corrente politica, quella di Area, la corrente di sinistra dei giudici, rappresentata da Piercamillo Davigo. Insomma, una Anm rimodulata in base ai pesi delle correnti. E, infatti, Giuliano Caputo, confermato segretario, rappresenta l’Unicost (centro); Cesare Bonamartini, vicesegretario in quota Autonomia e indipendenza (M5s); Alessandra Salvadori (Unicost) sarà vicepresidente. Tutto questo è accaduto per le conseguenze dell’inchiesta di Perugia che, con un effetto domino, ha portato a sospensioni e dimissioni dei consiglieri del Csm intercettati mentre discutevano delle nomine dei capi delle procure e a una guerra tra le correnti delle toghe e a un terremoto che ha di fatto squassato l’Anm.
D’altronde l’ex presidente dell’Anm Grasso, dimessosi per le pressioni ricevute, l’aveva già annunciato:“non si coglierà l’occasione per un cambiamento perché il dire di allontanarsi dalle correnti come gruppi di potere e solo centri di elaborazione culturale è un qualcosa che viene declamato ma assolutamente non praticato in questi attimi” in cui “con una sorta di manuale Cencelli si stanno decidendo, immagino, i nomi e le appartenenze dei singoli che parteciperanno alla nuova giunta”.
Tutto nel completo silenzio della politica e della società civile.
di Antonio Del Furbo