L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), ha reso noto il Rapporto di aggiornamento sul terremoto, di magnitudo 6.5, che ha colpito l’Italia centrale il 30 ottobre scorso. Nelle 49 pagine del rapporto sono descritti sia gli studi in corso sia i risultati preliminari basati sui dati dell’evento sismico in questione e sui rapporti tra questo e i precedenti terremoti del 24 agosto e del 26 ottobre.
Nel dettagliato rapporto sono state descritte:
- le analisi dei dati sismologici, con mappe e sezioni verticali attraverso la zona epicentrale;
- i modelli di faglia basati sui dati sismometrici e accelerometrici, sui dati geodetici con le prime indicazioni della distribuzione del movimento di dettaglio delle varie faglie;
- l’impatto del terremoto sul territorio, “visto” dai dati sismici e stimato in base alle Shake maps e alle analisi sul terreno;
- la fagliazione, osservata in superficie in tutta l’area interessata dai terremoti più forti dal 24 agosto al 30 ottobre;
- la stima delle probabilità di accadimento delle future repliche (aftershocks).
Il terremoto
Il sisma di magnitudo M 6.5 avvenne il 30 ottobre del 2016 alle 07:40 e fu localizzato nella zona al confine tra Marche e Umbria. L’epicentro fu individuato tra le province di Macerata, Perugia e Ascoli Piceno, a 7 km da Castelsantangelo Sul Nera, 5 km da Norcia e 17 km da Arquata del Tronto. La prima forte scossa arrivò il 24 agosto 2016, alle ore 3:36 con una magnitudo di 6.0, con epicentro situato lungo la Valle del Tronto, tra i comuni di Accumoli (RI) e Arquata del Tronto (AP). Due potenti repliche avvennero successivamente il 26 ottobre 2016 con epicentri al confine umbro-marchigiano, tra i comuni della provincia di Macerata di Visso, Ussita e Castelsantangelo sul Nera. Quindi quella più forte del 30 ottobre.
L’analisi dell’Ingv: le faglie sono ancora attive
I dati analizzati dall’Ingv fanno emergere che la faglia è ancora attiva e sono “diverse centinaia le repliche che vengono localizzate ogni giorno” sottolinea l’Istituto. “È comunque ormai chiaro che le faglie responsabili dei terremoti sono quelle note in letteratura come faglia del Monte Vettore-Bove, faglie normali (ossia a carattere estensionale) orientate in senso NNW-SSE e immergenti verso ovest. Le faglie si sono attivate per l’intero spessore dello strato sismogenetico, da circa 10 km di profondità fino alla superficie, producendo rotture ben visibili in affioramento, con “rigetti” (ossia scalini) che raggiungono in qualche punto i due metri.”
La faglia
Le rotture osservate in superficie rappresentano la prosecuzione del movimento profondo della faglia, che si è originato intorno agli 8-10 km (l’ipocentro) e si è propagata lateralmente e verso l’alto. “Sia i dati accelerometrici che quelli geodetici” spiega l’Ingv “sono coerenti nell’individuazione delle zone di massimo spostamento della faglia del 30 ottobre, che si colloca tra le precedenti rotture del 24 agosto a sud e del 26 ottobre a nord, interessando principalmente il settore centrale del sistema di faglie e la sua parte più superficiale, dove vengono individuati spostamenti superiori ai 2.5 metri sul piano di faglia. È infatti evidente che lo spostamento lungo i diversi segmenti di faglia attivi in questi mesi non è avvenuto in maniera omogenea, ma ha avuto forti eterogeneità: spostamenti da pochi decimetri a 1-2 metri sul piano della stessa faglia. Questo potrebbe spiegare la complessità della sequenza, con l’attivazione successiva di segmenti di faglia di grandezza diversa e con spostamenti dei due lembi della faglia anche molto diversi. Sono visibili inoltre altre faglie “minori” che si sono mosse durante la sequenza.”
I calcoli
Le analisi, però, non ancora finiscono ed è ancora in corso l’elaborazione di modelli più raffinati per identificare i dettagli di questa geometria e cinematica, confrontando e analizzando congiuntamente tutti i dati disponibili.
Accelerazioni del suolo
Dunque, l’Ingv aggiunge, infine, che dai dati elaborati dal terremoto del 30 ottobre ad Amatrice, dove era stata installata una rete sismica temporanea per effettuare indagini propedeutiche alle attività di microzonazione sismica, viene evidenziato delle forti variazioni delle accelerazioni del suolo a distanze molto brevi, con amplificazioni fino a un fattore 5 rispetto a siti su roccia, dovute principalmente alla struttura geologica superficiale.
“Le analisi proseguono per seguire attentamente l’andamento delle repliche (il cui numero ha ormai superato quota 26000), per una mappatura di dettaglio degli effetti di superficie, per realizzare dei modelli di faglie che riescano a tener conto di tutti gli elementi osservati sul terreno e dal satellite.”
Tre anni dal sisma
A tre anni dal terremoto sono ancora impressi nella memoria di tutti quei tragici momenti di paura. Ingenti i danneggiamenti nel cuore dell’Italia centrale: Norcia in ginocchio in cui venne giù la chiesa di San Benedetto.