Ingiusta detenzione: lo Stato paga 670mila euro a Bruno Contrada
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La Corte Europea dei diritti dell’Uomo nel 2015 condannò l’Italia a risarcire l’ex agente dei servizi segreti. La motivazione fu quella che all’epoca dei fatti a lui contestati (anni ’80) il reato di concorso in associazione mafiosa non era “chiaro, né prevedibile” dunque, fu ingiusta detenzione.

Oggi, la Corte d’Appello di Palermo accoglie la richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione presentata da Bruno Contrada, ex numero due del Sisde, condannato a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. A Contrada, difeso dall’avvocato Stefano Giordano, sono stati liquidati 670mila euro. Con ordinanza depositata il 6 aprile 2020, la Corte d’Appello di Palermo ha liquidato a favore dell’ex 007 Bruno Contrada la somma di 667mila euro a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione patita nel procedimento penale.

I danni umani

“I danni che io, la mia famiglia, la mia storia personale, abbiamo subito sono irreparabili e non c’è risarcimento che valga”, ha commentato oggi subito dopo la sentenza l’ex dirigente generale della polizia di Stato.

L’arresto

Contrada fu arrestato nel Natale 1992 e trascorse 4 anni e mezzo in carcere e 3 anni e mezzo ai domiciliari. Due anni gli sono stati condonati per buona condotta. Da una condanna in primo grado a 10 anni, si passò all’assoluzione in appello. Il colpo di scena avvenne in Cassazione quando l’assoluzione venne annullata con rinvio. Il processo tornò alla corte d’appello di Palermo che, il 25 febbraio del 2006, confermò la condanna a 10 anni. La sentenza divenne definitiva nel 2007. Il funzionario, nel frattempo, aveva subito una lunga custodia cautelare in carcere. Tornò in cella e scontò tutta la pena fino al 2012. Nel 2015 la Corte Europea dei diritti dell’Uomo condannò l’Italia a risarcire il poliziotto, con la motivazione che all’epoca dei fatti a lui contestati (anni ’80), il reato di concorso in associazione mafiosa non era “chiaro, né prevedibile”.

L’avvocato Stefano Giordano ha quindi prima chiesto la revisione, bocciata dalla corte d’appello di Catania, e poi l’incidente di esecuzione alla corte d’appello di Palermo. La corte dichiarò inammissibile il ricorso. Fino alla sentenza della Cassazione.

Corte di Strasburgo: “Contrada non doveva essere condannato”. La giustizia italiana ha distrutto un uomo

La Corte di Strasburgo disse che per quei fatti avvenuti tra il 1979 e il 1988, Contrada “non poteva conoscere nello specifico la pena in cui incorreva per gli atti compiuti”. Insomma, il reato “non era chiaro” e non doveva assolutamente essere condannato. Non solo: non doveva essere nemmeno processato proprio perché la fattispecie di reato in questione è il risultato di un iter giurisprudenziale avviato verso la fine degli anni 80 e consolidato nel 1994: Contrada, incriminato per fatti che risalgono al periodo compreso tra il 1979 e il 1988, non poteva ragionevolmente prevedere di compiere il reato”.

Per questo motivo l’Italia ha violato l’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che dice chiaramente che:“nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che al momento in cui è stata commessa non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale”.

“Un uomo la cui vita è stata devastata da 23 anni, dal 1992 ad oggi: ho subito sofferenza, dolore, umiliazione e devastazione della mia esistenza e della mia famiglia. Si può immaginare ed è intuibile qual è il mio stato d’animo in questo momento” disse Contrada appena appresa la notizia della sentenza.

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