In poco meno di cinquanta minuti d’udienza, Luca Palamara ha ricusato un altro dei componenti della commissione che deve giudicarlo: Piercamillo Davigo. I giudici disciplinari devono decidere se sospenderlo dalle funzioni e dallo stipendio.
Solo alcuni giorni fa Palamara aveva chiesto di allontanare dalla commissione di Palazzo dei Marescialli anche Sebastiano Ardita. I due giudici ricusati si sarebbero già pronunciati in maniera dura sulla vicenda secondo Palamara. A questo punto la commissione ha preso atto delle richieste di Palamara e ha rinviato l’udienza al 9 luglio.
Ardita ha preso il posto di Giuseppe Cascini che si era astenuto perché in passato aveva guidato l’Anm in comune con Palamara. Il punto è che Ardita dovrà essere sostituito da un altro pubblico ministero che, al momento, al Csm non c’è viste le dimissioni arrivate dopo il terremoto delle intercettazioni.
Nell’udienza di oggi è stata recepita la memoria depositata dai suoi legali. “È l’incontro tra la componente laica e quella togata, previsto dalla Costituzione, che nella mia esperienza personale ha esaltato l’incontro tra magistratura e politica. Ho fatto parte di questo sistema condividendone pregi unitamente alla piena consapevolezza dei difetti, dei quali però non posso assumermi da solo tutte le responsabilità”, scrive il magistrato accusato di corruzione. Poi aggiunge: “Errori sicuramente ne sono stati commessi” e rivolge “le scuse più sincere e profonde al Presidente della Repubblica, nella sua qualità di garante supremo dell’autonomia e della indipendenza della intera magistratura”.
Palamara ammette di aver “partecipato a cene ed incontri in occasione delle nomine ed anche in occasione della futura ed imminente nomina del Procuratore di Roma. Ma l’autonomia della scelta del Csm mai e poi mai l’avrei messa in discussione. Per me sono stati da sempre, cioè dal 2007, solo momenti di libera espressione di idee e di opinioni. Durante il periodo consiliare 2014-2018 la mia persona è stata oggetto di interessamenti. Infatti una volta assunta la carica di componente del Csm moltissimi colleghi si sono direttamente o indirettamente relazionati con la mia persona per i più svariati motivi”, scrive il pm. E, ricorda, alcuni precedenti assimilabili agli incontri con Luca Lotti, Cosimo Ferri e cinque consiglieri del Csm. “In tali occasioni è tranquillamente capitato: che un Procuratore della Repubblica venisse a cena con me per parlarmi delle future nomine riguardanti i Procuratori aggiunti; che un collega del mio ufficio mi venisse a cercare per perorare la sua nomina a Procuratore Aggiunto; che un consigliere uscente si volesse confrontare con me sulle più importanti scelte consiliari da effettuare”. Alla fine ammette: “Errori sicuramente ne sono stati commessi e su questo ha sicuramente inciso la sfrenata corsa al carrierismo conseguente all’abolizione del criterio della anzianità e all’abbassamento dell’età pensionabile a 70 anni nonché la gerarchizzazione degli uffici requirenti che ha aumentato ruolo e poteri del Procuratore della Repubblica anche nel rapporto con la Polizia Giudiziaria”.