Una vicenda, quella dell’inchiesta sulla Fondazione Open di Matteo Renzi, che segna un punto molto importante nei rapporti tra politica e magistratura. E in cui quest’ultima ne esce abbastanza ammaccata.
Matteo Renzi e altri dieci sono stati rinviati a giudizio dalla Procura di Firenze. L’inchiesta riguarda le presunte irregolarità nei finanziamenti a Open, la fondazione renziana nata per sostenere le iniziative politiche dell’ex presidente del Consiglio.
Appresa la notizia l’ex premier scrive: “È stata fissata l’udienza preliminare per il processo OPEN che si terrà il giorno 4 aprile. Si tratta di un atto scontato e ampiamente atteso che arriva ad anni di distanza dai sequestri del novembre 2019 poi giudicati illegittimi dalla Corte di Cassazione”.
Poi, prosegue Renzi, “Finalmente inizia il processo nelle aule e non solo sui media. E i cittadini potranno adesso rendersi conto di quanto sia fragile la contestazione dell’accusa e di quanto siano scandalosi i metodi utilizzati dalla procura di Firenze“.
Insomma, dopo tanto clamore mediatico, sulla vicenda Open si passa ai fatti.
E si comincia a dibattere nella sede opportuna dopo anni di fango mediatico. In un clima, è bene ricordarlo, di completo imbarazzo per l’intera magistratura italiana. E su cui gran parte della stampa non ha osato mettere bocca. Ad esempio sul caso – ormai noto – Palamara. Desta ancor più preoccupazione, però, il silenzio politico e quello del numero uno del Consiglio superiore della magistratura, Sergio Mattarella. L’augurio che ci facciamo da italiani onesti è che prima o poi si faccia chiarezza sulle tante zone d’ombra della magistratura italiana.
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Tema interessante da affrontare è quello che riguarda il comportamento dell’Associazione nazionale dei magistrati che sembra aver perso la parola in questi ultimi anni. In concomitanza con le rivelazioni di Palamara. E oggi, dopo un lungo sonno, si risveglia per attaccare ancora una volta la politica.
Le dichiarazioni dell’Anm
“Le parole del senatore della Repubblica Matteo Renzi, pronunciate non appena ha appreso della richiesta di rinvio a giudizio per la vicenda Open, travalicano i confini della legittima critica e mirano a delegittimare agli occhi della pubblica opinione i magistrati che si occupano del procedimento a suo carico”, scrive la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione magistrati. E, osservano, che “i pubblici ministeri che hanno chiesto il processo nei suoi confronti sono stati tacciati di non aver la necessaria credibilità personale in ragione di vicende, peraltro oggetto di accertamenti non definitivi o ancora tutte da verificare, che nulla hanno a che fare con il merito dei fatti che gli sono contestati. Hanno adempiuto il loro dovere, hanno formulato una ipotesi di accusa che dovrà essere vagliata, nel rispetto delle garanzie della difesa, entro il processo, e non è tollerabile che siano screditati sul piano personale soltanto per aver esercitato il loro ruolo”.
Secondo l’Anm, “questi inaccettabili comportamenti, specie quando tenuti da chi riveste importanti incarichi istituzionali, offendono i singoli magistrati e la funzione giudiziaria nel suo complesso, concorrendo ad appannarne ingiustamente l’immagine di assoluta imparzialità, indispensabile alla vita democratica del Paese”.
L’Anm, dunque, non capisce – o fa finta di non capire – che è proprio la magistratura che si è auto delegittimata. Ha fatto tutto da sola. Ma oggi l’Associazione, stranamente, torna a farsi sentire.
“L’Anm dice che è intollerabile quello che ho detto sui magistrati? La mia vita è stata pubblicata in pasto sui giornali nel silenzio dell’Anm. La mia vita è stata scardinata con un dolore personale e familiare di cui non parlo. Mi auguro che nessuno viva quello che ha vissuto la mia famiglia – dice Matteo Renzi – La magistratura è stata screditata non da quello che ha detto Renzi ma quello che ha fatto Creazzo”.
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E ancora. “Sono innocente e spero che lo siano anche i giudici. Non sono degno di essere accostato a Enzo Tortora, che ha subito sulla sua pelle le conseguenze dell’ingiustizia e di una assurda campagna di odio”, chiarisce l’ex premier prima di dirsi certo che “questa vicenda finirà con un buco nell’acqua”. I magistrati fiorentini che lo accusano, sostiene, “hanno violato la legge e la Costituzione”.
Il leader di Italia viva ricorda quindi la denuncia penale nei loro confronti firmata ieri: “Chiedo giustizia e la otterrò. Non è un fallo di reazione ma una battaglia giuridica. I magistrati dell’inchiesta Open hanno sbagliato persona, io non ho paura. Sono una persona libera, non ho paura di dire che quella cosa è ingiusta. Non me ne importa nulla del consenso e dei sondaggi. Mi interessa la verità e la giustizia. Sono cascati male, se c’è uno che non si tira indietro sono io. Basta buonismo, ora reagisco”.
Alla fine, Renzi annuncia: “Il 5 aprile, dopo la sentenza del Gup perché io rispetto la legge, pubblico un libro su ciò che è accaduto in Italia, le violazione di legge, le stranezze, perché è bene lasciare traccia di tutto – conclude parlando ai microfoni di Radio Leopolda – Io mantengo il sorriso ma rispondo colpo su colpo”.
Chi sono i magistrati che accusano Matteo Renzi?
A ricordarlo è proprio il leader di Italia Viva.
“È utile ricordare a questo proposito che la richiesta è stata firmata dal Procuratore Creazzo, sanzionato per molestie sessuali dal CSM; dal Procuratore Aggiunto Turco, che volle l’arresto dei genitori di Renzi poi annullato dal Tribunale della Libertà e dal Procuratore Nastasi, accusato da un ufficiale dell’Arma dei Carabinieri di aver inquinato la scena criminis nell’ambito della morte del dirigente MPS David Rossi. Questi sono gli accusatori”.
Il senatore Renzi nelle scorse settimane aveva chiesto di essere interrogato dopo che i PM avessero risposto alle istanze della difesa. Tali risposte non sono mai arrivate. Matteo Renzi ha provveduto a firmare una formale denuncia penale nei confronti dei magistrati Creazzo, Turco, Nastasi. L’atto firmato dal senatore sarà trasmesso alla Procura di Genova, competente sui colleghi fiorentini, per violazione dell’articolo 68 Costituzione, della legge 140/2003 e dell’articolo 323 del codice penale.
Renzi ha chiesto di essere ascoltato dai PM genovesi riservandosi di produrre materiale atto a corroborare la denuncia penale contro Creazzo, Turco, Nastasi.
Come abbiamo riportato, sui tre giudici ci sono ombre di cui la stessa Anm ha parlato.
Giuseppe Creazzo è il capo della Procura della Repubblica di Firenze, l’ufficio che ha chiesto il provvedimento di custodia cautelare ai danni dei genitori di Matteo Renzi. Creazzo fa parte della corrente centrista delle toghe Unicost ed è protagonista di un’importante carriera tra Reggio Calabria, ministero della Giustizia, Palmi e, appunto, Firenze.
A lavorare con lui all’inchiesta su Tiziano Renzi e Laura Bovoli, è Luca Turco. Ed è proprio lui il titolare del fascicolo che riguarda le ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta e di false fatturazioni. Turco è nato a Pisa il 24 dicembre 1954 ed è considerato un magistrato d’azione ed eletto nella giunta regionale toscana dell’Anm nel 2005, tra le fila della lista di Magistratura Democratica. Creazzo si era occupato della vicenda delle spese della Provincia di Firenze ai tempi in cui Matteo Renzi ne era il presidente. Vicenda poi chiusasi con l’archiviazione.
L’inchiesta sull’ospedale di Careggi
I nomi dei due giudici finiscono in un’inchiesta che coinvolge il Careggi. All’epoca fu presentato un esposto alla procura di Genova sul concorso per la direzione della chirurgia maxillo facciale, bandito nel 2014 e vinto due anni più tardi da Giuseppe Spinelli. Nella denuncia veniva fatto il riferimento anche a un magistrato del distretto toscano. E così i finanzieri di Genova si presentarono al Careggi con un decreto di esibizione per acquisire la documentazione relativa al concorso di maxillo-facciale e agli interventi effettuati dal chirurgo Spinelli. Nel dicembre 2014 ci furono colloqui con gli aspiranti primari e Spinelli era arrivato primo. Alcuni dei candidati avevano però contestato i risultati ritenendo che il chirurgo di Careggi avesse riportato un numero di interventi inferiore a quello reale. Nel novembre 2015 l’inchiesta penale fu archiviata e nel 2016 Spinelli fu chiamato a ricoprire l’incarico.
L’esposto-denuncia a Creazzo e Turco
E nell’esposto-denuncia sono finiti proprio il capo della Procura di Firenze Giuseppe Creazzo e il pubblico ministero Luca Turco. Le accuse ipotizzate furono omissione di atti d’ufficio, falso ideologico, concussione e omessa denuncia. In sostanza la procura sarebbe stata colpevole di aver archiviato due diversi esposti, come detto entrambi archiviati, che contestavano il curriculum e la condotta di Spinelli. Il terzo esposto, presentato alla Procura di Genova, metterebbe nel mirino la gestione delle inchieste sui presunti concorsi truccati da parte della Procura di Firenze. Come ha riportato Il Fatto, sotto accusa, oltre alle “condotte di Creazzo e Turco”, ci sarebbe anche “il ruolo di un ufficiale della Finanza e di Tommaso Coletta, il pm titolare dell’inchiesta che pochi mesi fa ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 16 medici (8 docenti universitari sono stati interdetti, ndr), con l’accusa di aver turbato le procedure concorsuali”.
La Finanza in Procura
La mattina dell’8 maggio scorso i finanzieri del Gico acquisirono i documenti dell’inchiesta sui colleghi fiorentini Creazzo e Turco.
Il dettaglio dell’esposto
L’ipotesi di reato rilevava che le indagini non vennero svolte in maniera adeguata. Non furono accolte, in alcuni casi, le richieste di intercettazioni della polizia giudiziaria, come nel caso dell’ultima inchiesta su Careggi, coordinata dal pm Tommaso Coletta, che a febbraio ha portato all’emissione di otto misure interdittive.
Le indagini nel mirino dell’esposto
Nel gennaio 2015 un avvocato presentò una segnalazione all’azienda ospedaliera per conto di un cliente anonimo denunciando delle irregolarità del curriculum di Spinelli. I vertici di Careggi, dopo aver aperto un’inchiesta interna, trasmisero il fascicolo alla Procura. L’inchiesta venne condotta dal pm Luigi Bocciolini e si concluse con un’archiviazione. Nell’aprile 2016 un nuovo esposto anonimo aveva chiesto altre indagini su quel concorso ma quando il pm Luca Turco chiese di visionare il fascicolo vecchio quelle carte sembravano essere sparite.
In realtà, si ricostruì dopo, era stato un finanziere in servizio alla Procura ad avere acquisito il fascicolo per tentare di far ripartire autonomamente le indagini dopo aver ricevuto notizie nuove da una “fonte confidenziale”. Quel finanziere finirà indagato per abuso d’ufficio. Insieme a lui anche l’avvocato che aveva firmato il primo esposto e il cliente anonimo che, si scoprirà poi, era l’autore del secondo esposto, un medico specializzando. Anche questo fascicolo si chiuderà con un’archiviazione.
L’affaire nomine
Nel periodo caldo dell’inchiesta su Palamara, viene fuori, nuovamente, il nome di Creazzo. Erano giorni, infatti, in cui si giocava la partita per la nomina del nuovo procuratore di Roma e i giudici di Genova indagavano sui magistrati di Firenze: il procuratore Giuseppe Creazzo e il procuratore generale Marcello Viola entrambi candidati al posto nella Capitale
Le carte in dettaglio
A fine gennaio, depositate le candidature al Csm, comincia il gioco. A marzo arriva a Perugia l’esposto del pm romano Stefano Fava sul presunto conflitto d’interessi di Pignatone e del procuratore aggiunto Paolo Ielo nella gestione di un’indagine per corruzione, su indagati che avevano rapporti professionali con i loro fratelli. Al tempo stesso da Firenze parte un altro esposto, destinazione Genova. Slegato dal primo, ma con significative analogie: tempistica, profilo dell’autore, bersagli, condotta contestata. Circostanze che la Procura ligure ha valutato con nuove lenti, dopo la diffusione dei primi atti dell’inchiesta di Perugia che ha svelato le trame sulle nomine. Il dossier arrivato da Firenze è “indubbiamente argomentato”, per citare una qualificata fonte giudiziaria.
L’esposto accusa Creazzo di comportamenti anomali, adombrando l’ipotesi d’un raffreddamento di delicate inchieste per inconfessabili motivazioni personali. La Procura genovese apre un fascicolo come già detto.
La sorella del magistrato
La seconda vicenda riguarda un’altra inchiesta a sfondo sanitario e prende di mira pure Luca Turco, decano della Procura fiorentina, braccio destro di Creazzo. La contesa nasce dal dissenso rispetto alla strategia investigativa della Procura. I cui vertici, secondo gli esposti, avrebbero “limitato” alcune attività investigative più invasive (intercettazioni) non dando seguito alle richieste della polizia giudiziaria. Ciò al fine di tutelare la sorella di Turco, manager di peso nella sanità toscana. Uno degli accusatori di Creazzo e Turco è un maresciallo della Finanza, che già in passato aveva interloquito con in pm con disinvoltura portata all’ attenzione anche dei suoi superiori.
La morte di David Rossi e la telefonata del pm Nastasi
La notte della morte di David Rossi, il pm Antonino Nastasi rispose ad una telefonata della parlamentare Daniela Santanchè, arrivata proprio sul cellulare dell’allora manager della comunicazione della Banca Monte dei Paschi di Siena. A riferirlo fu in audizione in commissione d’inchiesta parlamentare il colonnello Pasquale Aglieco, all’epoca dei fatti comandante provinciale di Siena. Otto anni dopo la morte di Rossi, emerge che Aglieco poco dopo la tragedia era nell’ufficio del manager, insieme al pubblico ministero Nastasi. E non sapeva che un suo carabiniere aveva consegnato al fratello di David il portafoglio del manager, senza procedere al sequestro e a una eventuale analisi.
La telefonata
Nastasi rispose mentre era nell’ufficio di David Rossi. Luca Migliorino, parlamentare del Movimento 5 Stelle, ha chiesto ad Aglieco se il telefono di David Rossi aveva squillato mentre lui e il pm erano all’interno dell’ufficio. Aglieco riferisce che arrivarono due chiamate, una del giornalista di Tommaso Strambi e un’altra della parlamentare Daniela Santanchè. Rispetto alla prima i suoi ricordi sono stati “inquinati” dal fatto che ha ascoltato l’audizione di Strambi che proprio davanti la commissione ha raccontato che provò a chiamare Rossi.