Stefano Feltri, evidentemente, è rimasto un po’ “scioccato” per l’attenzione suscitata rispetto alla sua partecipazione, per la prima volta, alla riunione annuale del gruppo Bilderberg. E l’ha talmente presa male che, addirittura, si è lanciato in un articolo proprio sul suo giornale che, da sempre, ha visto il Gruppo come il male assoluto.
“Da qualche ora ricevo complimenti o richieste di chiarimento perché sono stato invitato alla annuale riunione del gruppo Bilderberg, in Svizzera, come hanno riportato alcuni siti” scrive il vicedirettore. “Ai chiarimenti precisa– rispondo in maniera sintetica e poi argomentata. Versione sintetica: faccio il giornalista, quindi sono curioso, mi interessa partecipare a un evento di cui tanto si discute e che riunisce personalità che qualunque giornalista vorrebbe avvicinare”.
Feltri, comunque, è in ottima compagnia visto che parteciperà alla 67ma riunione del Bilderberg, a Montreux in Svizzera, insieme a Lilli Gruber e Matteo Renzi.
Ad anticipare qualche simpatia di Feltri nei confronti del Gruppo fu il sito Dagospia che, spiega Feltri, “aveva lanciato una incomprensibile campagna nei miei confronti usando come insulto il fatto che io sarei stato in qualche modo legato al Bilderberg”. E, a quanto pare, non aveva tutti i torti il giornale di Roberto D’Agostino visto che, proprio come spiega il vicedirettore, “semplicemente collaboravo con Otto e Mezzo di Lilli Gruber la quale ha partecipato a diverse riunioni del gruppo ed è uno dei membri dello steering committee, una specie di comitato organizzatore degli eventi.” Dagospia raccontò di una cena romana del Bilderberg in cui sarebbe stato pianificato l’uscita dell’Italia dall’euro o qualche altro piano sulfureo. Feltri però scrisse, proprio sul Fatto, che in realtà si trattò di una cena di poco conto. Versione molto strana visto che a quella cena parteciparono pezzi grossi del capitalismo italiano, dal presidente di Cir Rodolfo De Benedetti, cui il padre Carlo trasferì il controllo sul gruppo di famiglia, all’amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel.
“Ci voleva l’incredibile articolo di Stefano Feltri sul Fatto per liquidare a livello di scampagnata la riunione del club Bilderberg a Roma, svelata da Dagospia” commentò il blog all’epoca. E poi rincarò la dose con una domanda:“Sarà stato condizionato dalle vibrazioni della sua collaborazione con La7 e la Gruber, neo adepta del club, compaesana di Bernabè, organizzatore dell’incontro?”.
E Feltri ha una spiegazione anche per questo:“La ragione è ovvia: molti dei partecipanti non sarebbero liberi di esprimere opinioni e idee in modo aperto se tutto fosse in streaming o pubblico perché le loro parole sarebbero attribuite anche alla istituzione o azienda di appartenenza. L’unico scopo vero di questi eventi – nati durante la Guerra Fredda come occasioni di incontro tra leader del mondo occidentale – è proprio creare un contesto di dibattito franco e aperto, proprio in quanto non istituzionale.”
È il direttorissimo Marco Travaglio lo sa che il suo vice ha dato notizia di un gruppo, quello del Bilderberg, come di una “cena elegante” tra amici che si raccontano di come va il mondo? Dovrà fare un gran lavoro di ripulitura di articoli complottisti dal suo giornale visto che il Bilderberg non è pericoloso come si dice. Dovrà, ad esempio, rimuovere l’articolo di Carlo Tecce del 3 giugno 2012 dal titolo “Bilderberg: da Ciampi/Prodi nel 1987 alle decisioni su Grecia e Spagna”. Un articolo che già nell’intro sparge terrore:“Se volete provare il brivido che esista un ordine mondiale di massoni senza grembiuli o illuminati senza novizi dovete incrociare il calendario. Una data, una città, un’epoca. Il 14 maggio 2009, Nafsika Palace, elicotteri, guardacoste e cacciabombardieri sorvegliano Atene. Chi supera la trincea di seicento manganelli e poliziotti viene automaticamente arrestato. Nessuno rischia. Il cinque stelle con ristorante panoramico è il covo greco di Bilderberg.”
Claudio Messora in un articolo sul Fatto del novembre 2011 scriveva:“vi sono certamente delle spinte che tengono a riorganizzare il tessuto sociale per favorire l’ascesa di alcuni interessi a discapito di altri. Quando questi stimoli si organizzano in maniera trasparente e condivisa parliamo di politica. Quando si organizzano lontano dai riflettori, realizzano un sistema dentro al sistema che genera interrogativi e proietta ombre talvolta inquietanti. Su questo, perlomeno, mi pare non ci si possa dividere”. Quindi la domanda:“visto che Mario Monti, oltre che valente economista, è anche un uomo Commissione Trilaterale, Goldman Sachs e Bilderberg, esattamente come Lucas Papademos che guarda caso si è insediato ad Atene nello stesso identico momento in cui i governi di Italia e di Grecia cadevano simultaneamente, e visto che Milano Finanza riporta che Goldman Sachs sarebbe all’origine dell’ondata di speculazione che ha aggredito i titoli di stato italiani, dichiarando nel contempo in un comunicato stampa che le ‘elezioni sono lo scenario peggiore per i mercati’ (sui quali influiscono grazie al cosiddetto ‘parco buoi’) e che ci vuole un ‘governo tecnico per abbassare lo spread’, è lecito per un cittadino chiedersi quali e quanti di questi accordi siano stati presi sotto al tavolo?”
Ecco, noi vorremmo che alla domanda rispondesse Feltri che, come spiega a fine articolo, è impegnato “a completare i piani per piegare l’eroica resistenza dei terrapiattisti, rovesciare un paio di governi in Sud America ma non prima di aver gestito qualche dettaglio con i rettiliani…”.
Non ci resta che attendere un bel reportage sull’evento dal vicedirettore. E attendiamo anche la rimozione o rettifica degli articoli da parte di Travaglio: non vorremmo mai pensare che certi fatti siano stati riportati per colpire con complottismi vari i governi Monti, Renzi e Berlusconi.