Finalmente ci siamo. Finalmente è finita. Quasi. I protagonisti del nulla hanno chiuso il libro dei sogni e si preparano a vedere che effetto produrranno lunedì mattina le frottole che hanno raccontato per un mese ai cittadini abruzzesi.
Hanno promesso di tutto: dalla Tav sulla linea Pescara-Roma passando per L’Aquila, ai posti di lavoro e sviluppo del turismo, passando per il Santuario di San Gabriele.
di Antonio Del Furbo
“Sappiamo bene che i programmi straripano tutti di promesse – ha detto la candidata grillina Sara Marcozzi – la differenza tra un programma e l’altro è nella credibilità che una forza politica ha dimostrato nel passato. Mentre gli altri candidati propagandano le solite parole, noi affrontiamo temi concreti che abbiamo già affrontato nei passati 5 anni in consiglio regionale: Lavoro, Sanità, Trasporti, Agricoltura, Cultura e Turismo”. E, infatti, a leggere il programma dei 5 stelle c’è da scompisciarsi dalle risate. Al netto di Di Maio che sostiene che il “buco della Tav va fatto in Abruzzo” (che già fa ridere così, ma lui si sa, è un fuoriclasse della cazzata) c’è, sul piatto, anche il famosissimo (si fa per dire) “Piano Marshall per il lavoro” che può essere fatto, si legge su tutte le testate e a reti unificate, (e senza che un giornalista chieda come sia possibile realizzarlo) con “un’operazione che può trovare sostentamento grazie al POR FESR Abruzzo con il 28.08% della sua dotazione finanziaria dedicata all’Asse Competitività del sistema produttivo.” Dunque, il cosiddetto Piano Marshall (dei poveri aggiungo io) se partisse si baserebbe sugli incentivi europei e, contestualmente, sulla proposta di “un piano integrato sull’innovazione che abbia l’obiettivo di aiutare le PMI“. Insomma, una sorta di incentivi per Industria 4.0, già fatto dal governo Renzi e, in particolare, da Carlo Calenda, miscelato con il solito aiutino europeo. Un’idea, tra l’altro, lanciata anche dal buon vecchio Silvio arrivato a Pescara per dire che darà “una fiscalità premiale per le aziende che torneranno” e che darà “una fiscalità di aiuto per chi vuole cominciare qui. E poi qui ci sono i pedaggi più alti d’Italia, che ridurremo”.
Capite che “l’allieva” di Legnini arriva con circa vent’anni di ritardo nel proporre certe questioni?
Ecco, appunto Legnini. Dice, vabbè allora uno ascolta Giovanni Legnini e, forse, trova qualche motivo per votarlo. Macché. Legnini è un candidato che promette discontinuità con la passata amministrazione (quella Dalfonsiana per intenderci) ma, evidentemente, non si è accorto che tutti gli uomini “dell’uomo solo al comando”, Luciano D’Alfonso, hanno trovato (tutti) un posto nelle otto liste che lo appoggiano. E Legnini stupisce (non poco) quando dice bugie perché, giusto per rammentarlo ai distratti, è stato vicepresidente del Csm e, quindi, le bugie (almeno quelle grosse) non dovrebbe dirle. L’ex assessore regionale Donato Di Matteo (giusto per citarne uno a caso) si è unito ufficialmente alla coalizione #iostoconlegnini promettendo, anche lui a modo suo, discontinuità con il passato, ovvero con D’Alfonso. “Voglio ricominciare dal popolo che, a differenza di altri, non mi ha mai scaricato” ha annunciato quasi in lacrime big Matteo. Poi, in un’esplosione d’amore ha aggiunto:“La gente viene con noi perché ci vuole bene, non per farsi un selfie. Alla presentazione delle quattro liste provinciali, che avverrà tra poco, riempiremo Pescara di gente che sorride. Per noi non basterà la sede elettorale, ci vorrà lo stadio. Ci seguono in tanti perché siamo un segno di discontinuità ed esprimiamo un movimento civico”. Peccato che nessuno stadio è stato riempito e nessuno ha sorriso visto il dramma che gli abruzzesi sono costretti a vivere riguardo il lavoro e lo stato dei servizi in generale. Oltre a Di Matteo ci sono, come abbiamo già ricordato, tanti altri “potenti e riciclati” che ruotano nella galassia centrosinistra. C’è Giorgio D’Ambrosio esponente di spicco del Pd abruzzese. È stato parlamentare, sindaco di Pianella, presidente dell’Ato, segretario regionale dello Psi, consigliere comunale decaduto per effetto della legge Severino dopo una condanna per peculato, presidente della Ecologica srl. Nel 2012 venne coinvolto come indagato in un’inchiesta sulla presunta compravendita di esami presso l’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio”. La Procura della Repubblica ritenne che D’Ambrosio comprò la laurea in Economia a Management con l’aiuto del professore Panzone, professore in seguito arrestato per corruzione e falso ideologio il 5 marzo 2014. C’è Giovanni D’Amico, ex assessore della giunta Del Turco. C’è Gianni Melilla eletto deputato nell’XI Legislatura nel 1992; nel 1995 è eletto consigliere regionale dell’Abruzzo e rieletto nel 2000 e nel 2005.
Poi c’è lui, Marco Marsilio, il romano che mangia arrosticini a colazione per purificare lo spirito. Lanciato in Abruzzo direttamente dai tavoli romano-milanesi, Marsilio punta molto sul ruolo dell’Abruzzo e sul rilancio delle infrastrutture. Ma punta anche su qualche cena particolare come quella con Guglielmo Boschetti, faccendiere molto discreto, che si aggira negli ambienti politici. Marsilio rappresenta, diciamoci la verità, l’uomo del potere, quello calato dall’alto per rappresentare non si capisce bene quali interessi politici per il nazionale. “Credo che Marco Marsilio con la sua esperienza e la sua capacità sia in grado di dare una svolta all’Abruzzo e credo che dentro questa coalizione la Lega sarà l’anima vincente e trainante” ha detto Gianni Alemanno in occasione della venuta in Abruzzo. Alemanno, si sa, conosce bene Marsilio anche per via degli inghippi passati riguardo la sua giunta romana. All’apoca balzò agli onori della cronaca il nome Stefania Fois, compagna di Marsilio e fedelissima della corrente dei “gabbiani” di Fabio Rampelli. Il suo nome rimbalzò nell’inchiesta della parentopoli dell’Atac. Fois fu assunta dall’amministratore delegato Adalberto Bertucci il 26 febbraio del 2010. Costo complessivo dell’operazione 769.272 euro di cui 210 per oneri sociali e trattamento di fine rapporto. Marsilio, comunque, è molto legato ad alcuni personaggi in Fratelli d’Italia con in comune nostalgie del passato. Il capo indiscusso di Fdi sembrerebbe proprio Fabio Rampelli, signore delle tessere a Roma e dintorni. Un tempo amico di Alemanno e Storace, Rampelli (che ha militato prima nel Fronte della Gioventù e poi nell’Msi) insieme a Marco Marsilio ha creato una macchina da guerra, la corrente dei “gabbiani”, che nel Lazio controlla, secondo stime prudenziali, circa 30-35 mila voti.
Dunque, chi tra i tre candidati alla corsa a presidente di Regione Abruzzo sarebbe in grado di affrontare il grande tema della Sanità (senza slogan)? Chi dei tre sarebbe in grado di risolvere il problema dell’infiltrazione criminale in Abruzzo? Diciamo che il problema grosso è la Sanità, un settore su cui ben due presidenti hanno provato a metterci le mani ma che si sono scottati. E tanto. Il primo fu Ottaviano Del Turco che dopo due anni è stato spedito per 15 giorni in isolamento manco fosse stato un killer con decine di ergastoli alle spalle. L’altro fu Gianni Chiodi, per un presunto ricatto nei confronti del colosso sanitario privato. Come se salvaguardare interessi pubblici fosse un ricatto.
Non è che della sanità privata si parla poco perché chi ha le cliniche private possiede anche Tv e giornali, perennemente utilizzati da tutti gli esponenti (in primis 5 stelle) per fare passarelle?