Il potere, si sa, si circonda sempre d’incapaci e di signorsì. E non potrebbe essere diversamente in quanto, proprio quel potere, per sopravvivere ha bisogno di personaggi che ne sappiano meno del leader.
di Antonio Del Furbo
Non bisogna, dunque, dimenticare, specie in queste ore di processi sommari, che in realtà Di Maio ha solo una ridotta responsabilità su ciò che è accaduto. Fa quasi tenerezza, quindi, uno come Gianluigi Paragone (ex direttore de La Padania in quota Lega, ex vicedirettore di Raidue in quota Lega, ex conduttore di La7), graziato dai 5 stelle, quando punta orgogliosamente il dito verso un leader al tramonto. Il problema, come sa perfettamente il giornalista-senatore, è da tutt’altra parte.
È, ad esempio, dalla parte di quelli che hanno in mano la comunicazione (vedi Casalino) che decidono i rappresentanti da mandare nei talk. È, ad esempio, nei nomi del giglio magico selezionati solo in base alla fedeltà e all’amicizia. Ricordiamo volentieri una delle ultime new entry nel triangolo del potere di Di Maio, giovanissimo avvocato di Acerra, comune a pochi chilometri da Pomigliano D’Arco: Enrico Esposito che con il vicepremier ha condiviso la passione per la politica ai tempi della facoltà di Giurisprudenza all’Università Federico II di Napoli. Poi c’è Dario De Falco, uno dei fondatori del M5s a Pomigliano D’Arco e piazzato nel cuore di Palazzo Chigi per controllare le attività riferibili al ruolo di vicepremier.
E sempre da Pomigliano è arrivata Valeria Ciarambino, indicata come referente per le elezioni politiche del comitato elettorale di Di Maio in Campania. Da Pomigliano sarebbero arrivati anche due carabinieri assegnati dall’Ufficio Centrale Interforze per la sicurezza personale, quello che si occupa dell’assegnazione delle scorte per tutti i soggetti ritenuti a rischio. Dall’ex feudo rosso è arrivata Assia Montanino, la 26 enne scelta da Di Maio come segretaria particolare con un contratto da 70mila euro l’anno. Pur non avendo esperienze nella Pubblica amministrazione e un curriculum scarno. Montanino è anche la compagna di Salvatore Barca, originario di Volla, che ricopre l’incarico di capo della segreteria al Mise. Per il ruolo di capo dell’ufficio stampa il ministro ha scelto Luigi Falco, una vecchia conoscenza del giornalismo campano.
“Il problema non è Luigi ma coloro che gli stanno intorno”.
A pensarla così anche Andrea Colletti, deputato del M5S. “Un leader politico si deve circondare di persone migliori di lui, non solo di fedelissimi, lecchini e yes-men” aggiunge il deputato. E spiega:”Gli errori sono stati tanti. In primis da chi lo ha consigliato e/o aiutato nelle trattative del Contratto di Governo. I suoi “consiglieri” erano troppo abbagliati dalla possibilità di diventare Ministri, Sottosegretari o Capi di Gabinetto per poterlo consigliare al meglio.
Per non parlare delle successive votazioni delle persone da inserire al CSM dove abbiamo, con i nostri voti, fatto eleggere il Responsabile Giustizia del PD a capo dell’organo di autogoverno. Per non parlare delle nomine Rai, che doveva essere liberata dai partiti, ed invece, in parte è stata occupata dalla Lega (basti vedere il Tg2 che è TeleSalvini).”
Un’attività parlamentare totalmente bloccata perché tutto deve passare dai Ministeri. “Ma i ministeri -precisa Colletti- bloccano tutto perché non sono abbastanza solleciti, o competenti, nel poter dare le risposte. I dirigenti del Gruppo Parlamentare non fanno nulla per migliorare l’attività legislativa del Movimento 5 stelle e, giustamente, dovrebbero essere loro, in verità, a rassegnare le dimissioni magari per mettere gente più competente, più efficiente e che riesca a guardare in là del proprio naso. Abbiamo una comunicazione totalmente deficitaria. Non dobbiamo inseguire la comunicazione da terza elementare di Salvini ma dobbiamo puntare sulla qualità, delle persone, dei provvedimenti e, quindi, della comunicazione.”
Però c’è un problema grosso come una casa anche nei territori.
“Sono stati fatti dei capetti nei territori non eletti da nessuno che, invece di coordinare al meglio l’attività ed aiutare i gruppi locali, hanno preferito farsi la corte (dei miracoli) interna. I gruppi locali, colpa anche dell’utilizzo esclusivo di Rousseau, sono allo sbando e, quello che manca, rispetto al passato, sono tutti quegli attivisti che erano l’anima del Movimento. La rete è fondamentale ma i territori lo sono di più. E loro meritano delle risposte. Se vogliamo ripartire ed andare avanti, ed ovviamente ne abbiamo tutte le possibilità, dobbiamo tornare a quello che eravamo prima. Un mix incredibile di rete e territorio. Un mix che ci ha portato ai risultati del 2018.”
Chissà se i capetti, i leccatori seriali e gli opportunisti avranno la dignità di farsi da parte. Dubito.