Si sono incontrati, abbracciati, dati pacche sulle spalle e, per poco, non si sono dati anche un bel bacio in bocca. Sono loro, gli uomini senz’anima, quelli che hanno abdicato il patto serio della dignità con la loro coscienza.
Si sono tanto odiati, certo, ma oggi hanno trasformato quell’odio in amore. Hanno trasformato quelle bocche sudicie di volgari offese in piatto elettorale per negoziare poltrone. Oggi, vendono in piatti fumanti d’interessi, la loro rivoluzione agli stolti, al popolo che, per anni, è stato aizzato contro la casta e, contemporaneamente, contro il sovranismo pentastellato. Oggi tutto è finito, tutto è risolto. E l’Italia torna a essere quel Paese florido, giovane e sorridente che prima non era. Brutta cosa il potere. Brutta cosa la politica fatta per interessi.
Tutto riparte dall’Umbria, da quella regione in cui si inaugura il nuovo patto di sangue in salsa comica tra i burattini dei poteri che contano davvero. Nicola Zingaretti, Luigi Di Maio, Roberto Speranza e Giuseppe Conte. Partito democratico, Movimento 5 stelle e Leu tutti insieme appassionatamente per dire all’Italia intera che è partito un grande “evento di coalizione” come lo ha definito il capo politico del M5s Di Maio. “Penso che questo governo abbia da dire cose importanti sulla salute. Il nostro programma è scritto nella Costituzione, nell’articolo 32, sulla salute tutelata dalla Repubblica, assicurata anche agli indigenti” ha detto il ministro della Salute, Speranza. “Non sono ministro ma sostengo questo governo – ha esordito il segretario del Pd – le sue scelte, per un motivo semplice: il nostro è un Paese che vive dentro la contraddizione di avere grandi fragilità e grandi possibilità. Io sostengo il governo perché non è vero che non possiamo costruire un futuro: è vero che ci sono problemi e che c’è chi è bravissimo a raccontarli, ma è anche vero che chi cavalca le paure, come abbiamo visto in queste ore, si rivela anche il peggiore a risolverle. Noi siamo ossessionati dal poter dare risposte”.
Anche Di Maio è sulla stessa linea: “Lavorare per un progetto comune è già una vittoria” ribadendo il fatto di non credere “che i cittadini umbri possano consentire a nessuno di usare l’Umbria come trofeo elettorale, da citare lunedì per fregarsene dal martedì nei prossimi cinque anni”.
Belle parole, belle chiacchiere. Nessuno, però, che abbia speso una parola sul fatto che, proprio a ridosso delle regionali, il governo umbro abbia speso una fortuna per accontentare i dipendenti. E il popolo grillino, o meglio, il vertice grillino è costretto a tacere per via della nuova alleanza.
Nell’ultima riunione, quella del 21 ottobre, la Regione ha deciso di premiare i capi con ben tre milioni di euro. Una decisione che arriva, tra l’altro, nonostante un’indagine in corso della Corte dei conti sugli stipendi dell’ente regionale.
Nemmeno una parola, durante la sfilata dei ‘big’, sulla vicenda dell’arresto del segretario regionale del Pd Gianpiero Bocci, dell’assessore alla Sanità, Luca Barberini sempre del Pd, e delle dimissioni del presidente Catiuscia Marini, ancora del Pd. Silenzio tombale anche sugli aumenti ai dipendenti deciso dal presidente facente funzioni, Fabio Paparelli, sempre del Pd e ricandidato.
Nella delibera numero 1161 c’è scritto che ai 52 quadri verranno corrisposti 3 milioni e 140mila euro come indennità di posizione e un altro premio di 970mila euro. Ai dipendenti vanno 8 milioni di euro più un altro premio di 2,1 milioni di euro.
Nel 2017 la Corte dei conti aveva detto di ritenere sbilanciato il costo del personale. E i 5 stelle aveva denunciato proprio quel meccanismo di premialità.
Ma ora, tra alleati di governo, non se ne può parlare.
di Antonio Del Furbo