Salvatore Alfano era diventato il nuovo padrino della Noce, il clan del centro città che Totò Riina diceva di “avere nel cuore”. Un bacio sulla bocca dato dal boss più anziano dell’organizzazione, quel Settimo Mineo che ha presieduto la prima riunione della Cupola dopo la morte del capo dei capi, avvenuta nel 2017.
Cosa nostra cambia, ma resta sempre la stessa. L’ultima indagine della polizia, che questa notte ha portato a 11 arresti, svela che i vecchi rituali continuano ad alimentare la vita quotidiana di un’organizzazione criminale che non rinuncia ai suoi affari, nonostante arresti e sequestri.
A fine 2018 la procura di Palermo aveva bloccato la riorganizzazione della Cupola. Adesso, l’inchiesta della squadra mobile coordinata dal procuratore aggiunto, Salvatore De Luca, racconta che il clan della Noce puntava a un rigido controllo del territorio, fra estorsioni e persino gestione delle giostre. E negli ultimi tempi i boss si erano lanciati nel settore delle intermediazioni immobiliari.
Mineo andava a trovare spesso Alfano nella concessionaria di famiglia, in piazza Principe di Camporeale. Sia Mineo che Alfano erano degli scarcerati eccellenti di Cosa nostra. Ufficialmente, avevano finito di scontare il loro debito con la giustizia ed erano tornati liberi. I due padrini si erano rimessi in piena attività.
Il bacio è rimasto il segno del potere mafioso.