Ciò che sta accadendo al Movimento 5 stelle non è rappresentata dalla narrazione che corre sulle testate nazionali. È qualcosa di più ampio e grave e che non riguarda – forse – solo il Movimento ma anche il tessuto sociale italiano. Il M5S alla fine.
L’antisistema diventato sistema
Il M5S ha ottenuto le chiavi d’ingresso del sistema perché autoproclamatosi forza antisistema. Sembra un paradosso eppure è accaduto. I grillini dovevano abbattere le colonne del sistema, rendere vita dura ai burocrati e ripulire i salotti buoni. Si è visto com’è finita: con l’abbraccio mortale al rappresentante di quei poteri forti: Mario Draghi, definito da Grillo un “iscritto a 5 stelle”.
La vicenda più grave non è che quella scatoletta di tonno non l’hanno mai aperta: il fatto gravissimo è che con quell’olio ci hanno lubrificato gli ingranaggi del potere per poter far funzionare meglio per i loro usi e consumi.
Giarrusso e le minacce
E così, ad esempio, hanno dimenticato di dover combattere una guerra a viso aperto contro la mafia lasciando per strada chi, in quel sogno, ci credeva.
“A Catania c’è un processo in corso per minacce nei miei confronti aggravato dal metodo mafioso a carico di due esponenti della cosca dei cursoti” ci racconta Mario Michele Giarrusso, storico esponente dei 5 stelle e ora nel Gruppo misto.
Per capire l’entità del clan dei Cursoti, basta dire che è un’organizzazione criminale, originaria della città di Catania, che prende il nome dalla zona dell’Antico Corso, luogo di origine della maggior parte degli affiliati. Negli anni ’70-’80 ha avuto basi logistiche ed operative in Nord Italia, tra cui Milano e Torino, poi smantellate con i pentimenti di Salvatore Parisi e Angelo Epaminonda detto il Tebano.
Ma il senatore non ha solo questa “grana” da risolvere.
Giarrusso è stato minacciato anche dal boss di Cosa Nostra Graviano che in un’intercettazione in carcere lo ha definito un uomo pericoloso per la mafia. La sua ‘colpa’ aver lavorato in commissione per impedire modifiche all’istituto dell’ergastolo ostativo ai mafiosi.
Già perché Giarrusso nel 2017, per la sua attività parlamentare svolta nella XVII legislatura, presso la II Commissione Giustizia del Senato e la Commissione Parlamentare antimafia, è stato definito “pericoloso” dal Boss Giuseppe Graviano. Il mafioso è stato intercettato al 41bis, mentre parla con il pluriergastolano Adinolfi.
Da una forza antisistema come il Movimento 5 stelle ci si sarebbe aspettato una difesa di Giarrusso. E invece non è stato così. Tant’è che il 20 aprile 2020 viene espulso dal M5S con l’accusa di non aver restituito parte dello stipendio da parlamentare.
“Avendo 15 procedimenti penali a mio carico avevo chiesto di non lasciarmi solo”. Ai suoi processi ha dovuto pensarci da solo visto che “lo scudo della rete” e il “fondo di garanzia”, per tutelare chi come lui deve difendersi dai processi, non sono mai stati legiferati. Anzi il M5S ha fatto di più: lo ha messo alla porta.
Palamara, Morra e la Commissione
E ora, a quanto pare, la stessa sorte sta toccando a Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia. Morra ha promosso un’inchiesta sugli scontri avvenuti nelle carceri. “Questo ha determinato l’odio mortale nei confronti di Morra”. Al punto che è stato fatto saltare l’audizione in Commissione antimafia di Palamara.
Nell’intervista con Giarrusso viene tracciato un sistema torbido.
di Antonio Del Furbo