Il governo si spartisce le poltrone dei Servizi di sicurezza. La lotta tra Di Maio, Conte e Zingaretti
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La lotta per le poltrone va avanti. Il premier Giuseppe Conte, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il segretario del Pd Nicola Zingaretti hanno l’ossessione per il controllo dei vertici degli apparati di sicurezza. In piena crisi il governo pensa alle spartizioni di potere.Si tratta dell’Aise, dell’Aisi, del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (Dis) e del Comando generale dell’Arma dei Carabinieri.Poco importa se l’Italia stenta a ripartire dopo la crisi da Covid. Al governo pensano a come sistemare i loro uomini tra ricatti e sgambetti. La convinzione, come sottolinea Repubblica, è che l’apparato politico voglia posizionare persone in grado di proteggerli. Dunque, la scelta di un direttore dell’Intelligence o di un comandante generale dell’Arma equivale a quella della nomina in una partecipata di Stato. Insomma, si tenta l’occupazione di uno spazio nevralgico della partita per il Potere.

Conte blinda i vertici dei Servizi segreti e nasconde i verbali sulle attività del Comitato scientifico per l’emergenza Covid-19

Siamo a maggio. Giuseppe Conte viene convinto da Gennaro Vecchione (legato al premier da vincoli personali e amicali e che ha voluto al vertice del Dis contro ogni logica e competenza), di liberarsi dei due direttori di Aise (Luciano Carta) e Aisi (Mario Parente). Vecchione rimprovera a entrambi la mancanza di fedeltà non alla Presidenza del Consiglio ma alla persona del Presidente del Consiglio. Il piano di Vecchione prevede che il licenziamento di Carta dall’Aise apra le porte al generale Giovanni Caravelli e, come vice, Marco Mancini.A metà maggio, Carta viene licenziato, ma, grazie anche all’opposizione del Quirinale, Conte non riesce a imporre Mancini come vicedirettore di Caravelli all’Aise. Né riesce a liberarsi di Parente all’Aisi.  Il decreto“In luglio -riporta Repubblica-, la proroga di un anno di Parente all’Aisi si porta dietro un pasticcio. Il decreto di nomina predisposto dal Dis di Vecchione, per un curioso caso del destino, è motivato in modo tale da non passare il vaglio della Corte dei Conti (che per legge lo deve vistare). Una cervellotica e illogica interpretazione della legge 124 (quella istitutiva dei Servizi) non rende infatti chiaro se sia legittima o meno l’ennesima estensione del mandato (nominato la prima volta nel 2016, Parente viene infatti prorogato due volte. La prima, nel 2018, per due anni. La seconda, in giugno, per 1 anno)”. Quindi arriva l’alternativa: ricorrere a una norma che renda chiaro che i vertici dei Servizi hanno un mandato complessivamente non superiore agli 8 anni.

Lo zampino di Di Maio

Il ministro degli Esteri ha una sua agenda per gli apparati. Che non coincide con quella del Presidente del Consiglio. Dopo aver rivendicato come proprio uomo l’ex direttore dell’Aise Luciano Carta, Di Maio ha il problema di costruire le condizioni che consegnino a un altro suo uomo o il Comando Generale dell’Arma o la direzione di un Servizio. Si tratta del generale di corpo d’armata dei carabinieri Angelo Agovino, pupillo del fu comandante generale Gallitelli, e voluto proprio da Di Maio, nell’estate del 2019, a vicedirettore dell’Aise, dove è oggi.

Zingaretti e il Viminale

Nicola Zingaretti vorrebbe dare una poltrona al suo antico consigliere, Goffredo Bettini, che lo avrebbe convinto a entrare nella compagine di governo rivendicando a sé il Viminale. Per una ragione: proteggere se stesso in quella che si annuncia come una stagione dei veleni da segretario del Pd e ministro dell’Interno e non solo da segretario del Pd.  

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