In attesa delle nomine dei nuovi ministri che siederanno su vecchie poltrone, non passa attimo che i grillini non si macchino di ridicolo. E con essi il loro popolo che, da sempre, vomita insulti e offese personali nei confronti di chi li critica.
In tanti hanno perso la faccia rinnegando quella rivoluzione per la legalità che, ormai, è diventata una chimera. Un sogno che non c’è più. Speranze pressate in scatolette di tonno mai aperte e relegate nei magazzini della vergogna e della dignità. Un movimento diventato partito per scopi personali e teleguidato da una società privata che, si spera, prima o poi venga chiamata a rispondere davanti a qualche giudice e, soprattutto, davanti al popolo italiano. Una S.r.l. che ha contribuito a ridurre gli spazi democratici aizzando le belve degli “scappati di casa” con il sangue dei loro fallimento esistenziale.
Nessuno che s’indigni, né a destra né a sinistra, per la sostituzione, di fatto, del ruolo centrale del parlamento rispetto alla piattaforma Rousseau. Nessuno che s’indigna perché, forse, nessuno ha capito, né a destra né a sinistra, cosa sta portando dentro questa pseudo rivoluzione fatta di bit e password che ha generato ologrammi come Di Maio, Toninelli, Bonafede, Lezzi, i Giarrusso. I ministri del bit eletti da una piattaforma web che autocertifica (in nome non si sa di chi) i governi del cambiamento.
Siamo all’ubriacatura collettiva, all’individualismo spinto che riduce a una diottria la nostra vista. Siamo praticamente spacciati. Abbiamo da una parte un imprenditore, Davide Casaleggio, dall’altra il Partito democratico. Da una parte l’uomo che ha salvato l’impero del padre grazie alle donazioni dei parlamentari eletti, guarda un po’, dalla piattaforma, dall’altra un partito che torna vincitore dopo aver perso dappertutto. In mezzo gli ologrammi, appunto, come l’ex ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, che fino a pochi giorni fa urlava “Mai col partito di Bibbiano” che “in Emilia Romagna toglieva alle famiglie i bambini con l’elettroshock per venderseli” e che oggi non riesce a scollare il sedere dalla poltrona prima che gliene assicurino un’altra (si dice) al ministero degli Esteri.
Se ne assumerà le colpe del “disastro Italia” anche il Pd che, per chiari ritorni elettorali, sacrificherà la tenuta del Paese. “Se il capo dello Stato (Napolitano, ndr) chiedesse ai Cinquestelle di entrare in un governo con il Pd, io uscirei dal movimento” disse nel 2016 il fondatore del M5s Gianroberto Casaleggio.
Chissà se gli eletti al servizio di Rocco Casalino conserveranno un po’ di vergogna nel rileggere queste parole.
di Antonio Del Furbo