Dopo la morte del leader talebano in tanti hanno chiesto un commento e un’analisi ad un giornalista che conosceva molto bene il Mullah Omar: Massimo Fini.
E il Corriere della Sera ha commissionato un necrologio a pagamento proprio a Fini. Niente di strano se non fosse che il quotidiano dopo aver ricevuto l’articolo non l’ha pubblicato.
“La censura è arrivata anche sui necrologi. Credo sia la prima volta in una democrazia” ha detto Massimo Fini appena appresa la decisione del giornale. “Per ordini superiori il suo necrologio non può essere pubblicato. Mi spiace molto, mi scusi” avrebbe giustificato la scelta una delle segretarie del Corriere a Fini.
Il contenuto del necrologio censurato era questo:
“Massimo Fini rende onore al Mullah Mohammed Omar, combattente, giovanissimo, contro gli invasori sovietici, perdendo un occhio in battaglia, combattente, vittorioso, contro i criminali signori della guerra che avevano fatto dell’Afghanistan terra di abusi, di soprusi, di assassinii, di stupri, di taglieggiamenti e di ogni sorta di violenze sulla povera gente, riportandovi l’ordine e la legge, sia pure una dura legge, la Sharia, peraltro non estranea, almeno nella vastissima area rurale, ai sentimenti e alle tradizioni della popolazione di quel paese, infine leader indiscusso per quattordici anni della resistenza contro gli ancor più arroganti e moralmente devastanti occupanti occidentali. Che Allah ti abbia sempre in gloria, Omar”.
Evviva la libertà. Di stampa.