Il cerchio magico del 'pr' Palamara: da Fracassi a Legnini. Se il Quirinale c'è batta un colpo
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Nel cerchio magico del pm romano avrebbero fatto parte altri personaggi di peso: primo fra tutti l’ex vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini. Ma c’è di più. Palamara sarebbe stato un ottimo ‘maestro di cerimonie’ nell’organizzare incontri al fine di orientare le decisioni del Consiglio superiore della magistratura.

Luca Palamara, Giovanni Legnini, Valerio Fracassi, Paola Balducci e Giuseppe Fanfani. Sarebbero questi i quattro nomi appartenenti al cerchio magico. 

A riferirlo ai pm di Perugia è un altro giudice, l’ex togato del Consiglio superiore della magistratura legato alla corrente moderata Unicost, Massimo Forciniti, sentito sui rapporti dell’ex presidente dell’Anm con l’imprenditore Fabrizio Centofanti con cui è indagato.

Nel faccia a faccia tra Forciniti e i pm emergono delle chat di fuoco.

“Grazie al tuo avvallo – scrive Forciniti a Palamara il 22 giugno 2018 – in questa consiliatura molte cose sono state decise dal cerchio magico, non nelle sedi proprie”. Perché Forciniti scrive il messaggio? “Quando mi riferivo al cerchio magico intendevo dire che avevo l’impressione che Palamara, assieme al vicepresidente e ad altri consiglieri laici e togati, cercassero di orientare l’attività del Consiglio. Ritenevo che avessero un canale privilegiato nei loro rapporti, anticipando il loro orientamento su varie pratiche da approvare in consiglio”.

Palamara risponde: “Questi sono i risultati: Casellati presidente Senato, tu presidente Terza e Settimana (Commissione, ndr)… Sei un ca__aro”. Elisabetta Casellati prima di essere eletta presidente del Senato era membro laico del Csm. A Forciniti i pm chiedono anche dell’eventuale interessamento di Palamara per la nomina di Carlo Maria Capristo alla procura di Taranto. È l’ottobre 2019. Capristo, ex capo a Trani, viene arrestato a maggio 2020 per tentata concussione. Nelle intercettazioni, uno dei suoi più stretti collaboratori, il cancelliere Domenico Modugno, svela una sorta di centro di potere. “Capristo è un militante di Unicost da tempo“, spiega Forciniti ai magistrati.

“Quando abbiamo trattato la nomina non era ancora emerso nulla di quanto accaduto alla procura di Trani. Io ricordo Capristo più per la vicenda della nomina di procuratore generale di Bari, per la quale prevalse la collega Tosto… Ci venne a trovare, me e gli altri consiglieri di Unicost. La sua nomina ci venne segnalata dai referenti di Unicost di Bari. Ritengo che il posto di procuratore di Taranto venne considerata una sorta di contentino a seguito della sua sconfitta a Bari”.

Legnini a Perugia

Se fu Palamara a essere stato interessato a Capristo, Forciniti non lo ricorda. Lo ricorda invece Giovanni Legnini, sentito sempre a Perugia: “I consiglieri laici del centrodestra sostenevano con determinazione queste due nomine”. Ovvero Capristo e il giudice Argentino. “Tutta la componente di Unicost era schierata su Capristo”. Ecco il potere nascosto del cerchio magico di Luca Palamara.

Il ‘pr’ Palamara

A quanto pare il pm romano, però, vantava una caratteristica molto importante negli ambienti di suo interesse. Silvana Ferriero ha condiviso con Luca Palamara il tirocinio per magistrati a Roma negli anni ’90. Dalla toga appartenente alla Corte d’Appello di Catanzaro è giunta una dura critica all’ex consigliere del Csm, definito “una sorta di pr”, abile soprattutto nell’organizzazione delle feste. Qualità che, a quanto pare, Palamara ha saputo coltivare nel tempo portandolo al ruolo di “mediatore” all’interno del sistema delle correnti.

La Ferriero scrive una lettera a Palamara 

“Leggo sui giornali che durante il passaggio in tv da Vespa avresti espresso un senso di angoscia e disagio per i colleghi non legati alle correnti, ma anche che alla domanda di Vespa sulla possibilità di dimetterti avresti risposto ‘non penso alle dimissioni, io amo la magistratura’. Non so se ti ricordi di me e non credo visto che appartengo alla schiera di quelli, per fortuna tanti, che non sono finiti manco per sbaglio nella rete delle tue chat. Eppure noi abbiamo fatto il tirocinio – uditorato, allora si chiamava così – insieme a Roma, siamo dello stesso concorso. Io pure non è che ricordi moltissimo di te durante quell’anno e mezzo trascorso negli uffici giudiziari romani, i pochi ricordi che ho mi ti presentano come uno che organizzava feste, una sorta di pr degli uditori DM 30/05/1996.

All’epoca registrai il fatto come un dato sostanzialmente neutro, ero appena approdata in un mondo per me completamente nuovo, le miei energie e la mia curiosità erano convogliate verso il tentativo di capire e di imparare il più possibile di un mestiere di cui non sapevo niente e che mi appariva difficilissimo. Poi arrivò il momento della scelta delle sedi e ognuno di noi prese la sua strada, la mia mi portò in Calabria, a fare il giudice civile, uno di quelli che smazzano carte per dieci ore al giorno, lontani da ogni riflettore e con l’incubo costante dell’arretrato e delle possibilità di incorrere in qualche ritardo nei depositi. Per incidens questo incubo è stato per anni il cavallo di battaglia elettorale di tanti tuoi compagni di corrente, sedicenti paladini in sede disciplinare di tutti quegli sventurati che avessero avuto la lungimiranza di ovviare alla sciagura di incappare in macroscopici ritardi con la provvida adesione alla corrente giusta.

Non ricordo dove ti condusse la tua strada nell’immediato, ma so che in seguito fu costellata di tappe che sulla mia mappa non erano neanche segnalate: la presidenza della Anm, l’elezione al Csm. Durante questi anni io sono stata giudice civile di primo grado, giudice penale di primo grado, giudice civile di Corte d’Appello, magistrato di sorveglianza e poi ancora giudice civile d’appello. Ho lavorato assai, con scrupolo, con zelo ma soprattutto con grande passione. Ho lavorato così tanto che alla fine mi sono innamorata di questo lavoro che, in realtà, avevo scelto quasi per caso. Ho amato la ritualità del processo (diversa per il penale e per il civile ma sempre con una sua suggestione), la logica stringente del diritto civile, quella un po’ fantasiosa del diritto penale.

Ho amato l’aria che si respira nei palazzi di giustizia, la luce di certe aule in certe ore del giorno, l’atto di indossare la toga.

Ho amato il confronto con i colleghi e con il foro, il rapporto speciale con alcuni cancellieri, l’incontro prezioso con una umanità a volte miserabile a volte altissima, ma sempre in qualche modo straordinaria. Ho amato e temuto il potere terribile e formidabile di entrare nella vita delle persone fatalmente legato all’esercizio della giurisdizione. Ho cercato di usarlo con sapienza, con equilibrio, ma soprattutto con rispetto. Ho amato la possibilità che talvolta quel potere fornisce di raddrizzare un torto, di rimettere le cose a posto. Da lettrice compulsiva quale sono ho amato, forse più di ogni altra cosa, la promessa di una nuova storia che mi pareva di intravedere dietro la copertina di ciascun fascicolo che ho sfogliato.

Ho amato l’impareggiabile soddisfazione, dopo ore e ore di studio, di essere colta all’improvviso, magari mentre cucinavo o facevo la doccia, dalla spontanea e inaspettata presentazione alla mia mente della soluzione giuridica corretta che stavo cercando. Sono tra i tanti magistrati ai quali lo sfascio prodotto dal correntismo ha provocato solo danni indiretti: non ho mai presentato una domanda per un direttivo o un semidirettivo, quindi la mancanza di uno sponsor non mi ha mai pregiudicato in concreto; non sono mai incappata in vicende disciplinari, quindi la presenza dello sponsor non mi è mai davvero servita. Come si dice? nec spe nec metu. Condivido con molti colleghi la responsabilità di avere consentito con la nostra inerzia a te e a quelli come te di arrivare al punto in cui siamo. Potevamo fare qualcosa? Non lo so, certo non ci abbiamo nemmeno provato.

La nostra responsabilità però non è neanche lontanamente paragonabile alla vostra. Il discredito della intera categoria, la rottura forse irreparabile del rapporto fiduciario che dovrebbe esistere tra noi e quel popolo in nome del quale amministriamo la giustizia sono frutto della vostra spregiudicatezza, della vostra insensibilità, della vostra insaziabile e incomprensibile sete di potere. Leggendo molte delle intercettazioni pubblicate una delle domande che mi sono posta più di frequente è stata: ma questi perché hanno voluto fare i magistrati? Che c’entrano loro con l’esercizio della giurisdizione? Che ben venga allora la tua tardiva resipiscenza nei confronti dei magistrati non legati alle correnti, ma per piacere risparmiaci la tua inconcludente professione d’amore per la magistratura. Non ho ancora capito bene che mestiere hai fatto in tutti questi anni, ma so per certo che la magistratura è un’altra cosa”.

La rete di Palamara è infinita, e fittissima. Dentro c’è di tutto.

Oltre ai politici, anche attori e sportivi. Cantanti e vertici delle Istituzioni. Giornalisti e magistrati. Il backup delle sue chat su Whatsapp constano di decine di migliaia di pagine. L’ex pubblico ministero di Roma è accusato di corruzione a Perugia. Maria Elena Vincenzi su Repubblica ricostruisce la rete che dice molto del sistema Italia. “Le chat depositate dai pubblici ministeri umbri con la chiusura delle indagini raccontano esattamente questo: una rete a cui Palamara lavora giorno e notte. Trova una sponda nei deputati Cosimo Ferri e Luca Lotti. Il primo ex magistrato e leader di Magistratura Indipendente, il secondo, indagato dalla procura di Roma, assetato di vendetta. Il gruppetto decide che Palamara deve diventare aggiunto e vuole decidere il nuovo procuratore di Roma. Meccanismi perversi nei quali rimangono impigliati anche cinque consiglieri del Csm, costretti alle dimissioni la scorsa estate, e il procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio”.

Se hai un problema chiedi a Palamara

Le chat di Palamara raccontano molto, raccontano un mondo. “Chi ha una richiesta da avanzare al Csm finisce per contattare l’ex pm. Dall’ultimo al più importante dei magistrati. Sono migliaia i messaggi di chi chiede qualcosa. Ci sono i capi delle grandi procure, quelli che si autopromuovono e quelli che segnalano amici. Ci sono scambi di opinioni sulla vita associativa, c’è la definizione delle strategie. Ci sono gli accordi con gli altri consiglieri del Csm per incarichi e voti. Le chat coi colleghi sono migliaia, tra le quali quelle col procuratore di Milano Francesco Greco, con quello di Bologna Giuseppe “Jimmy” Amato che chiede i tempi per decidere i suoi aggiunti, con Giovanni Melillo per congratularsi per la nomina a Napoli. Palamara chatta col procuratore generale di Firenze Marcello Viola (suo candidato per Roma), con quella di Caltanissetta Lia Sava, con quello di Salerno Leonida Primicerio”.

Palamara “si scrive col procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho e con quello di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri.

Ricerca rapporti con deputati e senatori. Incontra diverse volte il governatore del Lazio e segretario Pd Nicola Zingaretti, scrive a Nitto Palma, Beatrice Lorenzin, Andrea Orlando, Marco Minniti e Francesco Boccia. Non solo centrosinistra, Palamara chatta anche con Daniele Frongia, assessore grillino di Roma, e con l’ex presidente del Consiglio Comunale capitolino (poi arrestato per corruzione) Marcello De Vito”. E poi ci sono i capitoli relativi ai vertici delle istituzioni e quello relativo a sport e spettacolo”.

È nota la sua amicizia con Claudio Lotito e con Giovanni Malagò. Scambia messaggi con dirigenti e allenatori (Luciano Spalletti, Vincenzo Montella, Claudio Ranieri, Eusebio Di Francesco, il dg Mauro Baldissoni e l’ex dt Tonino Tempestilli) e attori: “Tra le chat anche i nomi di Raoul Bova, Neri Marcorè e Luca Ziugaretti”

Sovvertimento dell’ordine democratico

L’idea è che siamo davanti al tentativo, da parte di un pezzo di magistratura, di ‘sovvertimento’ dell’ordine democratico. E proprio le intercettazioni lasciano pochi dubbi sull’operato di certi giudici. Il 24 agosto di due anni fa, lo stesso giorno in cui Palamara e Legnini si organizzavano sulla nota congiunta contro le dichiarazioni di Salvini sulla vicenda Diciotti, il segretario abruzzese della Lega Giuseppe Bellachioma scriveva su Facebook: “Se toccate il Capitano vi veniamo a prendere sotto casa“. L’Associazione Nazionale Magistrati definì quelle parole come un “inaccettabile tentativo di interferire nell’attività dei magistrati impegnati nella delicata vicenda“.

Pare di capire, dunque, che una diversa giustizia è presente in Italia. I messaggi tra Palamara e Patronaggio (che sono giudici) vanno bene perché sarebbero espressione del libero pensiero, mentre il pensiero espresso da un onorevole leghista sarebbe inaccettabile.

Il Csm-gate di De Magistris

Il “Csm-gate” rappresenta uno dei punti più bassi toccati dalla magistratura spiega De Magistris. “Apprendo con grande amarezza le ultime novità sul caso Palamara, che peraltro è scoppiato oltre un anno fa, ma non le considero una novità, anche alla luce di quel che ho dovuto subire io stesso prima di entrare in politica”. De Magistris ha rivestito per 15 anni la toga del pm d’assalto, protagonista delle indagini sulla classe politica italiana e di conflitti durissimi con i suoi colleghi.

“Non credo più alla capacità autonoma dei magistrati di ripulirsi da un contagio così forte – aggiunge De Magistris – . Non soltanto sono a favore del sorteggio, ma ridurrei a un anno la durata dell’incarico: il sistema è diventato talmente tentacolare che, anche con il sorteggio, dopo 4 anni di permanenza nel Csm saremmo punto e a capo”.

“Ciò detto, negli anni mi sono convinto che si potrebbe ragionare su un sistema che garantisce appieno l’autonomia e indipendenza dei pm in presenza di una distinzione delle carriere tra magistratura requirente e magistratura giudicante. Comprendo la genesi della nostra unicità originaria, ma se non è più garantita la parità tra l’accusa e la difesa allora bisogna ripristinare l’equilibrio. Si può fare mantenendo il Csm così com’ è oppure modificandolo”.

Quella Lega che sarà “arrestata” dai giudici

Sarebbe forse il caso di cominciare a pensare allo scioglimento del Csm come, tra l’altro, vorrebbe il giudice Alfonso Sabella, magistrato in prima linea nella lotta alla mafia. “Il Csm è un grande mercato delle vacche” spiega Sabella. “Quando ho sentito Piercamillo Davigo dire che la politica sceglie per criteri di opportunità e la magistratura per merito e competenza, sono trasalito: ha detto una solenne fesseria. In magistratura vieni scelto per logiche di appartenenza e non per merito.” Cosa fanno le correnti in Csm, a parte spartirsi i posti? “Se fossero libere correnti di manifestazione del pensiero, scambio di idee e di confronto pluralistico, parliamone. Per interpretare le norme, può essere utile un confronto tra chi ha idealità diverse. Ma non posso accettare che da questi luoghi nasca la spartizione e la lottizzazione partitica fatta da magistrati che in realtà fanno politica. È gravissimo.”

Perché il Presidente della Repubblica, che è anche il Presidente del CSM, non scioglie per decreto il Consiglio Superiore della Magistratura?  

“Quelli di Mattarella sono interventi puntuali e profondi – precisa De Magistris – . Ma ormai non è nemmeno sufficiente la sola riforma del Csm. Tutto il sistema giudiziario è vittima di degenerazioni correntizie, dietro la sacrosanta indipendenza della magistratura si nascondono gravi dipendenze da logiche di potere interne. Quando si legge la frase ‘è uno dei nostri’ negli stralci dei dialoghi fra magistrati intercettati, si comprende che le correnti, nate come espressione della libertà di pensiero, sono divenute uno strumento di protezione e promozione di cordate”.

Perché non accogliere la proposta del presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, che del Csm ha fatto parte dal 2014 al 2018, e che sostiene sia giunto il momento di nominare i suoi membri con il sorteggio?

Se il Quirinale c’è batta un colpo.

 

di Antonio Del Furbo

antonio.delfurbo@zonedombratv.it

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