Tutto parte da una caso di cronaca, la storia di due fratelli settantenni che, in seguito a un litigio, l’uno accoltella l’altro. Una notizia riportata dal primo quotidiano online abruzzese nel 2008 e che dieci anni dopo gli è costata la chiusura.
“Due anni e mezzo dopo la pubblicazione della storia di accoltellamento, uno dei fratelli chiese che fosse cancellata la notizia perché aveva danneggiato la propria reputazione” scrive il N.Y.Times. Alessandro Biancardi, il direttore, però si rifiutò citando il diritto del pubblico di sapere. A quel punto venne avviata una dura battaglia legale durata 10 anni.
“Nessuno mi convincerà mai che può esistere una legge che ti obbliga a cancellare notizie veritiere”, spiega Biancardi al quotidiano statunitense. Sulla strada di Primadanoi cadde il macigno della normativa europea sul diritto alla privacy e, soprattutto, quello del diritto all’oblio che consente ai cittadini di richiedere che una società o un sito Web cancelli il materiale considerato vecchio, irrilevante, impreciso o eccessivo. Una “tutela” che risale agli anni ’90 e che ogni paese ha applicato in modo diverso. La svolta c’è stata con l’intervento, nel 2014, della Corte suprema dell’Unione europea. Nel caso di specie il Tribunale di Ortona aveva condannato al risarcimento del danno per violazione del diritto all’oblio sia il direttore che l’editore per la permanenza a tempo indeterminato dell’articolo. La Suprema Corte ha confermato in toto la decisione del Tribunale evidenziando che “l’illecito trattamento di dati personali è stato specificamente ravvisato non già nel contenuto e nelle originarie modalità di pubblicazione e diffusione on line dell’articolo di cronaca e nemmeno nella conservazione e archiviazione informatica di esso, ma nel mantenimento del diretto ed agevole accesso a quel risalente servizio giornalistico pubblicato tempo fa e della sua diffusione sul Web, quanto meno a decorrere dal ricevimento della diffida in data 6.09.2010 per la rimozione della pubblicazione dalla rete.”
Le associazioni giornalistiche, scese sul piede di guerra, hanno ottenuto un’esenzione dalle politiche sulla privacy come il diritto all’oblio, al fine di preservare una stampa libera. Dall’altra parte, però, come ribadisce il N.Y.Times, Biancardi ha perso la sua battaglia nei tribunali italiani. “Il giudice unico del Tribunale di Ortona, Rita Di Donato, con una sentenza fotocopia rispetto a quella firmata dalla collega dello stesso tribunale di Ortona, Rita Carosella a marzo del 2011 condanna PrimaDaNoi.it al pagamento di oltre 17mila euro (tra risarcimento danni e spese legali) riconoscendo il diritto all’oblio (non regolamentato da nessuna legge) e la prevalenza della legge sulla privacy sul diritto di cronaca” spiega Biancardi. “Il giudice ha accolto dunque la domanda dei ricorrenti sostenendo che la notizia (vera e corretta, si ribadisce) andava cancellata a differenza di quanto sostenuto dal giornale che ne ha sempre riconosciuto l’interesse pubblico, anche a distanza di tempo dai fatti”. Nella sentenza si legge che “Il persistere del trattamento dei dati personali dei titolari del ristorante e il nome dell’esercizio ha determinato una lesione al diritto alla riservatezza e della reputazione in relazione alla peculiarità dell’operazione di trattamento, caratterizzata da sistematicità e capillarità della divulgazione dei dati e alla natura degli stessi dati trattati, particolarmente sensibili attenendo a vicenda.” Come ha spiegato Primadanoi all’epoca della chiusura “È stata accolta la domanda di risarcimento danni poiché secondo il giudice ‘il trattamento dei dati personali si è protratto per un periodo di tempo superiore a quello necessario agli scopi’. Viene così confermata con una sentenza fotocopia l’incredibile principio della scadenza delle notizie. Particolare non secondario è che tale scadenza non è stabilita da alcuna legge in vigore nello Stato italiano e non è dunque chiaro quale sia il tempo entro il quale eventualmente rimuovere articoli corretti. Viene inoltre riconfermato che la privacy prevale sul diritto di cronaca, che la gente non deve sapere, che i fatti si devono cancellare anche se questi sono distanti appena pochi anni e magari i procedimetni penali sono ancora aperti.”
“C’è stato un vero insuccesso nella missione con il diritto all’oblio”, ha affermato al N.Y.Times Daphne Keller avvocato presso il Centro per l’Internet e la Società dell’Università di Stanford. “In primo luogo si supponeva che si trattasse di informazioni trovate utilizzando i motori di ricerca, ma ora vediamo che influiscono sul reporting delle notizie”.
E, dunque, anche negli Stati Uniti vanno nella direzione di limitare il diritto a essere informati. A partire dal 2020 in California entrerà in vigore una nuova legge sulla privacy che include il “diritto alla cancellazione”. Molti governi stanno prendendo a modello le leggi europee, incluso il diritto all’oblio. Proprio in virtù di queste nuove disposizioni, Google potrebbe essere obbligato a cancellare per la prima volta i risultati di ricerca per gli utenti al di fuori dell’Unione Europea.
“Il mio unico dovere è quello di scrivere e verificare informazioni”, ha detto Biancardi al N.Y.Times. “Tutto il resto viene dopo.”
Nel caso in questione, ovvero della storia dell’accoltellamento, furono avanzate dalla difesa dell’uomo questioni d’immagine: “Ho una reputazione, sono qui da 50 anni, sono conosciuto dappertutto”, dichiarò uno dei fratelli del ristorante dove era avvenuto l’accoltellamento.
Nel 2013 il giudice condanna Primadanoi alla cancellazione dell’articolo perché “le informazioni in essa contenute erano vecchie e non più nell’interesse pubblico”. Oltre a questo Biancardi è stato condannato a pagare 10.000 euro per aver danneggiato la reputazione e l’attività dell’uomo. A quel punto Biancardi ha fatto appello alla decisione del giudice che, però, nel 2016 è stato respinto. Ora si attende la decisione della Corte di giustizia europea dove lo stesso Biancardi ha fatto ricorso.
Intanto Primadanoi ha chiuso a settembre scorso dopo un tentativo di crowdfunding per salvarlo. “L’ardito esperimento della raccolta fondi dei lettori è fallito miseramente, come era persino molto probabile” scriveva il giornale nel suo ultimo articolo. “È mancato quell’impulso corale che in molti si attendevano e per questo abbiamo deciso di chiuderla in anticipo perché è chiaro che non si potrà raggiungere in alcun modo l’obiettivo”.