L’Italia, si sa, è il Paese dei misteri. Quelli grossi. È la nazione della P2, della P3, delle stragi e chi più ne ha più ne metta. Ma è anche la penisola in cui si chiudono Enti (almeno apparentemente) ma che in realtà, poi, esistono ancora. Antonio Del Furbo
Un esempio? Le Province italiane. Siamo stati bombardati per mesi dalla stampa che conta (i soldi dei contributi pubblici, ancora) che annunciavano, cifre alla mano, quanto avrebbero risparmiato i cittadini-contribuenti per la chiusura dell’ente provinciale. Le cifre erano da capogiro: intorno ai 500 milioni. Tutti a casa per il bene comune, insomma. Tutti? Quasi. Tranne gli intoccabili, quelli veri, cioè i dipendenti. Sì perché nella sforbiciata rientravano tutti gli incarichi politici ma, come sindacati ordinano, non gli 80mila dipendenti delle 107 Province italiane. Nonostante il baratro finanziario (perenne) statale i dipendenti devono essere tenuti e, magari, trasferiti in altri Enti pubblici. A fare che? Ancora oggi non si capisce. Ancora nel limbo dei decreti attuativi che fece ‘cadere’ la legge Delrio? Forse.
Una parvenza di riforma comunque c’è stata e ai politici eletti, prima, si sono sostituiti politici non eletti, dopo. Sono arrivati i sindaci metropolitani con il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana. Incarichi che fanno quasi paura a pronunciare ma che non si capisce (tanto per cambiare) a cosa servono. Le Province ora si chiamano città metropolitane che ci costano, di soli debiti, 10,3 miliardi di euro. Solo 773 milioni quelli accumulati dalla Provincia di Roma. Sì, ma le ‘nuove e performanti’ Province a che servono? Sul sito della Provincia di Chieti il ‘Settore 6’, ovvero quello che si occupa di “Pianificazione, progettazione e manutenzione stradale – concessioni – espropri” è ancora vivo e vegeto. E a che serve il Settore 6 se le strade della Provincia di Chieti sono completamente dissestate? “Il vecchio Settore Viabilità – si legge sulla pagina istituzionale – ha subito una profonda riorganizzazione funzionale che trova i suoi presupposti in una direttiva fondamentale: coniugare efficacemente gli interventi manutentivi ordinari con la avveduta programmazione e la ottimale gestione delle grandi opere”. In pratica la Provincia per riparare le buche deve attendere il finanziamento delle grandi opere. Che opere? Non si capisce. Una regione devastata da terremoti e smottamenti per essere messa al sicuro deve attendere il finanziamento di grandi opere. Per farne cosa?
Una ‘grande opera’ sarebbe, intanto, quella di riuscire a rendere percorribili le strade garantendo lo sfalcio dell’erba a margine delle Strade Provinciali. Una cosa che ha fatto imbufalire i sindaci dei Comuni della provincia di Chieti e che per tutta risposta hanno avuto, da parte del presidente, Mario Pupillo, un atto di rassegnazione.
“Come è ben noto – si legge nella missiva di Pupillo ai sindaci – la grave situazione finanziaria di questo Ente e le limitate disponibilità di risorse, in termini sia economici, sia di uomini e di mezzi, impediscono o consentono solo parzialmente di svolgere il servizio di sfalcio delle erbe a margine delle Strade Provinciali“. Dunque, chi pensa allo sfalcio dell’erba? “gran parte di Voi, dimostrando un alto senso di responsabilità, ha messo a disposizione risorse comunali al fine di collaborare con questa Provincia nello svolgimento del servizio di sfalcio delle erbe anche lungo le Strade di nostra pertinenza”.
Quindi l’apoteosi della lettera:“Si ritiene di dover sottolineare, con la presente, l’azione meritoria da Voi svolta nel farVi carico del problema, sottolineando che alcun impedimento viene opposto in tal senso da parte degli organi tecnici e politici della Provincia”.
Signor presidente, ma i 300 dipendenti della Provincia di Chieti che continuano a prendere gli stipendi cosa fanno? Signor Mario Pupillo, se non è in grado di far funzionare l’Ente che rappresenta per garantire servizi che ancora Le competono, perché non si dimette? Signor presidente, gli sforzi economici che i Comuni fanno per ottemperare a un servizio che l’Ente che lei governa dovrebbe svolgere, quanto ci costa? Signor presidente, che ne dice di rispolverare dagli archivi la lettera che il segretario Segretario generale, Angelo Radoccia, inviò l’anno scorso ai dipendenti per invitarli a dare:“un segnale di speranza, di impegno”?