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Il business della carne di pollo: il “sistema Amadori”

Il business della carne di pollo: "Parola di Francesco Amadori"
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Dietro l’azienda patinata dagli spot c’è una organizzazione che ha permesso a un colosso industriale di diventare ciò che ora è. La Amadori, rappresentata dal sorriso del patron, Francesco Amadori, rappresenta un caso unico tra le dinastie del capitalismo nazionale.

In un report L’Espresso spiega che il gruppo con base in Romagna fattura 1,5 miliardi di euro annui ed è organizzato come una grande cooperativa. Si tratta, addirittura, di una cooperativa di cooperative, tutte facenti capo alla holding della famiglia Amadori. E cioè figli ed eredi del patron Francesco, classe 1932, e di suo fratello Arnaldo, scomparso nel 2017. Una struttura che permette un vantaggio immediato: quello di pagare meno tasse.

Gli affari di famiglia sono poco noti. Si sa poco, ad esempio, degli importanti investimenti (terreni agricoli, palazzi e alberghi) realizzati negli anni scorsi in Romania.

“Non è mai stato reso noto neppure un organigramma completo delle società del gruppo” spiega il settimanale. C’è però un documento, analizzato dall’Espresso, che per la prima volta illumina per intero il complicato intreccio denominato “sistema Amadori”.

Il commercialista

Due anni fa, Luigi Borré, commercialista con cattedra all’università Bocconi, è stato incaricato dal tribunale di Milano di formulare una valutazione delle attività della famiglia cesenate, in vista della riorganizzazione che avrebbe poi portato alla nascita di una nuova holding, la Amadori spa. La perizia spiega nel dettaglio il funzionamento del gruppo e, tra l’altro, elenca le cooperative che gestiscono la cosiddetta filiera del pollo: “si parte dai mangimi per arrivare alle carni confezionate, quelle che troviamo nei negozi e sui banconi dei supermercati”.

L’ultimo anello della catena si chiama Gesco

Si tratta di una società registrata come cooperativa agricola che mette in commercio l’intera gamma dei prodotti con i marchi della galassia Amadori. “Ebbene, nell’ultimo bilancio approvato, quello del 2018, ricavi e costi di produzione praticamente si equivalgono: 1,6 miliardi. In altre parole la società non guadagna nulla dalla sua attività caratteristica. Gli utili, circa 1,2 milioni nel 2018, arrivano dalla gestione finanziaria.” Gesco gestisce quasi 300 milioni di euro. Tutto in famiglia. Altre due cooperative, All.coop e Avi. coop, tirano le fila di decine di altre coop, a cui fanno capo allevamenti o incubatoi sparsi in tutta Italia, dal quartier generale di Cesena fino al Veneto e nel Bresciano e anche al Sud, in Abruzzo e in Puglia.

Anche qui i conti di All.coop e Avi.coop ricalcano lo stesso schema della capofila Gesco. E i bilanci aziendali segnalano imposte per poche migliaia di euro.  

“Viene soddisfatto il principio della mutualità prevalente”, si legge nelle carte delle coop. Ad esempio la Gesco, che mette in commercio la carne prodotta dai soci, cioè All.coop, Avi.coop e altri ancora, rappresenta un caso. Tutto però si svolge all’interno del sistema Amadori. Questo intreccio trova conferma nel bilancio consolidato della holding di famiglia Francesco srl che esercita, si legge nelle carte, una funzione di “coordinamento e controllo” sulle singole cooperative. Una pattuglia di manager, sempre gli stessi, si spartisce le poltrone di vertice nei consigli di amministrazione. Al comando ci sono Denis e Flavio Amadori, i due figli maggiori dell’ottuagenario patron.

Si tratta di capire, però, da dove arrivino i guadagni destinati agli azionisti se i profitti sono irrisori.

Nel documento di Borré si legge che “la già citata capofila Amadori spa controlla per intero il capitale di altre due holding, la Agricola Amadori e la Alimentare Amadori. Queste ultime, a loro volta, possiedono partecipazioni in diverse società del gruppo. Arrivano da qui i proventi che riempiono le casse delle società di famiglia.”

Nel 2018 le due holding hanno realizzato utili per un totale di oltre 20 milioni grazie soprattutto ai dividendi distribuiti da una sola società, la Agricola Ripro-Avicola, che nel 2018 ha chiuso il bilancio con profitti per 11,8 milioni. E le tasse da pagar ammontano, sorprendentemente, a soli 135 mila euro, meno del 10 per cento degli utili.  

Come si spiegano questi numeri?

L’Espresso lo ha chiesto ai diretti interessati, senza ricevere risposta. Sta di fatto che in cima alla catena di controllo, il bilancio consolidato della Francesco Srl scoppia di salute, con utili per quasi 30 milioni. Questa è la holding delle attività legate al business del pollo. La famiglia però ha investito anche altrove.

La pista rumena

“L’Espresso ha seguito una pista che porta fino in Romania, nella città di Timisoara, dove hanno sede società riconducibili agli Amadori attive in settori come la gestione di alberghi, l’agricoltura e l’immobiliare. L’elenco comprende nomi come Incontro Turismo, Dado Constructii, Agri Monte Mario, Agri Supporti. Nel 2018 le ultime due sono passate sotto il controllo di un fondo d‘investimento con base in Lussemburgo, il Ro agriculture investment Sicav, di cui non sono noti gli azionisti. Non è detto, quindi, che gli Amadori siano usciti di scena. Potrebbero semplicemente aver trasferito le loro azioni a un nuovo veicolo finanziario.”

Con la vendita della partecipazione nel gruppo Fortore, che gestisce campi eolici, si è invece conclusa nel giro di pochi anni l’incursione della famiglia cesenate nelle energie rinnovabili. L’investimento non aveva dato i frutti sperati, spiega una fonte che ha seguito da vicino l’operazione, e così gli Amadori hanno preferito lasciar perdere.  

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