Tasse, tasse e ancora tasse. Il covid non frena la tassa sui conti correnti. E ormai ci siamo: tra poche ore il bollo sui conti correnti sarà prelevato.
Una tassa che costa, come ogni anno, alle persone fisiche 34,20 euro per dodici mesi e 100 euro per quelle giuridiche. Un balzello che ha il sapore di una patrimoniale e che in tempi di coronavirus figura tra le scadenze fiscali che non hanno beneficiato di una proroga. Per lo Stato la tassa vale milioni di euro di introito. In Italia i correntisti coinvolti dall’esborso sono circa cinquanta milioni.
Il prelievo diretto dal conto
L’imposta di bollo viene prelevata direttamente dal conto corrente. La tassa è dovuta perché si è aperto un conto corrente. Un importo che non varia sulla base né dei soldi depositati né del numero di operazioni effettuate. Se il limite di giacenza media risulta inferiore a cinquemila euro non è richiesto il versamento. “Si applica sugli estratti conto, inviati dalle banche ai clienti ai sensi dell’articolo 119 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nonché estratti di conto corrente postale e rendiconti dei libretti di risparmio anche postali: per ogni esemplare con periodicità annuale.”
Un’altra deroga al pagamento dell’imposta di bollo sul conto corrente è data dalle capacità reddituali del risparmiatore. Ovvero, coloro che hanno un Isee inferiore a 7.500 euro sfuggono al balzello. A patto, chiaramente, che siano in possesso della certificazione rilasciata dall’Inps sul valore Isee. Al riparo infine le carte prepagate, pure se dotate di Iban bancario, oltre ai conti correnti Paypal che non rientrano nella categoria dei conti correnti bancari.
La clava del Fisco al tempo del covid
Dunque, il Fisco preleva tutto e non si ferma. La tassazione, infatti, oltre a interessare i patrimoni dei contribuenti è andata a toccare anche i loro redditi, con una pressione fiscale su conti e investimenti in aumento. Intanto la ritenuta fiscale sugli interessi maturati sul conto corrente ammonta al 26%, e la stessa aliquota vale per la maggior parte dei guadagni incamerati con i prodotti finanziari, fatta esclusione per i titoli di Stato, gli investimenti equiparati e i buoni fruttiferi postali, questi tre tassati al 12,5%.