Pare che il governo sia molto accondiscendente con i concessionari autostradali. Il caso più clamoroso è quello della A22, l’Autobrennero, 315 chilometri che da Modena collegano il Centro e il Nordest d’Italia con l’Austria e la Germania.
I signori dell’A22. La concessione della A22 è scaduta da quasi dieci anni (30 aprile 2014), ma il ministero dei Trasporti ora guidato da Matteo Salvini non pensa nemmeno lontanamente a indire una gara europea.
Anzi, con una leggina del 24 febbraio la maggioranza di centrodestra sta consentendo ai concessionari di tenersi ancora ben stretto il tesoro accumulato in questo decennio di prorogatio autostradale, 480 milioni di euro, utili ottenuti con i pedaggi. Soldi che il concessionario avrebbe dovuto versare allo Stato e che ha messo in banca. Il governo ora gli permette di tenerseli ancora. In teoria fino al 15 novembre 2023, ma, viste le premesse, c’è da aspettarsi che la consegna avvenga nel giorno del mai.
La storia della A22
Da un trentennio, cioè dal momento in cui la gestione delle principali autostrade è passata dalle mani dello Stato a quelle di altri soggetti privati e pubblici, il rapporto si è letteralmente capovolto: lo Stato proprietario dell’infrastruttura autostradale non è più il padrone. Lo sono i concessionari mentre la politica ha abdicato al suo compito acciambellandosi ai loro piedi, si chiamino Benetton, finché i Benetton sono stati i titolari della più grande concessione autostradale italiana, o Gavio per le autostrade del Nordovest o siano padroni in larga parte pubblici, come nel caso della A22, enti locali forti soprattutto del consenso raccolto alle elezioni sul territorio. Con qualche eccezione: il gruppo Toto, per esempio, gestore delle autostrade tra Roma e l’Abruzzo, trattato negli ultimi anni dai ministri dei Trasporti come un parente povero, si sta prendendo la rivincita nei tribunali.
I padroni della spa Autostrada del Brennero sono pubblici con una spruzzata di privati che non intendono in alcun modo farsi da parte. Il più influente dei padroni è la Regione autonoma del Trentino-Alto Adige che detiene il 32,2 per cento del capitale sociale. Accanto c’è una corona di enti locali, 15 in totale, comprese alcune Camere di commercio. Regione più enti locali detengono poco meno dell’85 per cento, mentre i privati (Infrastrutture Cis, A4 Holding più altri) hanno il resto.
La piccola quota
Forti della loro piccola quota, i privati impediscono di fatto l’operazione che la maggioranza degli azionisti pubblici avrebbe voluto: far diventare la società dell’Autobrennero in house, in pratica interamente pubblica, senza apporto di privati. Ciò avrebbe permesso ai padroni della A22 di tenersi ben stretta la concessione anche nei prossimi anni evitando la gara europea. Per togliere l’incomodo, rinunciando ai profitti attuali e futuri, i privati avrebbero voluto essere indennizzati ai valori di mercato, ma la corte dei Conti di Trento ha detto che si configurerebbe un danno erariale. I privati hanno risposto che stanno bene dove sono.
Per gli azionisti pubblici della A22 è un bel guaio.
Soprattutto alla luce di che cosa è successo sul lato opposto delle Alpi a una società concessionaria privata, la Ativa (Società Autostrada Torino-Ivrea-Valle d’Aosta), che gestisce la A5 Torino-Ivrea-Quincinetto, la A4 Ivrea-Santhià, la tangenziale di Torino, la diramazione Torino-Pinerolo. In vista della scadenza della concessione, avvenuta il 31 agosto 2016, Ativa, nell’autunno 2015, aveva presentato al ministero dei Trasporti un project financing con l’obiettivo non dichiarato, ma reale, di poterlo gestire negli anni successivi conservando così la concessione. Dopo un profluvio di carte e sentenze e dopo che sul caso si è pronunciata il 26 novembre 2020 anche la Corte di Giustizia Europea, è stato stabilito che una società privata non può ottenere surrettiziamente con lo strumento del project financing l’allungamento di fatto della concessione pubblica.
La decisione si interseca con le vicende della A22 in quanto anche in questa società ci sono i privati. Come Ativa anche la A22 ha presentato a maggio di un anno fa un project financing: 7,2 miliardi di euro di investimenti per lavori straordinari come le terze corsie da Verona a Modena e da Bolzano a Verona. Dopo la vicenda dell’Ativa e la sentenza della Corte Europea questa operazione sembrava però una chimera.
Alla fine del 2022, il direttore generale per le autostrade del ministero, Felice Morisco, ha invece stabilito con un decreto che il project financing dell’A22 si può fare.
E il 24 febbraio la maggioranza ha approvato la legge sui 480 milioni accumulati dopo la scadenza della concessione. E ha eliminato l’automatismo che prevedeva l’avvio di una gara europea vera in caso di mancato versamento dell’importo. Tutto ciò è un insulto al buon senso, una presa in giro delle regole della concorrenza.