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I magistrati pagheranno per i propri errori. La responsabilità civile è legge

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La legge comincia a essere uguale proprio per tutti e il governo Renzi è riuscito, finalmente, dove altri hanno fallito per vent’anni. 

Nell’anno del Signore 2015 D.C. la politica ha fornito ai cittadini un mezzo per difendersi da quei magistrati che, nell’esercizio delle loro funzioni, sbagliano. Dunque, chi subisce un danno dalla giustizia oggi può chiedere danni allo Stato, che, a sua volta, sarà obbligato a rivalersi sul magistrato. Ad essere riformata è la legge Vassalli del 1988. 

Positivo il giudizio del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che definisce la riforma un punto di avvicinamento con l’Europa e, soprattutto, con i cittadini. Le domande di risarcimento non subiranno nessuna scrematura e nessun controllo preliminare che, fino a ieri invece, erano di competenza del tribunale distrettuale. È stata innalzata la soglia economica di rivalsa del danno, che arriverà fino alla metà stipendio del magistrato. La Colpa grave scatterà sia per l’affermazione di un fatto inesistente o, al contrario, per la negazione di uno esistente, sia per “manifesta violazione della legge e del diritto comunitario e travisamento del fatto o delle prove”. Modificata anche la clausola di salvaguardia. Il magistrato sarà chiamato a rispondere dell’attività di interpretazione della legge e valutazione di fatto e prove per casi di dolo, colpa grave e violazione manifesta della legge e del diritto della Ue. 

La norma non è stata gradita dai diretti interessati che minacciano scioperi e parlano di “rischio di azioni strumentali” paventando addirittura “una strada pericolosa verso una giustizia di classe“.

L’Anm forse non sa che “il travisamento dei fatti e delle prove come di un’estensione impropria è un’indicazione europea, e non produce un automatismo sul magistrato, che può essere chiamato in causa solo in caso di negligenza inescusabile“. E forse i magistrati italiani, che paventano ancora una volta il pericolo per la loro indipendenza, non sanno che il sistema giudiziario italiano non assomiglia a nessun altro sistema giudiziario dei paesi europei o extraeuropei.

Nei paesi in cui la democrazia funzione perfettamente, vedi Francia e Inghilterra, pubblici ministeri e giudici non condividono né uffici né corridoi essendo su stabili diversi. Ai giudici viene garantita indipendenza e autonomia mentre i pm sono una emanazione diretta del governo. Un magistrato inglese, ad esempio, per arrivare a ricoprire il proprio ruolo deve essere necessariamente avvocato prima e farsi un po’ di gavetta. E non ci sembra che in tali paesi la giustizia sia messa sotto scacco. Forse ci sarebbero molti meno titoloni su alcuni giornali su inchieste risibili, ma questo è un altro paio di maniche.

ZdO

 

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