In questi giorni l’attenzione è tornata ancora più forte per via del referendum sulle trivelle e, soprattutto, dopo le pubblicazioni a orologeria delle intercettazioni tra ministri e presunti lobbisti. Ma le cose, in realtà, come stanno e i lobbisti chi sono?
di Antonio Del Furbo
Io intanto partirei dalla definizione di lobby ovvero:
“Un gruppo di pressione organizzato di persone che cerca di influenzare dall’esterno le istituzioni per favorire particolari interessi, la cui influenza può far leva su elementi immateriali, come il prestigio di cui il gruppo gode, o su elementi materiali, come il denaro di cui dispone”. (Wiki)
In sostanza il gruppo di interesse fa in modo d’influenzare i poteri pubblici, legislativo o esecutivo che sia, al fine di favorire l’interesse particolare presso le istituzioni legislative, politiche ed amministrative.
Detta così sembrerebbe che dietro questo concetto si nascondano chissà quali loschi interessi. In realtà non è così.
A Bruxelles, infatti, è stata stimata la presenza di quindicimila lobbisti. Tra questi, lobbisti di grandi aziende ma anche di associazioni di categoria e, udite udite, di gruppi ambientalisti, sociali e sindacali. Poi, ancora, varie ONG e gruppi con sede in Italia: Altroconsumo, Legambiente ONLUS, Slow Food. Un dato è certo: quando si parla di lobby non ci si riferisce solo a multinazionali spesso considerate brutte e cattive.
Ovviamente i Commissari e i dipendenti della Commissione, Parlamentari e dipendenti del Parlamento europeo, devono rispettare codici di condotta, disciplinata in una precisa regolamentazione, per avere relazioni con i gruppi di interessi. A questo si aggiunge un secondo codice di condotta sottoscritto dai rappresentanti degli interessi particolari che su base volontaria si iscrivono al Registro della Trasparenza, reso pubblico esercitano le loro pressioni sul Congresso di Washington, ma anche sui vertici dell’esecutivo, guidato dal Presidente degli Stati Uniti.
In Italia, invece, una regolamentazione sulle lobby non c’è anche se, inizialmente, il governo Prodi e, successivamente, il governo Letta hanno provato a dare una scossa al sistema. In questi giorni la presidenza del Senato ha approvato le linee guida al fine di redigere un regolamento interno della rappresentanza delle lobby. In sostanza si vuole disciplinare i rapporti tra senatori e portatori di istanze della realtà economica, sociale e culturale alla luce dei principi del pluralismo e della trasparenza.
Perché tanta paura nell’approvare una legge di regolamentazione del settore? Vuoi vedere che le lobby che dicono di rappresentare gli interessi di tutti (vedi Legambiente, Wwf, ecc.) in realtà sono i primi a non volere una libera ‘competizione’ di idee?
L’Enciclopedia Treccani fornisce una definizione molto interessante di lobby:
“I gruppi di pressione possono concorrere al bene della democrazia nella misura in cui – agendo dall’interno delle istituzioni e non dal loro esterno, in quanto riconosciuti e regolamentati – la loro molteplicità e interazione diano luogo a una ‘competizione’ che realizzi un equilibrio tra spinte e pressioni contrastanti, volto al conseguimento dell’interesse generale (visione pluralista)”.
È questo, ad esempio, il modello anglosassone e statunitense di lobbying. Poi ci sono gli altri, ovvero quel modello un po’ oscuro dei Paesi latini:
“Possono, al contrario, rappresentare un ostacolo o un pericolo per l’interesse generale, quando il processo democratico sia dominato da un numero esiguo di gruppi di pressione ‘speciali’ – ossia raramente regolamentati e articolati – che difendono interessi parziali, o quando, più in generale, lo Stato si ponga come unico detentore dell’interesse comune, che difende contro interessi particolari giudicati perturbatori, anche se tollerati (visione democratica classica).”
Mi pare, ma forse mi sbaglio, che in Italia esistano lobby ambientaliste sempre e comunque contro tutto. E cosa dire dei due o tre poteri economici che hanno in mano tutta l’editoria e l’informazione? E di certi giudici che cacciano carte alla vigilia di ‘eventi’? Io mi aspetterei, da cittadino, che qualche lobby intervenisse sulla questione trivelle e spiegasse perché votare no al referendum. Ma di questi nemmeno l’ombra. Perché? Si ha paura? Di chi?
“Il vero lobbista, con tutti i crismi, è un professionista delle relazioni istituzionali” afferma Giuseppe Mazzei presidente de ‘Il Chiostro per la trasparenza delle lobby’. E aggiunge:“il lobbista propone ai politici o alle Autorità modifiche normative, a vantaggio di chi l’ha ingaggiato, ma lo fa in maniera trasparente”.