Altre nubi si addensano all’orizzonte per il premier Giuseppe Conte. Oltre al fascicolo aperto dalla Procura di Roma e inviato al Tribunale dei ministri, c’è anche la vicenda della sua ex moglie, che a capo di altre 11 colleghe dell’avvocatura dello Stato, ha vinto il ricorso contro Palazzo Chigi e il Tesoro ottenendo un bel risarcimento danni. I guai di Conte non finiscono al momento.
Ma non solo. Ora ci sono altre donne che mettono nei guai il premier. La richiesta è quella di tirare fuori entro 30 giorni tutti gli atti secretati dalla presidenza del Consiglio dei ministri sulla emergenza Covid. Le tre donne in questione sono Mariangela Caminiti, Ines Simona Immacolata Pisano e Lucia Gizzi. Si tratta di tre giudici amministrativi del Tar del Lazio (sezione prima quater) che hanno emesso la sentenza che impone alla presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della protezione civile – di rendere pubblici i verbali del Comitato tecnico scientifico (Cts) in base a cui sono state prese tutte le decisioni più importanti per affrontare l’emergenza.
Proprio in base a questi verbali Conte ha adottato tutti i famosi dpcm con cui ha compresso le libertà fondamentali per garantire la tutela della salute degli italiani. Il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, durante le sue famose conferenze stampa aveva spiegato che non gli era possibile rendere pubblici i verbali delle riunioni del Cts in quanto considerati dati sensibili. Addirittura, questi verbali erano secretati anche per alcuni membri del governo, come il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, che a maggio era sbottato: “Li tengono nascosti anche a me”.
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Rocco Mauro Todero, Vincenzo Palumbo e Andrea Pruiti Ciarello, sono tre avvocati che si sono visti respingere l’accesso agli atti dal Dipartimento della protezione civile. A quel punto i professionisti hanno presentato ricorso al Tar e lo hanno vinto. Il Tar ha dato loro ragione e ha ordinato piena trasparenza sui verbali del Cts. Le valutazioni degli esperti, su cui Conte ha basato le sue decisioni, non sono dati sensibili.
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Quei verbali non potevano essere secretati. Scrivono i giudici amministrativi nella sentenza: “L’Amministrazione ha opposto all’ostensione dei richiamati verbali solo motivi ‘formali’ attinenti alla qualificazione degli stessi come ‘atti amministrativi generali’, ma non ha opposto ragioni sostanziali attinenti ad esigenze oggettive di segretezza o comunque di riservatezza degli stessi al fine di tutelare differenti e prevalenti interessi pubblici o privati tali da poter ritenere recessivo l’interesse alla trasparenza rispetto a quello della riservatezza”. E ancora. Secondo il Tar, non aveva nemmeno senso la spiegazione di Borrelli per cui sarebbe stato opportuno rendere pubblici i verbali una volta terminata l’emergenza. Una motivazione che considerata “illogica” e “contraddittoria”. Infine, il collegio giudicante spiega che “deve essere consentito l’accesso ad atti, come i verbali in esame, che indicando i presupposti fattuali per l’adozione dei descritti DDPCM, si connotano per un particolare impatto sociale, sui territori e sulla collettività”.
Insomma, ai cittadini è stato negato il sacrosanto diritto di conoscere tutte le motivazioni per cui venivano compresse le loro libertà.