Il governo, e in particolare il ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina, da settimane comunica che la scuola non è focolaio di contagi. Peccato che proprio lei ammette il contrario.
“I numeri e le analisi dell’IstitutoSuperiore di Sanità ci confermano che i contagi non avvengono dentro le scuole. L’attenzione deve essere invece orientata fuori, alle attività extrascolastiche, come ribadiamo da tempo”.
Così parlava il 13 ottobre scorso, il ministro Azzolina. E ancora: “I ragazzi sono felici di essere tornati a scuola. E ci devono rimanere. Anche per quelli più grandi la didattica in presenza è fondamentale perché garantisce formazione ma anche socialità, che altrimenti i giovani andrebbero a cercare altrove”. A fare l’eco del ministro, manco a dirlo, una settimana prima fu Il Fatto che scriveva: “la ministra Azzolina ha ragione: i contagi a scuola sono minimi. Il catastrofismo non aiuta nessuno“.
Peccato però che i numeri “non sono d’accordo” con la Azzolina.
Il dato della Regione Lazio, ad esempio, dice che il virus in classe è uno tsunami. Ad oggi a casa in isolamento ci sono 12.749 studenti e il record italiano è nella Regione Lazio. Gli infetti finora sono 848. Dunque nelle scuole del Lazio si può parlare di vero e proprio boom di contagi. Gli ultimi dati regionali stimano 848 casi positivi tra gli studenti, 149 tra i docenti (circa 60mila), poi 47 positivi tra collaboratori (circa 30mila) e presidi.
Ai primi di ottobre erano già 872 le scuole che in Italia avevano avuto almeno un caso di Covid. Oltre mille le persone coinvolte tra il personale scolastico e gli studenti. Nel 76,4% dei casi si è trattato di studenti risultati positivi, nell’11,3% di docenti. La gran parte delle scuole non è stata chiusa, sono state isolate le classi dove sono stati trovati i positivi. E laAzzolina, insieme al governo, ha continuato a dire che era tutto sotto controllo e che nelle scuole non avvenivano i contagi. Nel tempo in cui, il 1° ottobre, tutte le Regioni registravano almeno un caso. La Lombardia comandava la classifica con 214 scuole colpite.
Se fino al 14 settembre erano solo 18 i casi di positività negli edifici scolastici, tra il 14 e il 24 settembre sono diventati 438, dal 24 settembre se ne sono aggiunti 416.
Un quadro apparso fin dall’inizio preoccupante.
Un quadro molto serio quello che presenta la scuola ad appena un mese dalle riaperture. Finora la chiusura delle scuole è stata disposta solo in Campania, mentre in Umbria la didattica a distanza giornaliera è prevista per il 50% degli studenti delle scuole superiori fino al 14 novembre.
Molti comuni particolarmente colpiti dai contagi hanno chiuso le scuole. È il caso, tra gli altri, di Colonnella e Crognaleto in Abruzzo, Guarcino nel Lazio, Toro in Molise, Biccari e Gravina in Puglia, Rivello e Sant’Arcangelo in Basilicata, Chiaravalle Centrale in Calabria, Randazzo e Sambuca in Sicilia e Villamar in Sardegna.
Tra i casi più clamorosi in quarantena, i circa cinquecento studenti al liceo scientifico “Volta” di Milano, i 760 alunni in un liceo di Bolzano, le oltre 150 classi in provincia di Latina, i 59 docenti all’Istituto “Giordano” di Venafro (Isernia).
“La percentuale dei contagi registrati tra studenti, docenti e personale ausiliario potrebbe essere arrivata su scala nazionale, con una stima prudente, a circa il 15,1 per cento del totale” riferisce l’Unione nazionale sindacale imprenditori e coltivatori (Unsic). L’organizzazione ha rielaborato i dati ministeriali, rapportandoli al totale dei contagi nel periodo dal 14 settembre al 10 ottobre e scremandoli delle aperture delle scuole avvenute tra il 24 e il 28 settembre in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania e Puglia.
“Stime attendibili, elaborate su dati regionali, portano ad oltre 10mila gli studenti contagiati dal virus, con almeno 160mila studenti finiti finora in quarantena a livello nazionale. A ciò si devono sommare le numerose assenze “cautelative” di intere classi per casi indiretti, cioè contagi di genitori, fratelli e sorelle di studenti: le attese sempre più estese per i risultati dei tamponi hanno pesanti riflessi sulla didattica”.
Il nuovo Dpcm e le modifiche
Vista la preoccupante ascesa dei contagi, il governo tenta di porre rimedio. Con il nuovo Dpcm di domenica, le scuole secondarie di secondo grado:
- Adottano ulteriori forme di flessibilità, anche incrementando il ricorso alla Didattica Digitale Integrata.
- Modulano ulteriormente (rispetto a quanto già disposto da settembre e grazie al lavoro fatto quest’estate) orari di ingresso e uscita degli alunni, anche attraverso l’eventuale utilizzo di turni pomeridiani; nell’ambito di questa ulteriore modulazione, dispongono che l’ingresso a scuola non avvenga prima delle ore 9.00.
Si ribadisce, quindi, che le “situazioni critiche e di particolare rischio”, rappresentate da autorità sanitarie ed enti locali, sono le sole che giustificano una eventuale revisione di quanto già stabilito, anche con riferimento all’ingresso posticipato alle ore 9.00, che deve essere disposto unicamente qualora ricorrano le condizioni sopra descritte.
Giusto perché non c’era il pericolo della diffusione del virus.